Dopo il caso della studentessa islamica che ha chiesto una sala di preghiera presso l’Università di Torino, un altro caso simile alla Bicocca di Milano. Stavolta è stata Melek Nur Soylu, studentessa di Psicologia presso l’ateneo Milano-Bicocca, che ha cercato uno spazio per pregare. Già a settembre, arrivata a Milano, aveva chiesto alla responsabile del suo corso magistrale se ci fosse una sala dedicata. In questo caso una docente, Chiara Volpato, le ha concesso il proprio ufficio. La professoressa le ha dato la chiave in modo che la ragazza potesse pregare senza essere disturbata finché non si troverà una soluzione alternativa. Quando la notizia si è diffusa in Turchia, la docente ha ricevuto numerose email di apprezzamento da parte di musulmani. Anche alla Bicocca si sta pensando di predisporre una sala neutra per permettere a studenti di religioni diverse di pregare. Previsto anche il trasferimento all’esterno del centro pastorale, perché gli spazi nell’università sono ormai insufficienti. Il rettore, Marcello Fontanesi, si è interessato al caso e ha chiesto al Comune per trovare eventualmente uno luogo esterno nei dintorni dell’università, da trasformare in sala di preghiera.
Valentino Salvatore
as usual, o tutti o nessuno (e vai a farlo capire ai cattolici, che hanno contribuito pesantemente a questo…).
mi auguro solo che, vista la sua futura professione, riesca a tenersi nel privato la sua religione e opinioni (come dovrebbe fare chiunque)
“vista la sua futura professione, riesca a tenersi nel privato la sua religione e opinioni ” ci auguriamo ma penso che sara dura, due tre anni fa in GB molti studenti islamici alla medicina non accettavano di fare assistenza ai malati con cirrosi epatica causata dal abuso del alcool o/e ai alcolizzati 🙁
lo penso anche io, purtroppo.
adesso c’è anche questo tipo di obiezione di coscienza: lasciamo crepare il peccatore, mi stupisco sempre di più.
“vista la sua futura professione” capperi, è quindi già certa anche la sua professione di psicologa !
beh se si laureerà in psicologia, non credo voglia andare a coltivare rape o a occuparsi che so, di fisica quantistica.
poi magari andrà a fare la neuropsicologa e tanto meglio.
però se andrà a fare la terapeuta… credo avrà parecchio su cui lavorare.
Ah, ecco vedi, metterci un “se” può attenuare una presumibile sudditanza psicologica o di classe, a mio modo di vedere eccessiva e comunque, soprattutto in casi come questo, non dovuta (a mio modo di vedere naturalmente) 🙂
@ Kaworu
Guarda che esistono molti laureati… diciamo citrulli.
lo so bene , spapicchio…
probabile che io sia un’idealista ingenua a pensare che chi sceglie certe professioni dovrebbe prima farsi una PESANTE autocritica.
ma parlo in generale, non solo per questa ragazza.
La situazione è questa: nelle università cominciano ad esserci molti musulmani, e per loro la preghiera è un importantissimo obbligo religioso.
Se non hanno stanze, molti pregano sul corridoio.
Posto che non è ammissibile costituzionalmente impedire coercitivamente ad una persona di pregare per una manciata di minuti, si pone il problema della razionalizzazione degli spazi.
Per me una sala comune e neutra (la quale a me pare essere stata chiesta anche a Torino, contrariamente a quanto dice Salvini nell’altro post) è la soluzione più laica e pragmatica.
In tutto questo, però, la professoressa secondo me ha sbagliato, magari non ci ha riflettuto troppo, ma è venuta meno al suo ruolo istituzionale concedendo un favore ad una sola persona, di una sola religione, dando addirittura la chiave di una stanza che non è sua, ma che le spetta in quanto insegnante: in Italia c’è questo pessimo vizio di non distinguere ciò che è privato da ciò che puoi usare per lavoro.
Nè vale dire che potrebbe essere stato un gesto per arrivare alla sala comune: avrebbe potuto rivolgersi come docente al rettore in appoggio alla richiesta e magari coinvolgendo altri docenti, ma non mescolare pubblico e privato in quel modo.
Ma perché pregare deve essere un diritto da esercitare in luoghi che con la religione non hanno niente a che fare? A Milano c’è Psicologia alla Cattolica, per chi gli scappa proprio di pregare. Come ho scoperto pochi giorni fa, la presenza di luoghi di riflessione-preghiera e simili di stampo cattolico in università italiane STATALI è relativamente recente, dato che l’Ufficio per la pastorale universitaria è nato nel 1990, e nelle varie sede si è installato negli anni a seguire. Basta togliere questi servizi, che tra l’altro in tempi di tagli e di parrocchie vuote non hanno alcun fondamento di semplice buon senso per esserci.
@Batrakos
Credi che queste sale rimarrebbero neutre?
No,sarebero monopolizzate dai gruppi più grandi,in questo caso islamici e cattolici,con le confessioni di minoranza che se per caso entrano lì dentro si ritroverebbero davanti una decina di studenti islamici o cattolici,che con le loro preghiere, e i loro riti,renderebbero l’atmosfera simile a quella di una chiesa/moschea.
E poi secondo te io da non credente mi vado a cercare la riflessione in mezzo a quelli che pregano? sisi…certo …infatti lo sappiamo benissimo come ragionano i credenti: sei ateo/agnostico?vieni qua che ti convinco io che sei in errore… e stagli ogni volta a ribadirgli i motivi della tua scelta di non praticare alcuna religione.
Naaa…ci sono già le chiese,le moschee,le sinagoghe e i templi indù per pregare.All’università si studia,in ospedale ci stanno ci si cura,ecc ecc e cosi via.
Giovanni.
Sta a noi fare in modo che non le monopolizzino; se si campa con questa paura non si fa nulla, nè penso che siamo così deboli da farci fare prediche (ci fosse lo spazio, ho già detto in altri vecchi threads come credo dovrebbe essere gestito e ora non ho voglia di ripetermi o stancare chi già ha letto).
Guarda che esiste gente che fa meditazione, posizioni di yoga e relax e ha diritto a farlo non solo nei luoghi deputati (allora io dovrei parlare di sport solo al campo sportivo o di politica solo nella sede del circolo e/o del collettivo…ma è umano vivere così? domanda retorica), e l’alternativa è non che tutta questa gente smetta di farlo (non si può proibirglielo, e l’argomento ‘quel posto è fatto per quello’ l’ho ribattuto talmente tante volte che credo si possa leggere ovunque) ma che lo faccia in corridoio, disturbando chi non ha voglia di queste manfrine ed essendo loro a sua volta disturbati.
Batrakos, nessuno impedisce a nessuno di pregare. Concedere una sala di preghiera in un’istituzione pubblica è un’altra cosa.
Sandra.
Un religioso musulmano (in questo caso) ha l’obbligo di pregare, la democrazia riconosce il diritto di religione, ergo non si può impedire qualcosa riconosciuto come diritto costituzionale.
Dunque, per come dici, non si potrebbe nemmeno pregare negli aereoporti o negli ospedali, che non sono luoghi di culto; nessun problema, ognuno la pensa come vuole, il problema è secondo me con lo stato di diritto che collima con questa concezione estrema e chirurgica del vivere umano, perchè, ragionando così e visto che un principio deve essere universale, io posso parlare di calcio solo allo stadio o di filosofia in biblioteca o di musica in sala prove.
Soqquadro.
Meglio una sala per tutti, anche atei che fanno meditazione o cercano il silenzio, che trovare gente che prega in mezzo ai corridoi. A me pare meglio e più laico -nel senso che lui non disturba me che voglio parlare di calcio per il corridoio, io non disturbo chi cerca silenzio e quiete- in questo modo.
Se il religiose ritiene di dover pregare lo faccia. Per quale ragione la scuola dovrebbe mettere a disposizione un apposito locale per farlo? Vada in chiesa/mosche/pizzeria/sinagoga a farlo. Se imponiamo alle scuole l’obbligo di fornire sale di preghiera, ancorché neutre e adatte a più confessioni, lo sarebbero tutti gli uffici statali, tutte le stazioni, gli aereoporti, le pensiline del tram, ecc. mi sembra uno scenario ridicolo. E perchè poi la religione dovrebbe avere questo diritto? Anche costituirsi in partiti o movimenti politici o sindacali è un diritto. Dovrebbe forse fornirmi l’università una saletta apposita per i partiti politici, una per i movimenti sindacali, una per le associazioni culturali, una per i circoli sportivi, una per le ONLUS, una per cambiarsi d’abito tre volte al dì come mio sacrosanto diritto, una per dormire perché anche il riposo è un diritto, ecc.? Forse no. Cosa avrebbe la religione di diverso?
Inoltre il diritto alla religione non può implicare l’obbligo per lo stato di soddisfare le bizzarre richieste dei vari culti.
Secondo me se vuoi studiare vai a scuola, se vuoi pregare vai al tempio o come lo vuoi chiamare, se vuoi nuotare vai in piscina ecc.
Qua, ripeto, c’è un problema pratico: i religiosi pregherebbero per il corridoio, dunque meglio una stanza comune, anche per non religiosi, già esistente e che almeno insegnerebbe loro a gestirsi gli spazi: dunque una ed un’unica sala per tutti.
Ripeto, vale lo stesso principio per le sedi della goliardia o dei collettivi studenteschi, mentre in realtà essi ne hanno diritto.
Per il resto: negli aereporti esistono, negli ospedali esistono cappelle cattoliche (basterebbe convertirle in luoghi comuni, e la stessa cosa nelle università; negli uffici, dove si presenta la necessità (ci sono pochi impiegati musulmani, per i cattolici l’unico obbligo serio è la messa domenicale), credo che un angolino si ricavi, contando che gli impiegati sono meno.
Per luoghi come tram, treni ecc… la cosa non vale essendo luoghi frequentati in brevi orari e soprattutto, essendo occasionali, la preghiera può essere, a rigore di islam, recuperata, in luoghi che ti assorbono ore di vita tutti i giorni la cosa cambia, parlo di musulmani dal momento che obblighi così stretti li hanno solo loro.
Estremizzando, ripeto, il tuo ragionamento, io a scuola non potrei parlare di calcio o di politica o di cinema, visto che non è il luogo idoneo e a me pare che, difendendo la laicità in questo modo, si finirebbe tutti -anche noi non credenti- a vivere quasi da automi (l’uomo non è un robot a compartimenti stagni)
Oh beh, se io suonassi il violino avrei l’obbligo di esercitarmi due ore al giorno… dai, non crederai sul serio al fatto che gli obblighi religiosi siano davvero un obbligo? Come ha fatto finora questa ragazza? Come fanno i musulmani che lavorano? O non sono musulmani o possono fare a meno di pregare. Inoltre se l’orario di preghiera cade durante lezione, la ragazza si alza ed esce?
Si può pregare ovunque, come si può pensare ovunque agli affari propri. Ma pretendere un luogo appartato a spese altrui è altra cosa.
Sandra.
Devo essere tenuto a crederlo, anche perchè ce ne sono e non posso sindacare la fede altrui.
In diverse fabbriche ci sono piccole stanze dove pregare; nell’islam la preghiera giornaliera ha un margine di tolleranza, per cui non c’è bisogno che si alzi in mezzo alla lezione.
Se, come detto nell’altro thread, risulterà carente nella didattica, verrà bocciata come tutti.
Sandra.
Poi finisco, ma ad integrazione dell’altro thread: chiaro che tutto questo si può fare se ci sono spazi consoni, ove non vi siano chi vuol pregare si arrangia (io sono pragmatico, semplicemente non mi sembra richiesta da ostacolare a priori per principio, se la stanza non è per soli musulmani).
Ma il discorso del ‘come hanno fatto fino adesso’ non vale, perchè è lo stesso argomento che magari un omofobo può dire per i primi che si esponevano a favore delle coppie gay o per il diritto allo sciopero (‘ e fino adesso non hanno vissuto ugualmente’?).
Chiaro che coppie gay e sciopero sono, per noi e per ogni persona laica e moderna, un valore serio ed importante, ma usare lo stesso principio del nemico davanti a rivendicazioni -e ora parlo in astratto non solo nel singolo caso- che non piacciono, ripeto, introduce una mentalità che può ritorcersi come un boomerang anche contro noi stessi.
Batrakos,
io non ci credo. Ci sono solo due cose che si devono fare per forza, e pregare non è tra queste: è un’attività mentale, e si può svolgere ovunque. La ragazza non ha mai viaggiato per sei sette ore per esempio? Immagino di sì, e se in treno o in aereo non ha trovato una saletta del silenzio adeguata, si sarà adattata a pregare sul posto. Se uno crede in un essere onnipotente che giudica le intenzioni e la vera fede, cosa vuoi che sia un posto? A me sembra che questi ci stiano prendendo in giro, cattolici e musulmani insieme, e intanto zitti zitti, buoni buoni si allargano e prendono spazio.
Mi sembra che il paragone gay non tenga.
Sandra,
ho parzialmente risposto sotto rispondendo a Marilena.
Nell’ortodossia musulmana, se si perdono le preghiere esse si devono recuperare; perderne una ogni tanto è un conto, perderla tutti i giorni un altro, paragone col viaggio.
Non parliamo di cristiani, che su queste cose sono forse i più secolarizzati e credo che, nei limiti del possibile e del ragionevole, visto che le religioni non si possono proibire d’imperio, ma normalizzare e per normalizzarle dobbiamo innanzitutto sapere come funzionano, dobbiano, come la democrazia ci impone, avere un confronto .
Dunque, se e solo se vi sono spazi e possibilità, meglio una stanza rispetto ai corridoi, con tutte le condizioni, i vincoli e i limiti che ho già espresso.
Perciò, visto che il concetto cardineè l’equidistanza giuridica, dunque la situazione della forma più che della sostanza dei valori, mi pare che il paragone tenga.
Sandra,
ho parzialmente risposto sotto rispondendo a Marilena.
Nell’ortodossia musulmana, se si perdono le preghiere esse si devono recuperare; perderne una ogni tanto è un conto, perderla tutti i giorni un altro, paragone col viaggio.
Non parliamo di cristiani, che su queste cose sono forse i più secolarizzati e credo che, nei limiti del possibile e del ragionevole, visto che le religioni non si possono proibire d’imperio, ma normalizzare e per normalizzarle dobbiamo innanzitutto sapere come funzionano, dobbiano, come la democrazia ci impone, avere un confronto .
Dunque, se e solo se vi sono spazi e possibilità, meglio una stanza rispetto ai corridoi, con tutte le condizioni, i vincoli e i limiti che ho già espresso.
Perciò, visto che il concetto cardineè l’equidistanza giuridica, dunque la situazione della forma più che della sostanza dei valori, mi pare che il paragone tenga.
Allora va bene la stanza, ma a spese di affitto, riscaldamento, pulizia a carico della ragazza. Pensi che l’obbligo varrebbe ancora a fronte di un qualche centinaia euro al mese? Io continuo a pensare di no: si vuol far valere un diritto a spese del gruppo quello che è solo un capriccio individuale, o peggio, una prepotenza ideologica. Pregare NON è un diritto. Perché altrimenti potrebbe essere un diritto avere un’aula per suonare uno strumento, o fare ginnastica o una parete per arrampicare… tutte attività che si scelgono per stare bene, esattamente come la religione. Nessuna di queste attività è un diritto, nessuna “si deve” per forza. Sono scelte, e le scelte hanno delle conseguenze, e le conseguenze si assumono, non si scaricano sulle spalle degli altri.
Anch’io dissento da batrakos, secondo me i luoghi deputati alla preghiera sono i luoghi di culto, l’università non è un luogo di culto e quindi non vi si può pretendere uno spazio-preghiera. E perchè poi solo all’università? Dove li mettiamo i costi che ogni struttura pubblica dovrebbe pagare per garantire la sala preghiera?
Giulio: senza ripetermi e nemmeno insistere ingiustamente a dar contro a chi la pensa diversamente da me, credo di aver già affrontato tutti i problemi che stai ponendo nei vari threads (questo, quello di Salvini, e quello sulla richiesta della studentessa di Torino e quello vicino a quest’ulitmo, sulla festa anticlericale in cui il discorso è tornato), per cui mi fermo qua per rispetto di tutti.
Quello che a me preoccupa maggiormente non è tanto che sia da apprezzare o no il gesto della docente Chiara Volpato, ma il fatto che una studentessa in PSICOLOGIA ( !!!) risenta questa « necessità » e che non abbia capito la relativa assurdità -sia pure veniale- delle sue convinzioni metafisiche !
Va notato che qui siamo a livello universitario, non elementare….
concordo al 100%…
tra l’altro appunto, mi domando quanto sarà capace di gestire questa sua religiosità nel rapporto con un paziente.
ma me lo domando anche per un fervente cattolico o per qualsiasi altra persona che non sia in grado di scindere pubblico (o professionale) e privato, ovviamente.
Ecco: questo sì che è un problema, ma che purtroppo non si può risolvere nei termini in cui si pone il contenzioso in questione.
no sicuro, era un’osservazione estemporanea e comune a tutte quelle persone che non sono capaci di mettere da parte i loro dogmi e vogliono comunque fare una certa professione.
imho è meglio che lavorino a lungo su sé stessi e, in caso di fallimento diciamo, vadano a fare altro.
purtroppo di gente così ce n’è già fin troppa, e le maglie son larghe.
batrakos-dice tanto pregherebbero per i corridoi,è un po come i parcheggiatori abusivi,dagli un euro sè no ti squartano le gomme,..per me che ,uno deve,ho non debba pregare,luoghi esclusivi ,nelle universita non posso essere un diritto,dunque fai una una multa per chi ostacola il passaggio,nei corridoi,ma non perche preghi,ma perche? ostacoli il passaggio,..che facciamo sei i bagni sono orientati verso la mecca,cè la facciamo sotto.
il concetto di laicita,deve prevalere,non il semplice buonismo,che crediamo sia un atto ragionevole.
Il problema è che la religione è un diritto riconosciuto dalla Dichiarazione Universale (e, appunto, si debbono trovare le forme migliori per tutti perchè essa non disturbi), l’abusivismo e l’estorsione no.
Molto interessante, come motivazione strumentale per introdursi assieme alle proprie esigenze personali e discriminatorie in spazi altrimenti inaccessibili, utilizzando la religione ed i partiti politici che sostengono le rivendicazioni religiose.
Vuol dire che le religioni possono sempre di più per fare carriera in università statali e non solo, viste le pressioni al livello sociopolitico che sono in grado di sviluppare.
Vedasi per esempio la islamica e la cattolica, spesso con metodi e strumenti sprezzanti dello stato di diritto costituzionale, ormai carta straccia per queste questioni.
Chi vuole scommettere con me che se una richiesta di avere un luogo dove incontrarsi, fosse stata fatta da un socio uaar, questi si sarebbe preso un calcione nel sedere?
in bicocca non credo, sono molto sensibili a qualsiasi associazione e non ho mai sentito di problemi per esempio con il collettivo omosessuale.
un gruppo dichiaramente ateo che io sappia non c’è, ma ogni gruppo ha “pari opportunità”.
Grazie, mi tiri su il morale. Sei un tesoro.
Forse i tempi sarebbero maturi a che gli italiani si svegliassero; dico forse per eufemismo, e senza offesa per nessuno 😉
lo spredd avresti abbattuto stefano
Se pregare sta diventando una necessità fisiologica possono farlo tranquillamente in bagno.
Pur esrendo l’Islam meglio dell’ateismo non bisogna mai ,dimentiicare cheilCrirtianesimo cattolico l’unica depositaria dell’estremo destino dell’uomo e del mondo.
Zitto e stasera a letto e senza cena.
Cristianesimo e islamismo sono “depositari” solo di malattie mentali, e tu ne sei il DEPOSITO più traboccante: una cloaca massima.
Sciò!
non è vero: sono depositari principalmente di ipocriti, truffatori, abusatori della credulità popolare e di pedofili. i malati mentali sono solo l’humus su cui crescono e da cui traggono nutrimento tali erbacce
@Aletroll
Quando qualcuno ti farà assaggiare la tua stessa medicina, e non è né vuole essere una minaccia, mi sa che non lo dirai più. Sai com’è…
Aluccio, sono affermazioni come queste che garantiscono l’insanità mentale di una persona.
questo poveretto si ubriaca di filu ferru dalla mattina alla sera.
è l’unica spiegazione.
ma figurati, lo fa col Tavernello dell’eucarestia !
Nel medio evo, durante le processioni vi eran coloro che per guadagnar lo paradiso, si fustigavano per li peccati espiar.
Sto fanciullo si deve affacciar a lo sito nostro per lo istesso motivo, tanti so gli schiaffoni che se prenne e tanto è l’ardor nel continuar la penitenza.
Ma non si può bannarlo per incapacità ad usare la tastiera? Al di là delle cose che dice è UN INSULTO a qualsiasi grammatica.
Ale fai esorcizzare quella tastiera!
Il cristianesimo non è cattolico: aut cristianesimo aut cristianesimo, due cose estremamente diverse; dire poi che l’Islam sia meglio dell’ateismo è un brutto segnale da parte tua che non sto a commentare, dico solo che Gesù era interessato ai soli atei, gli unici che si possono salvare.
@ Alecattolico
Il cristianesimo non è cattolico: aut cristianesimo aut cattolicesimo, due cose estremamente diverse; dire poi che l’Islam sia meglio dell’ateismo è un brutto segnale da parte tua che non sto a commentare, ti dico solo che Gesù era interessato ai soli atei, gli unici che si possono salvare, quindi tu saresti già “out”.
“Milano-Bicocca, studentessa islamica chiede sala di preghiera e docente concede stanza”
Cambiera’ anche il nome dell’Universita’: da Milano-Bicocca a Milano-Bigotta.
😉
A questo punto utilizziamo moschee e chiese per tenere lezioni d’anatomia!
Anche mensa, con vendita di birra e salamelle.
Moschee e chiese credo che siano enti di diritto privato.
@ Batrakos
scuole e università credo siano luoghi di studio.
😉
Dunque, se è solo luogo di studio, via in collettivi per i diritti gay, le associazioni studentesche e ricreative?
Suvvia, vivere in compartimenti troppo stagni -come volevano le società autoritarie pre anni ’60- non credo che sia fonte di agio e felicità, e se l’uomo non è un minimo a suo agio e felice, nemmeno progredisce nello studio.
via i (non in) collettivi, scusa
L’unica sala neutra che conosco in ambito aducativo è quella libera di elementi religiosi e che viene usata per uno scopo attinente allo studio.
Continuo a pensare che la miglior soluzione è il Gabetomat:
http://www.uaar.it/news/2011/11/09/impazza-il-gebetomat/
Si un po’ come i distributori di caffè così l’università si autofinanzia.
Sono contrario. Chi ne avesse voglia, puo’ leggere quanto ho scritto a proposito del thread sulla stanza del silenzio a Barcellona:
http://www.uaar.it/news/2011/11/28/culto-luoghi-pubblici-esempio-barcellona/#comment-588616
NON BISOGNAVA DARGLIELA. Non sta scritto da nessuna parte che è obbligo o dovere per una istituzione quale una università di creare spazi religiosi a richiesta. Queste richieste spavalde sarebbero addirittura da segnalare.
Quasi quasi darei ragione ai leghisti.
Io no, non gli do ragione, perche` i leghisti si sono dimostrati troppo gradassi e smaccati romani clericali.
L’unica bravura che hanno è quella di saper utilizzare queste situazioni.
se non ci fosse uno spazio nemmeno per i cattolici, ti darei ragione.
ma invece c’è (o meglio, sono quasi sicura che ci siano un prete e una suora che bazzicano non so quale ufficio di che cosa).
o tutti o nessuno.
Il fatto e` che spessissimo questi casi come dire “umani” hanno dietro di loro intere organizzazioni politiche che usano le pratiche religiose per condizionare i funzionari universitari statali e costringerli con implicite, mirate e allusive motivazioni a rendere piu` accessibili e famigliari gli accessi ai servizi e dunque a discriminare gli altri studenti che per una forma di rispetto ed educazione a non prevaricare in senso consociativo e corporativo si astengono dal farlo.
E spesso questo avviene senza nemmeno interpellare il diretto/a interessato/a, con strumentalizzazioni partitocratiche di regime sempre a fini di lprofitto e lucro, che lasciano sbalorditi e indignati od anche scioccati i soggetti meno avvezzi a queste logiche corporative.
Boh, all’università di Bologna non ho mai visto cappelle o roba del genere all’interno degli edifici universitari (in verità non le ho neppure cercate, per cui potrebbero essermi sfuggite, ma almeno negli edifici che conosco meglio non ci sono).
C’è una chiesa per gli universitari, in zona universitaria, ma, appunto, è una chiesa, esterna all’università, che oltre alle normali attività parrocchiali si è “specializzata” nell’assistenza spirituale agli studenti e ai docenti che lo richiedono.
Preti e suore nei dipartimenti non li ho mai visti, escludendo quelli che sono lì in quanto docenti.
Certamente le religioni e le loro pratiche in tutte le universita` statali che si rispettino sono estranee ai luoghi istituzionali dell’universita`.
Per queste pratiche esistono le amplissime chiese e i luoghi di culto, che sono numerosissimi soprattutto nei centri storici od urbani, ed anche superfinanziati dallo stato.
La CEI ed il Vaticano concedano una parte delle loro proprieta` agli islamici, non li mandino dentro le universita` statali, ma piuttosto li accolgano nelle loro straricche e strafinanziate universita` cattoliche (tipo: Cattolica del S.Cuore, eccetera)
Per questo dico che quello della Bicocca e` grave e provocatorio atto strumentale, discriminante ed implicitamente intimidatorio nei confronti degli studenti che per un senso di pudore e di rispetto istituzionale non si danno alle religioni per ottenere un profitto universitario, mantenendosi ad una rispettosa distanza o non entrando negli uffici dei docenti con queste modalita` e per queste ragioni, discriminando tutti gli altri studenti..
nessuna cappella neanche in bicocca, ma che io sappia c’è un centro pastorale in un qualche ufficio a me ignoto.
sono d’accordo con spapicchio, ma purtroppo l’aver concesso di tutto ai cattolici, è stato un boomerang anche per loro (e tendenzialmente non riescono a capirlo).
Sono d’accordo con Kaworu (le istituzioni scolastiche italiane sarebbero casomai piu` evangeliche che cattoliche o islamiche: loro (cattolici ed islamici) lo sanno ma si guardano bene dal riconoscerlo.
Mi vedo già il paziente sdraiato sul lettino dello di questa psicologa che nel bel mezzo della sua terapia gli tocca interromperla perché la sig. “professionista” deve mettersi a pregare….
in tal proposito famosa è la storia di quell’artificiere di fede islamica che impegnato nel tentativo di disinnescare un ordigno,ha interrotto l’operazione perchè …”it’s my prayer hour”.
D’accordo con l’iniziativa. Deve essere garantita ogni espressione. Però, proprio per questo dovrebbe essere garantito uno spazio altrettanto riservato per chi desidera bestemmiare.
No, le pratiche religiose e le loro relative bestemmie sono e restano estranee all’Universita` degli Studi (scientifici, cultaurali eccetera) statali e pubbliche.
Le universita` private gestite dai religiosi esistono gia`.
Le Universita` degli Studi (scientifici, culturali eccetera) statali e pubbliche sono e devono restare indipendenti ed incondizionabili dalle organizzazioni religiose.
+1
Kaworu, la conosci? :DDDDDD
Bicocchiana e psicologa… ammettilo: sei te! 😀
ahahah no, ho visto in giro tipo 4 – 5 ragazze col velo, ma sinceramente non le conosco (anche perchè frequentano altri corsi) 😉
Facciamo anche la sala di ritiro spirituale, ci si chiude dentro per una settimana senza parlare.
Anche quella delle punizioni non sarebbe male, con fruste e manette.
E perchè non chiudono il bar anche per solidarietà in concomitanza al ramadan ?
potrebbe esserci una sommossa, viste le ottime brioches
condivido i commenti di sandra, uno se vuole prega mentalmente(così mi insegnavano da piccola al catechismo!), il lavoro è preghiera(altro insegnamento), la sofferenza è preghiera(altro insegnamento), il perdono è preghiera(altro insegnamento)…Non è sufficiente? Veramente ridicola una richiesta del genere e ancora più ridicola una ragazza futura psicologa che ha l’esigenza di comunicare con il nulla, non sono mai stata razzista ma certe cose non riesco a tollerarle. Vorrei anche capire se nei paesi islamici questi spazi ci sono.
Purtroppo, quella del pregare mentalmente è cosa che appartiene solo ai cristiani, per musulmani ed ebrei ortodossi la questione è differente.
Anche io auspico che arrivino a questo, ma togliere la stanza vuol dire che pregano per i corridoi, cosa peraltro che già avviene, e che gli integralisti in verità preferiscono per l’impatto sociale; e a me da più fastidio che la gente faccia la salah per il corridoio.
Lasciali pregare per i corridoi. Quando intralceranno andranno fuori, del resto hanno la loro fede a proteggerli dal freddo, pensa che fortuna, si trovano fuori con i ciellini che così si tengono compagnia.
Quello che è sconcertante è che la docente non sia stata sospesa immediatamente.
Chris: concordo, come detto, sullo scarsissimo senso istituzionale della docente.
Sandra, vedo di risponderti qua anche in relazione a sopra.
Posto che la Dichiarazione Universale che noi abbiamo sottoscritto stabilisce il diritto alla religione, posto che le cinque salah sono uno stretto obbligo religioso, la Costituzione ci dice se la salah può o non può essere ammessa rispetto ai suoi principi generali; a me, senza saperne molte, vista così non pare ostativa.
Ora, posto che siamo di fronte ad un diritto riconosciuto (se invece mi sono sbagliato sulla legge allora è diverso), il problema è normarlo, e il discorso del pagamento delle utenze, da dividersi per quanti decidono per scritto di volerne usfruire, può pure starci.
Ripeto: abbiamo già stanze adibite per i soli cattolici, che potrebbero, se fossimo in uno stato laico, essere divise di imperio e inoltre l’Università riconosce stanze a diverse associazioni, per cui non si viola di fatto niente.
Se è come la vedo, continuo a non vedere, dal punto di vista del diritto, nessun problema a poterla, a seconda dell’effettiva disponibolità dell’Ateneo, concedere.
Ovviamente cambia tutto quando si chiedono di violare principi del diritto, ad esempio le corti islamiche sul diritto statale sovrano e la poligamia riguardo le leggi sul matrimonio.
Se invece si vuole uno stato autoritario, che intervenga d’ufficio contro le religioni e tutto quello che può compromettere i nostri valori, è lecito volerlo, ma poi rimane più difficile criticare, come facciamo ogni giorno qua, lo stesso secolare atteggiamento del nemico.
Il confine tra fermezza e ingerenza è labile, secondo me bisogna sempre rifletterci bene
Batrakos,
le cinque preghiere sono un obbligo per chi le può fare, se l’università avesse posto un divieto la ragazza avrebbe avuto un alibi a prova di bomba per non poterlo rispettare. Indi avrebbe trovato un’altra soluzione, come tutti gli altri musulmani. Le stanze adibite ai cattolici non hanno ragione di essere, e infatti non c’erano prima che i ciellini arrivassero con la prepotenza che li contraddistingue a sventolar diritti. In generale non vedo perché università inserite in un contesto socialmente ricco come quello delle nostre città debbano dotarsi di doppioni di associazioni o club, specialmente se rappresentano costi. Lo stato, con le tasse, finanzia l’università per formare in senso professionale degli adulti, i quali possono benissimo uscire dalla facoltà e recarsi nelle sedi delle associazioni di elezione, con altre persone, a distanze ragionevoli. Credo ci sia anche il diritto del cittadino che paga le tasse a vedere i suoi soldi spesi per lo scopo per il quale sono stati richiesti. E far posto a fondamentalisti nelle scuole pubbliche, dedicando spazi e risorse, non è uno degli scopi. A meno che si imponga al cittadino il dovere di pagare per le religioni, in tutte le salse e in tutti i luoghi. Non sarebbe questo uno stato autoritario, allora?
Sulle carte di diritti che abbiamo firmato… per i bambini l’istruzione dell’obbligo è un diritto e deve essere gratuita. In Italia il materiale scolastico è a carico della famiglia (all’estero la scuola fornisce i libri, talvolta persino la cancelleria!, medie comprese). Per insegnare religione o far posto ai religiosi le risorse in Italia però saltano fuori, in nome dei diritti. Si vede che ci sono diritti che sono più diritti degli altri. E ci sono dei drittoni. Indovina un po’ chi sono?
Sandra.
Innanzitutto le cinque preghiere al giorno non sono l’elemento caratterizzante del fondamentalismo, il quale invece vuol dire che non c’è separazione fra sharia e legge civile…una persona può essere osservante verso gli obblighi di fede e non essere fondamentalista.
A me sembra che tu non stai dando alcuna soluzione al problema: se non si elimina qualsiasi realtà associativa all’Università -e il principio delle tasse vale per tutti, nel senso che allora a me che pago le tasse può dar fastidio, e non me lo da assolutamente, che ci siano stanze per la goliardia ed i collettivi (i quali nemmeno loro pagano le utenze, peraltro)- non è ammissible impuntarsi davanti all’utilizzo di una stanza già esistente e che non sia per soli musulmani, mi pare usare un principio quando ci torna comodo e negarlo quando non ci torna.
Se ragioniamo così non andiamo da nessuna parte, nel senso che la democrazia è anche eguaglianza formale, altrimenti democrazia non è, e se deroghiamo dalla democrazia implicitamente diamo ragione a quanti scambiano democrazia con dittatura della maggioranza, con tutto ciò che di pericoloso consegue.
Dunque, Sandra, se personalmente posso pensarla come te -ridicolo pregare cinque volte al giorno- dal punto di vista istituzionale è altro discorso.
Pretendere spazio pubblico per un rito, per me, è fondamentalismo. Non ho problemi a rispettare gente che sente il bisogno di pregare, ma l’università statale non è fatta per questo. Inoltre la preghiera prevede le abluzioni (lavaggio di viso, braccia e piedi) con formule che accompagnano il rito: per fare le cose bene secondo l’obbligo religioso immagino che si dovrà provvedere anche a un’adeguata soluzione in questo senso.
Per me la cosa ridicola NON è che la ragazza preghi.
Sandra.
Se per te la cosa ridicola non è che la ragazza preghi, bisogna lasciarla pregare secondo la sua religione e non come fanno i cattolici, visto che sono musulmani e non cattolici; dunque in qualsiasi caso dentro l’università occuperebbe spazio pubblico, e per le abluzioni mi pare basti un lavandino in bagno prima di andare nella stanza ove si prega, a meno che la persona in qualche secondo (e sarebbe un record!;) ) non commetta azioni haram tali da toglierle la purità; perlomeno mi pare che funzioni così (ora non ricordo; conosco diversi musulmani, ma non ho approfondito fino a questi dettagli), e il fatto che la tizia non sembra minimamente aver posto problemi sulle abluzioni sembrerebbe, così di primo acchito, confermare questa mia opinione.
Risolto questo delle abluzioni, che mi pare peraltro un modo di alimentare un problema, tirando fuori problemi anche dove non ci sono, torno a ripetere che, al limite, avremo il diritto di negare a priori la stanza (e non, pragmaticamente, a seconda delle compatibilità di spazio dell’istituto) se fosse vietata dentro l’università qualsiasi attività non direttamente deputata allo studio, con tutto quel che segue per associazioni e collettivi, e, ripeto, a me un modello chirurgicamente parcellizzato fino a questo punto, non pare un modello molto buono per la felicità dell’individuo.
Sandra,
a me pare che ormai entrambi abbiamo eviscerato i nostri argomenti, e ormai siamo davanti a due opinioni, o due concezioni, leggermente differenti, che essendo opinioni o concezioni, per antonomasia sono soggettive.
Io non so se ho ragione (e ripeto, non dico che la stanza deve essere data, ma che può essere data, sono cose diverse), quel che mi premeva dimostrare era che difendere la possibilità della stanza non è per forza un atteggiamento antilaico, o perlomeno non mi sento antilaico sostenendo questa posizione, fermo restando quel che abbiamo detto e la mia assolutà contrarietà a poligamia, corti islamiche, segregazione di genere e tutto quel che è in contrasto con la Dichiarazione e la Costituzione.
Tutto qua, poi puoi benissimo aver ragione tu e torto io.
Ci sarebbe un altro aspetto che (forse) non è stato considerato, e cioè che la preghiera è un “obbligo” (per me una scelta) a partire dalla pubertà. Per cui è ragionevole aspettarsi di rispondere ad analoghe richieste di spazi da parte di studenti musulmani di medie/liceo. Se è un diritto da accogliere all’università, a maggior ragione ci si potrà aspettare aule per la preghiera per i più giovani.
Non è affatto ridicolo che la ragazza preghi infatti, è una sua scelta di vita. Però le abluzioni vanno fatte bene, se è un rito va seguito a modino, e bisogna lavarsi anche i piedi, tra l’altro con una serie di invocazioni, che non penso si possano fare nel lavandino di un bagno pubblico. Insomma, se è davvero credente, le preghiere vanno fatte in condizioni di purezza, e comprendono le abluzioni. Resto della mia idea, ossia che con la scusa della preghiera i religiosi prendono spazi che sono destinati a tutti.
Sulle abluzioni: non capisco perchè noi dobbiamo avere problemi per loro che loro non hanno.
Non credo che sia necessaria acqua corrente, ma pulita, per cui basta un catino di acqua; ma, appunto, perchè moltiplicare problemi ove non vi sono?
Oh ma l’acqua non è indispensabile, pensa che esiste una macchina a infrarossi dotata di “uno scomparto per il lavaggio di orecchie, bocca e viso, uno per avambracci e gomiti ed uno per piedi e caviglie, secondo quanto prescrivono le norme islamiche sulla preghiera.”
Pensa quando richiederanno l’istallazione di una macchina del genere per motivi di praticità e di decoro (non fanno molto classe dirigente del futuro vedere studenti sciamare in direzione dei bagni per svuotare i catini dopo il lavaggio di rito).
Perché appunto moltiplicare i problemi? Pregare non è obbligatorio, non più di suonare il violino. L’università non è il luogo di pratiche private.
Dei musulmani possiamo al massimo temere su breve tempo l’espansione demografica per l’alto numero di figli (anche se dubito che, a quel che vedo in Italia, molti diverranno islamici ortodossi); pensare che siano la futura classe dirigente, quando in Italia quasi tutti i musulmani appartengono a ceti poveri, è un altro problema in più quasi paranoico, e una laurea (ammesso che la conseguirà) in psicologia non mi pare aprire le porte al gotha della nostra società.
Prevedo una moltiplicazione di richieste di questo genere, nell’imminente futuro prossimo…Qualcuno ha mostrato il fianco a queste richieste, la diga si e’ crinata, ed ora verrà giù travolgendo tutto. Grazie Chiara Volpato!
I LUOGHI DI CULTO SONO UNA COSA. I LUOGHI PUBBLICI SONO UN’ALTRA.
Ma certo, con la sua religione poi uno/a si porta dietro (e dentro) famiglia parenti amici partito eccetera tutti a reddito statale in università, facendo un po’ il verso a certe empreattuali pratiche di partitocrazia cattolica naturalmente esclusive classiste e (soprattutto) consacrate 😉
L’esempio di Berlusconi, è stato infatti un ennesimo clamoroso successo politico cattolico.
O quella pubblicità del maestro di yoga che alla fine si mangia il cioccolato 😆
corrige
facendo un po’ il verso a certe sempre attuali pratiche di partitocrazia cattolica romana, naturalmente esclusive classiste e (soprattutto) consacrate 😉
Perchè non guardano oltre frontiere per vedere cosa è accaduto in paesi laicissimi come la Francia per esempio, dopo che certi docenti, sindaci, etc hanno fatto concessi a gruppi o singoli religiosi ? Come tu dici una diga si è crinata e attraverso questa breccia sono entrati tanti elementi che, fatto questo, hanno chiesto ancora di più !
Non so in Francia, ma il fatto di fare una sala non per una sola religione, ma per chiunque, religioso o meno che sia, voglia accedervi per pregare o riflettere, mi sembra evitare in nuce altre richieste.
Resta il problema tra la compatibilità contemporanea con la necessità di solitudine per la musulmana mentre prega e io che voglio accedervi, ma credo che risolvere questo sia uno dei maggiori esercizi di buonsenso.
Mi è capitato, fuori da un autogrill, di stare a fumare una sigaretta coi miei amici mentre poco più in là una famiglia musulmana, donne compresem svolgeva la salah, e nessuno ha avuto da ridire, per cui non consideriamo a priori impossibile ciò che potrebbe non esserlo.
@ BATRAKOS
-“io posso parlare di calcio solo allo stadio o di filosofia in biblioteca o di musica in sala prove.”
Si può parlare di tutto in ogni momento, ma dipende sempre dalla misura e dall’opportunità: parlare di Aristotele proprio quando l’Italia sta tirando l’ultimo calcio di rigore al mondiale è come parlare di Totti proprio durante un esame di anatomia.
-“Dunque, se è solo luogo di studio, via in collettivi per i diritti gay, le associazioni studentesche e ricreative?
Questi gruppi sono accettabili perché non discriminano nessuno nei loro eventi.
Se voglio far parte del gruppo studentesco sportivo, sono accettato nelle sedi della
Facoltà senza essere discriminato per le mie idee religiose.
I gruppi di mussulmani in preghiera mi accetterebbero nelle sedi concesse a loro per la preghiera?
-“Suvvia, vivere in compartimenti troppo stagni -come volevano le società autoritarie pre anni ‘60- non credo che sia fonte di agio e felicità, e se l’uomo non è un minimo a suo agio e felice, nemmeno progredisce nello studio.”
Proprio perché non è agevole vivere in compartimenti stagni, bisogna evitare che un gruppo possa discriminarne un altro all’interno dello spazio pubblico.
Se organizzo un gruppo di amanti del cinema all’interno di una Facoltà pubblica, TUTTI possono sempre parteciparvi anche solo per pura curiosità di conoscere di cosa si tratta.
Teologo.
Regole di logica: se si dice che all’università si studia e basta, la conclusione logica è che tutto ciò che esula dallo studio è vietato.
Appunto ci vuole una misura, e, come ti dissi quella la volta, la misura sta nel non considerare la curiosità personale come diritto universale, quando essa non è alcun modo sancita come paritaria ad altri diritti, o almeno mi sembra.
E, stando al tuo esempio, in alcuni collettivi gay spesso non entra chi gay non è (dipende dagli orientamenti), così come nelle riunioni di molte associazioni universitarie non entra chi a quella associazione non è iscritto, questo proprio perchè il carattere pubblico non significa necessariamente che ognuno vada, venga e faccia quel che vuole in ogni momento.
La discriminante non è che tutti possano entrare in ogni momento e con ogni intenzione (io non vado alla serata cinema a giocare coi miei amici a tresette), ma che sia accessibile a tutti in modi e forme democratiche, soprattutto se io, come dicevi l’altra volta, mi sento in diritto, assolutamente non sancito come tale, di mettermi a fissare la gente solo per mie curiosità, mostrando un certo infantilismo; se invece mi domandi se si debba poter usare il medesimo spazio anche negli stessi per un reale bisogno che non sia la mia pretesa di fissare le persone, trovando il modo di non ingerire l’uno con l’altro, io ti rispondo che concordo e anzi potrebbe un modo per temperare l’esclusivismo islamico: per cui sono d’accordo, a patto che la necessità non sia una scusa per provocare.
Aggiungo che proiettare un film è, per evidenti ragioni, cosa diversa dallo svolgere qualcosa di intimo e personale.
Batrakos, sei fuori dal mondo.
Stanza per pregare in università. Vuoi essere pragmatico? Allora sai che cosa è veramente, è un sistema per ricavare spazi, per promuoversi politicamente (in senso lato).
a te sta bene? A me no. Già non digerisco la prepotenza cattolica, figurati cosa penso della cultura islamica. Penso male, e tanto.
La cultura occidentale, checchè ne dicano i turbochirichetti, si fonda sulla libertà individuale. La cultura espressa dai paesi mussulmani (anche se meno dalla Turchia, questo è vero) è tutto l’opposto. E, se non hai capito, c’è una guerra tra queste due culture. tu che dici di fare? Ti piace la resa?
Io ho proposto una ‘stanza del silenzio’, non un luogo di esclusiva preghiera e non per soli musulmani; a livello pragmatico, se ci sono stanze vuote, la cosa più semplice del mondo.
Dichiarare guerra ad un diritto individuale in nome della libertà individuale è una contraddizione, dunque ripeto, massima fermezza dove contraddice la Dichiarazione dei Diritti e la Costituzione, tolleranza dove no.
Uscire da questi due paletti vuol dire essere fuori dalla democrazia; tra essere fuori della democrazia ed essere fuori dal mondo (a me sembra chi lo sia chi si basa su questa contraddizione), preferisco la seconda, visto che ormai anche in occidente sembra proprio che stiamo dimenticando i cardini della democrazia.
Nè mi si facciano paragoni con Chamberlain ed Hitler, visto che là si trattava di due Stati sovrani con legittimità di far guerra, qua siamo davanti ad un fenomeno religioso diversificato che comprende un miliardo e mezzo di persone, per cui se ci mettiamo a fare la guerra -tanto per stare sul pragmatico, come dici tu- vai tranquillo che la perdiamo; dunque non si tratta di dichiarare la resa, si tratta di evitare un territorio che ci vedrà sconfitti.
La nostra civiltà ci ha regalato come faro la Dichiarazione Universale e la Costituzione…sarebbe bene farne buon uso.
Non capisco perché negare una stanza per pregare in un’istituzione scolastica pubblica sarebbe una violazione della Costituzione. Le è vietato pregare? Non mi sembra. Non si può andare incontro alle pretese di tutti, e trasformarle in diritti. Tieni conto che la preghiera islamica è “obbligatoria” per i fedeli dalla pubertà in poi, e concedere una stanza all’università potrebbe essere l’apripista per una serie di rivendicazioni alle scuole superiori, quando non alle medie. Proprio quello di cui la scuola italiana NON ha bisogno.
No, vietare la preghiera è contrario alle due Carte; la stanza -ripeto ancora, non per musulmani, ma sul modello-Barcellona, quindi stanza del silenzio neutra- a me pare il modo più razionale per risolverla.
Non è razionale, è superfluo. Sulle Carte non c’è scritto che c’è il diritto di avere una stanza per la preghiera in ogni luogo pubblico! Qualcuno le impedisce di pregare? No, deve scegliere, l’islam concede che si facciano due preghiere insieme per recuperare. Non ha che da fare due preghiere all’alba e due al tramonto, e oplà il problema è risolto, si lava e prega e fa tutto l’ambaradan a casa (le donne non devono andare in moschea, a differenza degli uomini: persino per l’islam le donne è meglio che preghino in casa, e noi dobbiamo far spazio alle donne in università??? siamo all’assurdo).
Dunque, Sandra, se ho ben capito, tu stai dicendo che può pregare, però a patto che preghi come vogliamo noi, quindi nemmeno più nei corridoi e decidendo tu quando e come recuperare le preghiere, che per inciso non porterebbero via più di un quarto d’ora, molto meno tempo di quello che perdevo al bar… non so, se la legge concedesse il divieto di essere musulmani, credo che questa proposta le si avvicinerebbe molto.
Quindi, lei, musulmana, secondo te deve pregare a casa e zitta e mosca, e ai cattolici rimarrebbero tranquillamente le loro sedi esclusive di preghiera e le loro organizzazioni (non parlo solo della Bicocca ma delle università in generale), quindi nemmeno tutti o nessuno, ma di fatto resterebbe il monopolio cattolico.
A me questa non pare laicità ma una forma di identitarismo culturale (lo stesso che porta alle radici cristiane), e, se sulla Carta non c’è giustamente scritto delle stanze (e infatti io considero la stanza una soluzione possibile e da discutere), non c’è nemmeno scritto che la libertà religiosa vuol dire seguire la propria religione nel modo in cui la imponiamo noi; ovvio che dove si viola e contraddice la Costituzione è diverso, ma non mi pare proprio questo il caso.
Io ho un’altra visione della società: fermezza dove serve, disponibilità dove serve.
@ gutul
Ti quoto.
Niente religione e diritti e privilegi ai religiosi ed alle loro organizzazioni nelle università pubbliche.
I luoghi di culto sono e restino al di fuori delle università statali.
Le pratiche religiose portano sempre con sé le chiese e le organizzazioni politiche e sociali alle quali i relativi praticanti e fedeli si rifanno, quasi sempre in modo strumentale.
Inteso niente diritti e privilegi ai religiosi in quanto tali ed afferenti alle loro organizzazioni religiose, ma solo a TUTTI gli studenti universitari ed ai ricercatori e docenti universitari, punto.
@ BATRAKOS
-“Appunto ci vuole una misura, e, come ti dissi quella la volta, la misura sta nel non considerare la curiosità personale come diritto universale, quando essa non è alcun modo sancita come paritaria ad altri diritti, o almeno mi sembra.”
SE la curiosità personale NON sfocia nella patologia psichiatrica, la curiosità personale è lecita e fondamentale per la libertà dell’uomo.
-“soprattutto se io, come dicevi l’altra volta, mi sento in diritto, assolutamente non sancito come tale, di mettermi a fissare la gente solo per mie curiosità, mostrando un certo infantilismo”
Dai per scontato che fissare qualcuno sia di per sé qualcosa di negativo sempre e comunque, ma non è sempre e comunque così.
Dai per scontato che si possa stabilire a priori quale FISIOLOGICA CURIOSITA’ di un uomo “normale” sia accettabile e quale no, ma questo sembra anti-democratico e un po’ infantile.
-“E, stando al tuo esempio, in alcuni collettivi gay spesso non entra chi gay non è (dipende dagli orientamenti), così come nelle riunioni di molte associazioni universitarie non entra chi a quella associazione non è iscritto, questo proprio perchè il carattere pubblico non significa necessariamente che ognuno vada, venga e faccia quel che vuole in ogni momento.
Vedo che non è chiaro il punto fondamentale del mio pensiero.
Queste e altre organizzazioni che utilizzano AMBIENTI PUBBLICi in ORARI PUBBLICI non possono MAI escludere le persone in base alle preferenze religiose, sessuali ecc di queste persone.
L’unica esclusione possibile è solo ed esclusivamente di carattere tecnico: se non sono un medico, non posso partecipare a un gruppo di medici che si riunisce in una aula pubblica della Facoltà di Medicina per decidere una strategia terapeutica!
L’esclusione non è mai basata sulla discriminazione personale e sul rifiuto dei miei diritti dell’uomo, ma semplicemente perché non ho i requisiti tecnici necessari per accedere a un gruppo! Mi sembra banale specificarlo.
Ti chiedo di citarmi almeno UN SOLO CASO di organizzazione studentesca che usa spazi pubblici e che nega l’accesso a questi durante i suoi eventi solo perché non si condividono le sue idee in fatto di religione, sesso, politica ecc.
-“La discriminante non è che tutti possano entrare in ogni momento e con ogni intenzione (io non vado alla serata cinema a giocare coi miei amici a tresette)”
Esempio infelice: generalmente un cinema è di un privato cittadino, e quindi ci stabilisce le regole che vuole.
Tra l’altro, diversamente da quanto affermi, nessuno può vietarmi di andare al cinema a giocare a tresette o ad ascoltare musica, basta che non disturbo chi mi sta vicino. Se mi metto in fondo a tutto dove non c’è nessuno, infatti, posso accendere tranquillamente il mio pc e vedermi un altro film con le cuffie: sarei ridicolo, ma potrei farlo!
Ad ogni modo, in caso di luogo pubblico durante orari di apertura al pubblico l’esclusione non può MAI avvenire in base a una DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA, POLITICA, SESSUALE ecc.
-“se invece mi domandi se si debba poter usare il medesimo spazio anche negli stessi per un reale bisogno che non sia la mia pretesa di fissare le persone, trovando il modo di non ingerire l’uno con l’altro, io ti rispondo che concordo e anzi potrebbe un modo per temperare l’esclusivismo islamico: per cui sono d’accordo, a patto che la necessità non sia una scusa per provocare.”
Se stiamo in uno spazio pubblico e io alzo lo sguardo dal libro che sto leggendo per fissarti per un po’ (e tu fai lo stesso con me), la cosa è assolutamente normale, non è una scusa per provocare.
Leggere un libro, ascoltare musica, pregare, cazzeggiare sono attività che hanno la stessa dignità di essere svolte, se si svolgono in uno spazio pubblico.
Fai conto che stai in un parco pubblico in cui ognuno fa quello che gli piace di più SENZA insolentire gli altri.
Guarda che io ho detto che la stanza può essere di libero accesso, semplicemente con la discrezione di non mettersi a fissare la gente; se per te si può fissare la gente impunemente, per me no e prova a metterti a fissare continuamente la gente in un parco pubblico, poi mi dirai…nè nella maleducazione vale il dire che basta che sia reciproco; altro è uno sguardo.
Comunque, se lo devo dire meglio, certamente che, con il dovuto rispetto come in ogni luogo, si può entrare, ma se una persona vuole un separè per stare da sola (il senso della stanza dl silenzio è il raccoglimento privato individuale, non il mettersi a fare lo zoo per i curiosi) la capirei ugualmente, ed è una questione tecnica che è troppo infima per pregiudicare il discorso, e se la stanza deve diventare una sorta di acquario per i curiosi, non ha senso farla, islamici o meno.
Non parlavo di un cinema ma di una rassegna di film in luogo pubblico, università compresa; se io vado lì a giocare a tresette, disturbo ed è giusto che mi caccino (ecco l’esempio).
Ti hanno fatto entrare alla riunione della goliardia senza essere iscritto? A me a suo tempo no, e si svolgeva all’università, così come in un’iniziativa di un gruppo LGBT (Arcigay) in un locale pubblico nella mia città, a suo tempo si diceva che era preferibile entrassero solo i gay, poi non ho insistito, anche perchè a differenza di come vede la vita qualcun altro, ho capito che la curiosità così vuota è meno importante della dignità di chi si sentirebbe osservato, almeno a me l’educazione l’hanno insegnata così.
Ecco, un altro punto: associazioni come la Goliardia utilizzano spazi pubblici, ma credo che come tutte le associazioni siano private.
Se quelli che vogliono usare la stanza costituissero un’associazione, come la metteresti?
Credo che, vista la serie di obiezioni, anche intelligenti poste, sia bene esaminare il problema di nuovo.
Concedere, se vi è, una stanza vuota come stanza del silenzio accessibile a tutti quelli che ne sentano la necessità (dunque giusto in questo senso il rilievo di Teologo Pagano, l’importante è usare educazione da ambo le parti) per pregare o raccogliersi in riflessione, in cosa sarebbe pericolosa o ostativa della libertà?
E’ vero che religioni come l’islam spesso partono col dito per prenderti il braccio, ma ciò non vuol dire che qualsiasi cosa vada loro negata, esiste un giusto mezzo, e a me pare che una stanza del genere, nelle forme dette e non per soli islamici, sia accettabile nè crei chissà quali precedenti, anzi informalmente precedenti già ce ne sono (a scuola superiore di una mia amica, già diversi anni fa mandavano a pregare una ragazza musulmana in un’aula vuota, senza richieste o cose simili e nulla è accaduto di grave; la scuola esiste, la mia amica sta bene e anche la ragazza non è stata assoldata da Hamas).
Se poi i musulmani, o qualcun altro come i cattolici (che hanno in alcune università i loro luoghi di culto solo per loro…) ha qualcosa da ridire…beh la nostra proposta è questa, se non va bene, nisba.
Una domanda: se ci si imponesse, e dove c’è la stanza per soli cattolici si usasse per una sala del silenzio comune, sarebbe egualmente sbagliato?
Perchè più ci penso, più, a parte la dimensione pubblica che dice Teologo Pagano e che va normata nei limiti del buon senso e della mediazione tra libertà e riservatezza (e il diritto alla riservatezza è libertà anche esso), non vedo nulla di trascendentale come pare a molti.
@ BATRAKOS
Mi sembra che il punto centrale della mia obiezione venga sistematicamente bypassato, perciò provo a ri-chiarirlo meglio.
Il motivo per cui non sono ammesso a un evento che un gruppo goliardico o di professori organizza in un’aula pubblica è solo ed esclusivamente di NATURA TECNICA, cioè non possiedo dei REQUISITI SPECIFICI per essere “a tema” con l’evento.
E’ ovvio che non posso partecipare a una discussione di medicina se non sono medico, così come non posso partecipare a una festa anni ’60 se non ho il pantalone a zampa di elefante.
In questi casi, nei casi cioè in cui un gruppo privato organizza un evento in un luogo pubblico, è più che evidente quello che cerco di dire fin dall’inizio, e cioè che l’esclusione non lede i miei diritti umani di base.
In questi casi, infatti, E STA QUI LA MIA OBIEZIONE, i miei diritti umani di base non sono lesi perché non sono rifiutato a causa delle mie idee religiose, sessuali ecc. In questi casi sono escluso esclusivamente perché non ho alcuni requisiti specifici, i quali però non hanno nulla a che vedere con il rispetto dei diritti umani! Non avere il pantalone a zampa non significa ledere i diritti umani, e lo stesso vale se non sono un medico.
No, il motivo per cui i goliardi non ti ammettono è perchè non sei dei loro, non c’entra la tecnica; in questo caso allora, visto che si tengono in spazi pubblici, dovrei comunque avere il diritto di entrare a vedere, sia che siano goliardi, che se è un circolo anni 60, se si pone la questione come l’hai posta tu in relazione a quello spazio; la competenza tecnica di un raduno medico nulla c’entra, e infatti nemmeno l’avevo contemplata.
Comunque, superando i tecnicismi che ci fanno incagliare, se leggi il mio intervento sopra vedrai che l’ho detto, concordo sul fatto che possa essere aperta a tutti e a tutte le ore, ovviamente nel limite dell’educazione, la quale è richiesta in qualsiasi ambito pubblico.
Qui la docente ha concesso il suo ufficio alla studentessa islamica per timore di rivalse o pressioni ideologiche da parte islamica nei suoi confronti; non è questione di diritti umani né tanto meno di tecnicismi eccetera.
Sono stati lesi i diritti umani degli studenti che sono discriminati in conseguenza a questi favori e privilegi concessi a delle motivazioni religiose strumentali per introdursi in un luogo pubblico usando pretesti surrettizi e non facenti parte delle funzioni del dipartimento di psicologia.
Quando lo fanno per i cattolici è ugualmente discriminatorio.
Mi sbaglio? 😉
Sono stati lesi e turbati i diritti legittimi degli altri studenti di avere gli uffici dei docenti liberi dalla occupazione condizionante dovuta a delle pratiche religiose non facenti parte dell’indirizzo d’uso (didattico organizzativo, …) degli spazi ed alle normali funzioni didattiche di studio e ricerca che si svolgono all’interno del dipartimento universitario.
La gravità dell’episodio è questa.
Sono stati lesi e turbati i diritti legittimi degli altri studenti di avere gli uffici dei docenti liberi dalla occupazione condizionante dovuta a delle pratiche religiose non facenti parte dell’indirizzo d’uso (didattico, organizzativo, eccetera) di spazi che invece sarebbero riservati alle normali funzioni didattiche di studio e ricerca che si svolgono all’interno del dipartimento universitario.
Una forma di occupazione abusiva.
@ gutul e Sandra
Vi quoto e alla grande 😉