Bruno Gualerzi*
Per cominciare ad uscire da quello che sotto troppi aspetti può diventare (come storicamente a intervalli sempre più brevi è diventato, e continua a diventare) un inferno reale, occorre cominciare ad uscire da un paradiso fittizio, alla cui illusoria costruzione, certo involontariamente, ha contribuito a volte anche il tradizionale pensiero ateo. Occorre uscire da un paradiso dove nessun uomo è mai stato, naturalmente, ma la cui pura evocazione, proprio per questo, rende spesso infernale l’esistenza ‘terrena’. La quale, nella sua consistenza, non può reggere il confronto con l’inesistente, un confronto che può portare all’assurdo di concentrare tutti gli sforzi per indebolire, o proprio cancellare, questa consistenza come modo per avvicinarsi di fatto il più possibile all’inesistente. Un luogo, l’inesistente, dove – essendo il puro nulla per la nostra esperienza – c’è spazio per tutto ciò che vorremmo, soprattutto per collocarvi un’esistenza liberata dalla fatica di vivere. Per inseguire un’ombra, viene gettato nell’ombra ciò che la produce, cioè noi stessi. Come?
Cercando con tutti i mezzi di abdicare alla propria condizione, tutta umana, di esseri pensanti avendo spesso individuato nella coscienza di sé il vero nemico, quello che costringe a ‘sapere’ di un nostro destino e che – anche per il solo fatto di conoscerlo – ‘non ci piace’. “Annulliamo la coscienza, o mettiamola al servizio di una qualche trascendenza – ci consigliano allora ad esempio certi campioni di spiritualità – e così approderemo a qualche Eden, a qualche ‘nirvana”… oppure, ci suggeriscono all’opposto ma solo apparentemente, i sistematori di realtà, i costruttori di mondi: “Togliamo alla coscienza tutti gli spazi in cui si attarda a pensare se stessa, ripuliamola di tante inutili perplessità, di tanti dubbi frustranti, e così rigenerata, utilizziamola per creare il migliore dei mondi possibili senza troppi ripensamenti!”
E così nell’illusione di avvicinarsi sempre più al modello ideale, di prepararne un’anticipazione, si mette la sordina alla sola vera facoltà che può farci vivere veramente da uomini: la ragione, o la semplice ragionevolezza. E così non si fa altro che avviare una spirale perversa di tentativi fallimentari il cui risultato consiste, a dispetto dei tanti proclamati trionfi della presunta pienezza dell’esperienza religiosa da un lato e del progresso indefinito come valore assoluto dall’altro, nel gettare intere popolazioni nella disperazione che corona sempre ogni alienazione. Volendo esaltare la vita alzandola oltre se stessa, si lascia completamente via libera all’istinto di morte’, il vero traguardo di qualsiasi processo che intenda ‘trascendere’ la vita, che non intenda tener conto che la vita, comunque, reca sempre con sé, a dispetto di tutti i nostri esorcismi, la morte. Se si rimuove la morte, essa agisce tanto più quanto più non ci si rende conto che tutto ciò che stiamo facendo lo facciamo solo per esorcizzarla. E così si assiste a intere moltitudini che, tra un superstizioso ossequio ad ogni scadenza religiosa (i rituali propriamente religiosi, e quelli ‘laici’, non meno vincolanti) e l’altro, trovano il tempo per lasciarsi trascinare nelle più spietate violenze per i più futili motivi. Quale guerra, quale conflitto dichiarato, quale violenza organizzata comunque e per qualunque motivo esercitata sui propri simili, sono stati perpetrati per motivi che – col solito senno di poi e una volta dissoltisi i polveroni retorici – possono reggere veramente alla più semplice delle valutazioni, quella operata dal cosiddetto buon senso, o ragionevolezza che dir si voglia… mentre il tutto viene legittimato quando i motivi addotti, invece di essere valutati per quello che sono, cioè vuote parole senza senso, sono fatti risalire alla necessità di soddisfare ‘concretamente’ esigenze irrinunciabili? E per far questo, per far digerire questi insensati misfatti, ci si mettono davvero in tanti:
- quelli che parlano di valori irrinunciabili, da difendere anche con la vita, che poi si scoprono essere entità astratte, quali Dio, Patria, Famiglia e tutto quanto istituzionalizza una Tradizione che la maggior parte delle persone si trova imposta… e tanto più astratta, tanto più imposta, quanto più sacralizzata, fatta assurgere a valore assoluto, a intoccabile tabù… e tale per cui chi rappresenta questa Tradizione – cioè poi la sua sola visibilità possibile (si sono mai visti ‘valori’ al di là di chi se ne arroga la rappresentanza?) – viene a sua volta sacralizzato… e il sacro, si sa, esige sacrifici, esige che gli si sacrifichi qualcosa o qualcuno, magari con una purificatrice guerra santa;
- quelli che parlano di lottare per un mondo migliore, ritenendo anche qui non solo legittimo, ma doveroso, sacrificare chiunque ostacoli questa prospettiva, valida ovviamente solo come ‘prospettiva’, cioè come luogo che ancora non c’è, che sfuma in una lontananza in cui nessuno dei fautori del mondo migliore è mai stato per poter dire che sarà veramente un mondo migliore. Qualche volta, dopo che la lotta ha reso possibile ‘realizzarlo’, sarà stato per certi aspetti anche migliore, ma – a parte i costi umani che si sono dovuti pagare… o proprio per questo – mai in modo sufficiente per eliminare l’esigenza di un mondo ‘ancora migliore’, perché quando il modello è ‘il paradiso’, sulla terra se ne avrà sempre solo una pallida ombra;
- quelli che parlano di una natura umana che… o perché ci fu un peccato originale, o perché la natura è stata così matrigna proprio con l’uomo… rende inevitabili queste manifestazioni di homo homini lupus, che non cesseranno mai, almeno nel tempo storico, cioè il tempo dell’uomo reale, non virtuale. E si può solo sperare o in un’altra dimensione in cui l’uomo, abbandonata questa valle di lacrime, cioè dopo la sua morte, potrà vivere finalmente mondato della sua colpa (il solito ‘paradiso’), o in una mutazione genetica del tutto casuale, del tutto imprevedibile operata da questa stessa natura, o in una manipolazione genetica tentata da una scienza male interpretata messa al servizio di qualche apprendista stregone. Nel frattempo l’uomo – si proclama – non può opporsi a questa presunta natura umana, cioè alla propria natura, per cui non espiare questa colpa o non esercitare questa naturale aggressività, magari con una bella guerra (i pretesti si trovano sempre), sarebbe… andare contro natura. E questo è forse il circolo vizioso più insensato, irragionevole, autolesionista, in definitiva stupido, in cui l’umanità si trova impantanata: per non andare contro natura, si va contro se stessi!
- quelli che parlano dei conflitti, delle guerre, delle lotte comunque motivate e condotte, come della condizione necessaria perché l’umanità progredisca davvero, perché solo se continuamente stimolato l’uomo dà il meglio di sé, sprigiona tutte le energie di cui dispone e se ne carica di nuove, aguzza l’ingegno e migliora indefinitamente il suo stare al mondo. E comunque la lotta – meglio se una vera guerra – purifica l’ambiente, toglie di mezzo la zavorra… e insomma, come proclamavano i futuristi, “la guerra sola igiene del mondo”! Ora, è difficile immaginare una lotta, anche apparentemente ‘pacifica’ (la concorrenza come valore assoluto), che non comporti vincitori e vinti (perdenti e vincenti, come si ama dire), dove la condizione di vinti aguzzerà sì l’ingegno, ma solo per trasformare i vinti a loro volta in vincitori, e quindi puntando solo a creare nuovi vinti, infischiandone bellamente del progresso dell’umanità… delegato per la verità quest’ultimo, in epoca moderna, all’intervento di una Astuzia della Ragione e di una Mano Invisibile che non possono che operare al di sopra di tutto e di tutti, nel solito luogo che l’uomo reale, l’uomo storico, cioè ogni individuo nell’arco della sua esistenza, non abiterà mai né mai conoscerà.;
In definitiva tutti quelli che, per poter abitare in qualche paradiso fittizio, inesorabilmente solo virtuale, ritengono legittimo pagare – e più spesso far pagare – qualsiasi prezzo; e quanto più vedono allontanarsi questa prospettiva, invece di distogliere una volta per tutte lo sguardo da questo vuoto abbagliante, moltiplicano gli sforzi e alzano il tiro. Con i risultati che, al di là dei polveroni alzati dagli esaltatori del progresso comunque, conseguito per merito delle religioni o per merito della concorrenza, confondendo progresso con sviluppo, si possono vedere: un’umanità tanto più precaria quanto più continua ad ascoltare il canto di queste sirene.
* Insegnante – occasionalmente di storia e filosofia nei licei – ora in pensione
se il paradiso è
“fittizio, inesorabilmente solo virtuale,”
va bene,
ma se il paradiso è
una casa che si costruisce in questa vita
e si abita nell’altra,
non vedo dove sia il problema
hai preso a parlare stile kohan zen per darti più tono?
Per altro i Koan in genere son molto più incisivi: si vede che è una blanda imitazione all’acqua di rose o meglio all’acqua santa 😉
Ce lo vedo proprio riflettere sull’indovinello del Suono di Una Sola Mano o della Porta Senza Porta… 😀
@ il parroco di funo
se il paradiso è
una casa che si costruisce in questa vita
e si abita nell’altra,
non vedo dove sia il problema
che stia in “si abita nell’altra”?
@Stefano
No,il problema e’ l’anticipo che ci tocca pagare in questa vita ai rappresentanti dell'”Immobiliare Celeste” ,e senza nessun rogito.
Laverdure, straquoto!
Per parroco di Funo.
“ma se il paradiso è
una casa che si costruisce in questa vita
e si abita nell’altra,
non vedo dove sia il problema”
Uno buono psichiatra sapra spiegarglielo come si deve. Si prenoti una visita.
“un buono” scusate.
@Parroco
Come puoi sapere come e se si abiterà nella casa
se non hai ancora percorso il viale?
Per risponderti sempre in stile Koan, ma con le tesi di KongZi (=Confucio)…
se il paradiso è
una casa che si costruisce in questa vita
e poi il costruttore sparisce coi soldi
o ti imbrogliano sul capitolato
meglio stare in affitto.
Riproponendola alla cinese:
il paradiso è una casa
che si costruisce per il poi
un costruttore può portarsi via molte speranze
come fai a sapere che non succeda per la tua casa?
Vedere l’esistenza terrena come un’ionta e un peccato inquina il buon vivere e la possibilità di rendere la terra un posto migliore, illudendo di poter avere riscatto in un’altra vita di cui non si hanno prove oggettive.
Se poi per farlo di insulta, si fa violenza e si uccide, allora non c’è scusa che tenga a questi misfatti.
Anche senza paradisi fiscali potrebbe essere un mondo con meno inferni!!!
Mi Scuso per la battuta sempliciotta e poco confacente al serio discorso di Bruno, ma mi è uscita da un fianco, e poi non è nemmeno così off topic come sembra 😉
@Batrakos
Una cosa bisogna concedere:sull’esistenza dei paradisi fiscali nemmeno lo scettico piu’ incallito manifesterebbe il minimo dubbio.
Come non ne manifesterebbe sull’esistenza di innumerevoli “inferni” in ogni parte del mondo.
@ Batrakos
Non sei affatto OT, anzi! Del resto basta leggere più avanti il commento dell’amico Alessio di Michele, che mi sbeffeggia perchè ho posto… non sia mai!… tra i possibili ‘inferni’ anche il Mercato, con relativa Concorrenza. Naturalmente se ‘mitizzati’… cioè se si considerano i ‘paradisi fiscali’ una semplice innocua stortura di un sistema capitalistico che non ha alternative.
@ B. Gualerzi. Non sogno nessun soporifero Nirvana e detesto certo dolciastro – infantiloide pseudofrancescanesimo stile “fratello Sole, sorella Luna” pechè credo di sapere “di che lacrime grondi e di che sangue” la storia umana e magari anche tutta quella dei viventi in generale.
Posso dire però che il modello di vita che mi sono posto prestissimo ( credo già dall’età delle medie ) è stato don Bosco: collegamento costante con il trascendente, ma anche piedi piantatissimi per terra, anzi diciamo nel fango della trincea piuttosto che nelle sale dorate dello stato maggiore, come faceva lui tra i piccoli operai umiliati e sbandati della periferia di Torino già protoindustriale. disponibile perfino a rischiare la sua “dignità sacerdotale” per farli star bene organizzando loro giochi e quant’altro.
Quanto al rinunciare al pensiero, lei conoscerà il principio “fides quaerens intellectum”: crede che sarei diventato un divoratore di libri se avessi ritenuto più comodo dare il cervello al ( pio ) ammasso?
Apprezzo la dignità del suo discorso, come potrei apprezzare quella di un Camus rileggendolo: ma che cosa comporta in termini di strutturazione politica, etica, valoriale nella prospettiva dell'”ingegneria sociale”? Deprecare il peggio e invitare al meno peggio è qualcosda: ma poi, concretamente?
@ Florenskij
Quanto al rinunciare al pensiero, lei conoscerà il principio “fides quaerens intellectum”: crede che sarei diventato un divoratore di libri se avessi ritenuto più comodo dare il cervello al ( pio ) ammasso?
Ma lei – alla luce di un comportamento ormai evidente anche ai muri – pensa ci sia ancora qualcuno disposto a darle credito?
Florenskij non si può pensare di rovinarsi la reputazione e allo stesso andarne fieri.
Mi permetta Florenskij, la sua fede è figlia della disperazione. C’è troppo Paolo di Tarso, Agostino d’Ippona, il teologo Joseph Ratzinger nelle sue parole. Non ci consegneremo ad alcun dittatore di turno (Dio compreso) per abdicare alle nostre debolezze e al nostro bisogno di senso. Le fa bene leggere Camus. “La peste” è perfetta. L’amore tra i propri simili è il vero segreto di questa esistenza. Non c’è bisogno di alcuna trascendenza distorcente e “procrastinante”. Nessuna scommessa, qualche carezza, forse. Ma è solo il mio pensiero. Le auguro sinceramente di essere felice e di attenuare il suo livore.
Vede Florenskij, lei dice di ispirarsi a Don Bosco. Ora io dico, ammettiamo la buona fede di quanti effettivamente compiono del bene in associazioni cattoliche. Quello che mi sono sempre chiesto è: come fanno a non accorgersi di quanto la loro buona fede venga abusata da chi dovrebbe rappresentare un punto di riferimento? com’è possibile che non si rendano conto di agire per costruire un consenso sociale alle gerarchie che vivono nell’oro? come non avvertire un senso di frustrazione e rabbia nei confronti di tali cialtroni? e come non vedere che si può benissimo continuare a lavorare “con i piedi nel fango” ponendo l’amore per l’uomo al di sopra di qualsiasi fideismo verso dio e pertanto verso i suoi sedicenti interpreti?
Si signor Florenskij.
Sa come lo immagino lei, con tutta quella puzza sotto il naso che ha, giocare con i bambini nel fango.
E’ piu’ facile che il Papa si vesta da uomo.
@ Florensikij
Si può sempre giocare all’infinito con le parole, ma tuttte queste formule (‘fides quaerens intellectum’- ‘credo ut intelligam’ – ‘intelligo ut credam’, e altre più o meno agostiniane sentenze) sottendono un sostanziale circolo vizioso: il pensiero (la ragione) legittima, per così dire, la fede… la quale fede legittima la ragione. Causa ed effetto si scmbiano continuamente di ruolo, per cui in realtà non si capisce mai che cosa legittimi che cosa.
Circolo vizioso per circolo vizioso, sarebbe allora più intellettualmente onesto rimettersi ad un bel ‘credo quia absurdum’ e trarne le conseguenze.
Il Paradiso è un posto dove si beve caffè tutto il giorno.
Ma solo Lavazza crema e gusto.
Ce lo insegna Paolo Bonolis.
La domanda sorge spontanea: e all’inferno che si fa’ tutto il giorno?
si guarda gli spot di lavazza con bonolis e laurenti.
o quello di Clooney e Malkovic… 😉
la principale occupazione dell’inferno è tifare per il Milan. E infatti Berlusconi è cittadino onorario.
E’ un posto molto più divertente del paradiso perchè è pieno di mignotte (piace molto a Silvio). Unico difetto, tengono il riscaldamento troppo alto e si mangia troppo piccante.
Invece al purgatorio ti danno guttalax tutto il giorno. Il purgatorio è stato invenatto da Mussolini e inizialmente ti davano l’olio di ricino.
Lì stanno sempre sul cesso e c’è una gran puzza di me…da. Posto sconsigliato a chi ha problemi di emorroidi.
Bellissimo e appassionato articolo del miglior Gualerzi. Mi è sembrato a tratti evocare (spero che il paragone ti esalti Bruno) “L’avvenire di un’illusione” di Sigmud Freud, saggio attualissimo. Quanto agli inferni e ai paradisi, provate a leggere “L’inferno” di Andrés Torre Queiruga; se anche i professori di teologia, cattolicissimi, credono che sia un assurdo logico, una sconfitta di Dio, di cosa parliamo? Poeticamente potremmo dire che il paradiso “scatta” dentro di noi su questa vita ogni volta che facciamo esperienza di intensa comunione con qualcuno. Il resto è solo terrorismo per le coscienze (di cui la Chiesa Cattolica è stata maestra) e favolette buone a distogliere lo sguardo dalle nostre quotidiane miserie.
Andrés Torres Queiruga
Davvero stretto il crinale che proponi.
E’ percorribile?
Per la verità, caro Stefano, è Freud che ha preso spunto da me… ma generosamente non per questo lo citerò per plagio!
Battute a parte, ti ringrazio per l’apprezzamento e ho letto con molto piacere la tua bella integrazione.
In quanto ai testi che mi consigli di leggere… ormai, alla mia età, per risparmiare energie ho deciso di farmi bastare – provando a farlo fruttare – quanto, bene o male, costituisce il mio patrimonio di conoscenze. Ho deciso, per così dire, di ‘pensare in proprio’.
Buona domenica
Ops (si dice così?), ho sbagliato tasto. Naturalmente mi riferivo a stefano marullo.
@ Pippo
E’ certamente stretto (almeno per la mia esperienza: per altri amici atei non è detto) il crinale che intendo percorrere… ma non invidio certo quanti hanno temuto di percorrerlo e hanno ritenuto più sicuro provare altre strade. Precipitando così nell’aldilà’.
@ Pippo
Detto da uno che si propone di passare dalle porte strette….
🙂
Mi mancava ! L’ intellettuale modale italiano, di destra, di sinistra, laico, cattolico, eziandio cristiano maronita, ha il suo bravo marchio di fabbrica, ovviamente depositato: l’ avversione alla concorrenza. Avversione peraltro ad un’ idea, che mai s’ è vista realizzata in Italia, nemmeno al 30%, e che, quindi, fa cadere il nostro fustigatore di paradisi nel vizio che lui stesso critica: il demonizzare (od il santificare, è l’ istess) un qualcosa che non esiste. Se si riferisce agli squallidi corifei del berlusconismo, pasciuti a chiacchiere, spesa pubblica ed evasione fiscale, mentre parlavano di mercato, siamo d’ accordo, ma dovremmo specificare. Altrimenti dovremmo specificare un’ altra cosa: qual è l’ alternativa (reale, possibile, non mitologicamente vagheggiabile) al Mercato (lo chiamo con la maiuscola, solo per distinguerlo da quello della cicoria) che non sia connotata da qualche mito che abbia prodotto grosse cataste di morti. E soprattutto un sistema che riconosce l’ avidità (di denaro, soprattutto, enormemente meno inaccettabile di quella verso il puro dominio) come un dato di fatto e cerca almeno di trarne qualche possibile utilità. Poi, certo, le uniche entità perfette che io riconosca sono i morti, non i vivi ed i loro sistemi, ma almeno diamo un piccolo riconoscimento al meno peggio: poniamoci degli obbiettivi importanti e sentiamoci soddisfatti se, alla sera, ci accorgeremo di averli raggiunti al 70%. Un liberismo un po’ meno straccione di quello enotrio parla di individualismo sano, e quindi di successi ed insuccessi, più che di vincitori e vinti: successi ed insuccessi, piccoli e grandi, normali nella vita di tutti noi; i berluscoidi si pavoneggiano nella vittoria, i sinistri si crogiolano nella sconfitta propria, i clericali nella sconfitta altrui: tutti, però, approfittano della luce acquisita per curare il proprio orticello (o latifondo, indifferentemente) e per giustificarsi a vicenda.
L’alternativa al Mercato (con la maiuscola, come Patria, Religione e Famiglia)? E’ semplicemente costituita – per quanto mi riguarda – dal non mitizzare il Mercato e il suo propellente, la Concorrenza. Delle crisi ricorrenti che ha prodotto il farlo assumere a valore assoluto – ‘intellettuale modale’ o meno che io sia – mi pare sia difficile… se non mitizzandolo, appunto… non rendersi conto. E chi sta anche ora menando la danza che costringe tutti a ballare sulla loro musica, non mi pare che sia propriamente un esempio di ‘individualismo sano’. E se Berlusconi rappresenta la caricatura del liberismo… non è che l’originale sia molto migliore. Questione di punti di vista.
Del resto, condivisibile o meno (si può esprimere un’opinione senza venire per forza sprezzantemente etichettati?), non solo di questo ho cercato di parlare.
Se si fa la sfida delle cataste di morti al Mercato non lo batte nessuno!
L’industrializzazione, l’accumulazione primitiva e la lotta per i mercati hanno determinato, per citare alcuni fenomeni con numeri di morti allucinanti, il genocidio degli amerindi, la tratta degli schiavi dall’Africa, le guerre fino al primo conflitto mondiale, i morti di fame nell’Inghilterra e soprattutto nell’Irlanda…roba che i morti dell’industrializzazione staliniana sono una bazzeccola (e non è per difendere Stalin, è solo per far capire un attimo di che cifre si parla).
Mi si dirà che questo è il passato…
Oggi il debito estero del terzo mondo tiene alla fame l’Africa (e se non si fosse ribellata lo stesso varrebbe per l’Argentina ad esempio) e in Europa stiamo per arrivare alla stessa cosa.
Il liberismo meno straccione e più serio, quello targato Goldman Sachs, Finch, Moodys, Standard&Poors sta cancellando ogni futuro ai giovani e ha diviso la ricchezza in una maniera talmente iniqua per cui i mercati sono praticamente saturi e si taglia il lavoro… e l’idea del libero mercato esiste solo nei sogni di pochi visto che la storia ci ha mostrato come il risultato del libero mercato quando affidato a se stesso sia l’oligopolio o il monopolio, per cui è il liberismo stesso a distruggere il libero mercato che rimane una chimera e un flatus vocis… se questo è il meno peggio risulta anche complicato turarsi il naso!
@ Batrakos
E così anche tu sei un ‘intellettuale modale’ (a proposito, cosa vuol dire?). Come si vede che sei un inguaribile provinciale e sputi nel piatto nel quale stai mangiando, e dici di guardare come vanno le cose sul pianeta mentre in realtà pensi solo a coltivare il tuo orticello. Ma non lo sapevi che la perfezione non esiste? Per fortuna c’è qualcuno che ti sveglia dal tuo torpore dovuto all’esserti impinguato di tutti i beni che il Mercato ti ha messo a disposizione, e ti esorta a ringraziare invece di inventarti futuri catastrofici che sono solo nella tua immaginazione malata.
Pensa che c’è perfino qualcuno… sicuramente un ‘intellettuale modale’ (destro, sinistro, laico, cattolico, eziandio cristiano maronita!)… che, rileggendo Il Capitale, viene a raccontarci adesso che forse, chissà, Marx non aveva poi tutti i torti!
Bruno.
Che significa intellettuale modale? Lo chiedi a me? Io ero vagamente rimasto ai verbi modali o al massimo alla muscia modale e da qua al massimo posso intuire che ‘intellettuale modale’ significa che ragiona su parametri già definiti nei quali si incanala…
Vabbè che io non sono un intellettuale (mi pagano per fare altro, quando riesco a lavorare…per gentile concessione del Mercato del lavoro) dunque mi cade di default (visto che è termine che va tanto di moda e che però in questa accezione non c’entra nulla perchè vuol dire semplicemente, se non erro, in automatico) anche l’accusa di modalismo (che se ben ricordo è una concezione trinitaria, tanto per ritornare alle questioni solite!!!).
Insomma, non è un mio problema!!! 😉
@ Bruno Gualerzi
come hai scritto, ci offrono un paradiso di illusioni (ma anche un inferno di infinito dolore) per prenderi questa unica vita che abbiamo.
loro che chiamano “simbolo d’amore” uno strumento fatto per uccidere e se lo mettono al collo per rinnovare quella minaccia (tra timori presenti e illusioni future).
Penso che una volta riconosciuti “i paradisi” ultraterreni propagandati dalle varie religioni, solo ed esclusivamente come un ricatto morale e psicologico, per ottenere il rispetto alla loro figura morale, e una condotta umana favorevole alla loro autorità, sia piuttosto semplice uscire anche dalla logica degli inferni, da loro ugualmente propinati come “punizioni”.
Già il fatto che questi paradisi/infenri siano ultraterreni, trascendenziali e raggiungibili solo post mortem, li pone come qualcosa di “incerto”, o per dirla come la direbbe un Agnostico che si rispetti, “indimostrabili”. Di cosa si vorrebbe parlare allora?
@ Paul Manoni
“Già il fatto che questi paradisi/infenri siano ultraterreni, trascendenziali e raggiungibili solo post mortem, li pone come qualcosa di “incerto”, o per dirla come la direbbe un Agnostico che si rispetti, “indimostrabili”. Di cosa si vorrebbe parlare allora?”
Si sono inventati un’ipotesi’ e hanno scelto di vivere ‘ipoteticamente’. Niente di male… se non pretendessero e si dessereo da fare perchè tutti si viva allo stesso modo.
La lotta quotidiana in campo educativo, la fatica per darmi uno stile di vita sobrio e solidale mi fanno essere molto attaccato a questo mondo. Ma ciò non significa che il mio desiderio e la mia attesa vada oltre. So che l’amore di Dio, che vuole il mio impegno in questo mondo perchè, come dice la Genesi, “Dio ha messo l’uomo nel giaridno per coltivarlo e custodirlo”, do che l’amore di Dio, come dicevo, mi prepara qualcosa di più grande, cioè il suo abbraccio. Il paradiso non è la paga, come lasciate intendere spesso, il paradiso è la conclusione di un fidanzamento e l’inizio di un amore pieno; è la fine di una festazione e l’inizio di una vita che si manifesta pienamente. Illusioni? Il cristianesimo ha un fondamento storico ben più salo di quel che si possa immaginare. La mia fede non mi porta via dagli impegni terreni: tutt’altro, mi ci fa stare in maniera più intensa, proprio perchè posso perdere la vita senza finire. Chi non ha una visione eterna ci pensa due volte a perdere la vita.
“Chi non ha una visione eterna ci pensa due volte a perdere la vita.”
L’hai detto!
Ci pensa, non due, ma, ad esempio, tutte le volte che qualcuno, nella illusione di un qualche ‘aldilà’, si dedica ad esorcizzare l”aldiqua’ mentre ancora si vive, impostando la propria esistenza in funzione dell’aldilà… e pazienza se lo facesse solo pe sè, ma non ritiene accettabile che altri la imposti diversamente, e appena può, si studia di ‘convertirli’: quando non con l’imposizione diretta (come la storia della chiesa certifica), con l’imbonimento. Caro amico, è proprio quando non si crede nella vita eterna che ci si studia di vivere pienamente, senza pericolose fughe in avanti più o meno consolatorie, l’unica vita di cui si dispone.
Naturalmente la dottrina – perchè non sia immediatamente distruttiva – contempla intanto l’impegno a vivere, DETTANDONE PERO’ LE REGOLE INDEROGABILI DA SEGUIRE, questa vita… ma poi insomma, in definitiva, per un credente, qual è la ‘vera vita’ che merita di essere vissuta: questa o quella? Con tutta la buona volontà, vivere questa vita in funzione di quella significa pur sempre deprezzare la vita mentre ancora la si vive.
E’ vero, un mondo senza i paradisi illusori della “vostra” cultura puo’ essere con meno inferni.
“noi”, “voi”: ragioni solo in bianco e nero o sei capace di astrazioni più degne di un essere senziente?
Voglio dire: sempre che tu non ti ritenga parte di una sorta di guerra ad infinitum senza capo né coda….
bruno gualerzi risponde:
domenica 18 marzo 2012 alle 8:41
“Chi non ha una visione eterna ci pensa due volte a perdere la vita.”
L’hai detto!
E’ proprio il contrario. Chi crede seriamente nell’aldilà non pensa mai al suicidio, all’eutanasia, all’aborto. E’ sempre per la vita e non per la morte.
Di nuovo il ragionamento i bianco e nero con sottintesi del tutto indimostrati e soggettivi. Direi quasi ideologici. Ma un po’.
Per inciso: nel caso lo dicesse la mia coscienza (e visto che a quanto pare tieni parecchio alla coscienza delle persone) ti potrei freddare per pietà nel caso ti vedessi agonizzante in preda a spasmi da far intenerire persino la più feccia delle fecce o il tuo sistema di pensieri non va oltre la preghierina?
Ecco, bravo: hai svolto coscienziosamente il tuo compitino e adesso puoi andare a dormire con la coscienza a posto. Soprattutto senza illusioni: quelle lascia che siano gli atei a nutrirle, non chi, come te, sa con certezza che ‘aldilà’ lo aspetta una vita infinitamente migliore.
Certo però che questo inferno…
Ovviamente quanto sopra era per giuseppe.
Ne approfitto per riprendere il commento di FSMosconi che accenna in qualche modo a quanto avrei voluto ribadire anch’io… ma mi sono trattenuto perchè sicuramente avrei dato il pretesto a giuseppe – che non avrebbe mai capito – per ribadire la sua accusa (“ecco, avete visto”?) che gli atei pensano alla morte perchè non credono nella vita eterna… e per altro non avrei detto niente di nuovo per noi.
Infatti si tratta del solito eterno discorso. Suicidio, eutanasia, aborto – evocati dal nostro amico – possono certamente essere pensati e attuati dal non credente perchè, ritenendosi in diritto di disporre della PROPRIA vita liberamente, può anche rifiutarla per sè qualora ritenga che la sua sia in realtà una non-vita. In altre parole, è anche questa una scelta ‘per la vita’… ma per una vita che meriti davvero di essere vissuta, per sè e per gli altri che in qualche modo sono legati a sè… e a decidere nel merito non può che essere colui che la sta vivendo in proprio. Non scegliere perchè si crede nella vita eterna significa, ancora e sempre, considerare questa vita non per se stessa ma in funzione dell’altra.