Calogero Martorana*
Il titolo strizza l’occhio al noto lavoro di Sigmund Freud datato 1901 «Psicopatologia della vita quotidiana. Dimenticanze, lapsus, sbadataggini, superstizioni ed errori» allo scopo di riversare anche sulla credenza (religiosa) quelle che io considero piccole — ma significative — malattie della psiche.
In uno degli ultimi banchetti stradali del Circolo Uaar che coordino, abbiamo potuto focalizzare discretamente – attraverso i molti contatti avuti con la gente di passaggio – cosa si può intendere per «psicopatologia della credenza». Una simpatica trentenne che ci ha avvicinati, s’è dichiarata immediatamente atea e non battezzata, solleticando in noi uaarini un piacevole feeling; sennonché, prima di salutarci, alle condivisibili idee anti-religiose fin là espresse, ha aggiunto con soavità la propria eccezione per papa Wojtyla, entusiasticamente giudicato un grande, un foriero di pace, e finanche un illuminato. Un’altra giovane coppia, ugualmente auto dichiaratasi non cattolica e pronta allo sbattezzo, ha subito dopo preso le distanze dal nostro ateismo giacché uno «gnostico» (quindi nient’affatto ateo) e l’altra esoterista (quindi tutt’altro che razionale). I due esempi, ancorché campione non significativo, indicano bene le piccole psicopatologie che serpeggiano nel corpus della credenza.
Seguendo il ragionamento freudiano, l’uomo vive la sua esperienza psicologica su due diversi registri, che hanno modalità proprie di percepire la realtà: la coscienza, che tende a vivere la realtà oggettiva; e l’inconscio, che vive invece da subordinato giacché i suoi contenuti vengono sistematicamente repressi. Possiamo considerare il percorso del credente come una progressiva sedimentazione di queste repressioni, in termini di rinuncia al superare tutte le piccole/grandi «verginità» culturali e psicologiche: dal sentirsi normali perché credenti al rifugiarsi nelle preghiere, dal masturbarsi macerandosi nel peccato al convincersi che ci dev’essere per forza qualcosa dopo la morte. Tale sedimentazione può non essere sempre compiuta e risolutiva. In genere, sono tanti e tali i contenuti irrazionali — e soprattutto atavici e sedimentati — dell’inconscio, che la coscienza, sebbene rinnovata e rinforzata dalla maturità psicologica, spesso perde qualche battaglia e talvolta pure la guerra. Quali possono essere i contenuti-cascami di cui il credente non sa liberarsi?
Intanto, troppa gente abbandona la religione non per liberarsene ma per abbracciarne un’altra: sia essa una religione strutturata, sia essa una pseudo religione, sia essa l’ennesimo soprannaturale «altro»: spiritismo, satanismo, parapsicologia, esoterismo, ecc. Altre persone, pur abbandonando la religione, conservano o sviluppano — quasi sempre non ammettendoli — cascami infidamente para religiosi; parlo di scelte che sono non-scelte ma condizionamenti prodotti da cause non supervisionate da un raziocinio.
Veganismo, vegetarismo, animalismo
Un esempio per tutti, il veganismo, cioè quella rinuncia a mangiare tutto ciò che ha origini animale, che attuano i vegetariani estremi raccontandosela come un nuovo «stile di vita». Of course, non sono d’accordo. La mia — opinabilissima! — critica muove dal semplice perché si diventa obiettori di carne e derivati. So bene che si parla di salutismo, di scelta razionale e di rispetto per le specie animali. Ma alla base di questa non-scelta c’è un palese ragionamento etico/morale che, come tutti i ragionamenti di questo tipo, è l’espressione di un disagio profondo e doloroso.
Un mio amico non è vegano, è ancora solo vegetariano; nel senso che mentre è minuziosamente attento a non ingerire carni in nessuna forma o dimensione, non ha problemi a scofanarsi di pesce. A mio parere, ciò evidenzia bene la posizione sfacciatamente discriminatoria di chi fa tali (pseudo) scelte, a cui possiamo accomunare tanti altri tipi, per esempio gli animalisti, difensori di cani e gatti, ma non di pulci, coccodrilli e barracuda. La «scelta» del mio amico, in realtà trae origine da uno shock psicologico subìto per la perdita del suo amato cagnolino. Prima di quell’evento, infatti, lui era normalmente onnivoro, come Natura lo creò. Subito dopo ha cominciato a provare disagio a ingerire carni, ed in breve è approdato al vegetarismo, stando però accorto a coprirlo con argomenti dotti, primo fra tutti l’omnicomprensivo: è una libera scelta …
Invece no, la libertà finisce esattamente quando essa è il prodotto di qualcos’altro (nel suo caso, lo shock per la morte del cane). Non c’è ragione plausibile per passare dallo stato naturale di onnivori a quello parziale di vegetariani. In realtà, tutto si spiega semplicemente con una concezione sacralizzata dello stimolo primario dell’alimentazione e dell’esistenza in generale; sacralizzata, come detto, in modo incoerente: carne sì, pesce no; cani sì, zanzare no; vita animale sì, vita vegetale no.
Libero non è chi — castrandosi psicologicamente — si costringe a selezionare quel che deve o non deve ingerire; libero è chi conserva la propria potenzialità di ingerire tutto. Altrimenti si entra in un ragionamento di tipo «religioso», fatto quindi di taboo, di dogmi e soprattutto di credenze da sostituire alle informazioni. Difatti, per rinunciare alla carne non ci sono ragioni salutiste (le proteine vegetali non sono equivalenti a quelle animali), non ci sono ragioni mediche (la carne non fa danni «esclusivi» rispetto a molti altri cibi), non ci sono neppure quelle ragioni etiche così di moda, giacché legare l’alimentazione carnivora al rispetto di un essere vivente senziente non è più giusto che legare l’ingestione dell’insalata all’altrettanto rispettabile vita vegetale diversamente senziente.
La purezza della credenza
Attraverso questi — e molti altri — cascami sacraloidi, emerge il tema del tasso di «purezza» della credenza quotidiana. La credenza pura fa dell’irrazionalità un culto e prende atto di esserne un sottoinsieme; si pasce nei dogma e nelle verità assolute. Il «puro» coincide col «perfetto», nella balzana idea che credere in un dio si debba considerare un disincrostante della morale laica atto a raggiungere una qualche purezza esistenziale.
Sulla credenza sottoinsieme dell’irrazionalità: si fa compatire la mega superstizione del sistema-dio con la mini superstizione del gatto nero. La credenza o è irrazionale o non è. Sulla credenza fondata sui dogma: dei tre significati di «dogma» (opinione, dottrina e decisione) sicuramente la purezza credente guarda alla dottrina, non essendo né un’opinione né una decisione. Sulla credenza fondata sulla verità assoluta: la credenza pura crede di essere la concezione che combacia con quella verità; peraltro disprezzando i tentativi di confutarla di fronte a prove evidenti del suo contrario. La sicumera delle affermazioni credenti sono una difesa patetica che cerca di sostituire il nulla degli argomenti. Infatti, solitamente un credente si offende di fronte a un’affermazione netta della non esistenza di Dio; egli spera che un ateo si debba schernire nell’affermarsi ateo a tutto tondo.
Tutte queste che non mi astengo a chiamare debolezze psichiche, rendono faticoso il credere. Nella quotidianità di ciascuno, il credente è costretto a condividere gli spazi psichici di chi credente non è, o è diversamente credente, la qual cosa lo costringe a continui confronti. Non è una gara e non è necessario prevalere. Però questo lavoro stanca il credente e alla fine lo sclerotizza in una torre d’avorio.
Psicopatologie
Il sistema delle credenze religiose — che sono un sottoinsieme dell’irrazionalità così come l’ateismo è un sottoinsieme della razionalità — attacca le idee diverse dalle sue in molti e multiformi modi. Per esempio, concependo le relazioni umane attraverso la sciagurata lente dell’ubi major minor cessat. Nella presunzione (inutilmente coccolata) di appartenere a una maggioranza, il credente legittima qualsivoglia prevalenza, sia essa filosofica o politica, d’autorevolezza o di lignaggio sociale; giustificandola nientepopodimenoché con il placet e il volere del suo dio. Oppure barricando «gli altri» dentro usi e costumi che appartengono alla sua religione: e com’è bello e universale il Natale, e com’è santo e trasversale il messaggio della Pasqua, e com’è giusto commemorare i defunti (solo quelli dei cimiteri cattolici), e com’è normale avere in casa il calendario di frate Indovino, bla bla bla. Il credente convive pacificamente e incoscientemente con le proprie psicopatologie ma, quel che è peggio, è perennemente attratto dalla «mission» di renderle universali. Qualche esempio, benché viziato dalla visuale di un napoletano.
Farsi il segno della croce. Il braccio destro del credente standard scatta fulmineo di fronte a ogni ammennicolo sacro che incontra. La mano chiusa a pigna, in un lampo, unisce i puntini fronte-petto-spalla-spalla, formando una rudimentale croce per poi congiungersi alla sinistra nel segno dell’amen; e la stessa scena/saluto si ripresenta al passaggio di un feretro o transitando davanti a un cimitero. Penso, spero, che sia una sorta di saluto reverenziale, benché viziato dal rivolgersi a manufatti inanimati; perché se non lo fosse, l’ipotesi di Fritz Erik Hoevels sulla religione delirio collettivo andrebbe studiata a scuola…
Baciare i santini. Santiddio (ops!), ma perché? Perché sbavare sulle foto di santi e madonne? Capisco la nostalgia per l’idolatria strappata via dalla versione 1.0 dei Comandamenti, ma ‘sti credenti non hanno neppure un briciolo di conoscenze epidemiologiche?
Evitare di capovolgere il pane a tavola. Il pane, si sa, è il corpo di Cristo; non solo sul sacro altare ma pure sulle profane tavole dei cittadini credenti. È probabile che il commensale credente pensi che la transustanziazione si attivi non solo durante il clou grandguignol della Messa, ma pure in barba a salumi, sughi e gratta formaggi coopresenti su quella tavola. Difatti, guai a fargli vedere una rosetta o uno schizzotto con la pancia in giù! Resta misterioso come fa quel credente a capire quale sia il lato irriverente, dal momento che non tutte le forme (si pensi alla tubolare baguette) si avvalgono di una «base» in grado di ricordare le spalle di Vostro Signore.
Abbigliarsi di monili cruciformi. L’ostentazione è di per sé una caduta di stile. Ma quando trasforma un essere umano in una bancarella ambulante di gadgets cristiani, siamo al cospetto di una sofferenza psichica di urgente profilassi. Non è un problema di vietare o concedere, trattandosi di libera sfera privata; però spernacchiare in giro il proprio orgoglio cristiano è più da venditori d’enciclopedie che non da timorati di Dio.
Fare un fioretto. Questa masochistica tendenza significa limitarsi di qualcosa per onorare Dio. La Chiesa non lo vede di buon occhio perché è una pratica non dissimile dal comprarsi i favori di Dio; ciononostante, è molto praticata. Orbene: quali sono le cose di cui privarsi onde soffrire in onore di Dio? L’acqua o il cibo a cui ciclicamente rinuncia Pannella? Attuare le astensioni che inaugurò Lisistrata? No. Sono sempre e solo stramberie da verginelle anoressiche: rinunciare al caffè quotidiano per una settimana, limitare i dolciumi, non mangiare gli gnocchi il giovedì, perdersi una puntata del Grande Fratello. Dopo di queste epocali rinunce, Dio dovrebbe riconoscere al fiorettante un cadeau?
Ai posteri l’ardua sentenza.
* insegnante, coordinatore del Circolo UAAR di Napoli.
Non sono per nulla d’accordo sulla parte dedicata al vegetarismo. Scelta che ho fatta mia perché, dal momento che non cibarsi di animali non mette a rischio la mia salute (non raccontiamoci palle, questo dice la scienza medica), ho razionalmente scelto di alimentarmi nel modo meno cruento possibile.
E mi dispiace, ma rifiuto di pensare che qualcuno creda seriamente che un agnello sgozzato soffra tanto quanto una foglia di insalata strappata da terra e che quindi non possano essere fatte distinzioni tra le due azioni.
Non è che ad essere incoerenti sono i cossiddetti onnivori obbedienti a Madre Natura che fanno distinzione tra il loro cane a cui fanno le coccole e il maiale che scotennano (o meglio, lo fanno fare ad altri: loro forse sono già troppo “castrati”), distinzione questa sì che non ha basi scientifiche.
Quanto alla parte sulla Natura che Onnivori Ci Creò (e noi ovviamente le dobbiamo obbedienza cieca, peccato che la natura ci abbia dato il raziocinio che ci lascia scegliere di vivere come vogliamo): mi viene da dire, che comodo succedaneo di Dio, questa Natura!
Più in generale, cosa dovremmo dire? Che ogni scelta etica consiste nel castrarsi psicologicamente? Quindi dobbiamo deplorare la castrazione psicologica di chi ad esempio sceglie di non uccidere altre persone, senza conservare la potenzialità di uccidere chi gli pare?
Scusate il pippone, ma mi inalbero leggermente quando leggo queste cose. Poi personalmente io ho anche molte riserve da un punto di vista epistemologico su Freud e i suoi epigoni, ma questa è un’altra storia.
Beh! Le motivazioni salutistiche sono false. Detto questo gli animali da macello dovrebbero essere trattati meglio. In America il trattamento è, a dir poco, disumano. Per intenderci: in una fabbrica strappavano i testicoli ai maialini neonati senza anestesia(mi sento male!).
Detto questo, il consumo di carne sta diventando sempre più insostenibile dal punto di vista ambientale(se si consumassero solo verdure la fame nel mondo non ci sarebbe!). Secondo molti scienziati in futuro o impareremo a produrre la carne in laboratorio, ad allevare i pesci ecc. oppure dovremo sempre piùrinunciare alla carne e al pesce. In Giappone iniziano già a mangiare prodotti fatti col plancton- che schifo!- e il tonno sta per finire. Bisognerà comunque anche aumentare in modo ecosostenibile la produttività del terreno. Fatta questa precisazione, mangiare in maniera vegetariana resta una difficile privazione perchèl’evoluzione ci ha fatti onnivori. Non possiamo farci nulla e personalmente ritengo stupido andare contro la natura umana per un ideale: per me non c’è differenza fra chi non mangia carne e chi si astiene sessualmente per far piacere al suo dio! Probabilmente si dovrà cercare un compromesso. Ciò non toglie che moltissime volte i vegetariani si comportino in un modo pseudoreligioso. Infine vorrei dire una cosa: gli animali avranno anche vari livelli di coscienza, ma prima veniamo noi(cercando però di non farci del male da soli), e POI loro. Se io devo scegliere fra sacrificare tre animali in un esperimento o far morire un bambino per una malattia o far ammalare un anziano di Parkinson, io scelgo senza esitazione di sacrificare gli animali, che siano cani, gatti, scimmie, topi o criceti! Questa è la mia opinione. Liberi di dissentire.
“per me non c’è differenza fra chi non mangia carne e chi si astiene sessualmente per far piacere al suo dio!”
per me invece non c’e’ differenza fra chi mette lo zucchero nel caffe’ e chi si astiene sessualmente per far piacere al suo dio!
Penso che dopo questa trattazione, una delle più belle cose che ho letto, ci sia poco da fare
per i deliranti troll che partecipano a questo blog.
Caro Calogero hai fatto una cosa bellissima.
Be’, grazie, ma vedrai: queste idee saranno rietenute anche maledettamente scorrette da qualcun altro …
Sono contentissomo per te che questa trattazione sia una delle più belle cose che hai letto! Ti posso anticipare che se continui a leggere un po’ avrai delle soddisfazioni inimmaginabili.
Sono contento che condividi la mia gioia.
Ho letto anche l’Epopea di Gilgamesh,ti posso anticipare che se lo leggerai un po’ avrai delle soddisfazioni inimmaginabili.
“stato naturale di onnivori”
con la stessa logica potremmo parlare di “stato naturale di schiavisti”
nelle società umane primitive ci sono sempre stati padroni di schiavi
e senza andare tanto lontano anche alcuni illuministi avevano schiavi e ritenevano normale averli
poi si e’ usciti da questo “stato naturale”
lascerei quindi alla Chiesa Cattolica parlare di stato (o diritto) “naturale”
Mica tanto. L’osservazione di alcune caratteristiche va verso l’essere onnivori: la configurazione dei denti, con la presenza di canini sviluppati, la insignificanza dell’intestino cieco, lo stomaco che non rumina, anzi, non può demolire cellulosa ma va benissimo col glicogeno delle carni… insomma, può darsi che il dibattito sia aperto, ma svolgiamolo in ambito scientifico. In questo solo senso parlo di “Natura”, per non mischiare il discorso “etico”, quello sì, di chi abbandona la carne (e perché non i legumi o i dolci…?). L’alimentazione è campo delle religioni almeno quanto il sesso: ragioniamoci.
mica ho detto che siamo inadatti a magiare carne (anche se probabilmente solo di recente lo siamo diventati, penso che per milioni di anni l’alimentazione dei nostri progenitori fosse vegetale)
possiamo farlo e possiamo non farlo
questioni di scelte, in alcuni casi religiose, in altre individuali
l’uaar e’ per l’autodeterminazione, quindi viva il vegetarianismo se è una scelta individuale
e abbasso chi sostiene che tale scelta sia contro presunte leggi di “Natura”
quindi: abbasso me 🙁
dico la stessa cosa, solo che giudico quelle scelte delle pseudoscelte derivanti da altro.
“Libero non è chi — castrandosi psicologicamente — si costringe a selezionare quel che deve o non deve ingerire; libero è chi conserva la propria potenzialità di ingerire tutto. ”
Io mi rifiuto di mangiare fegato e trippa, e’ grave? vuol dire che ho una credenza psicopatologica? boh, per quanto atea questi attacchi a vegetarianesimo e veganesimo non li ho mai capiti. Chi se ne frega se uno decide di non mangiare carne o pesce o entrambi, o evita uova e miele? saranno fatti suoi? Io mangio si e non una volta al mese la carne e ancora meno il pesce. Non mi piacciono. Non sono capece ne’ mi piace cucinarli, e mi fa schifo l’odore delle macellerie. D’altra parte quando vado alla trattoria in montagna e mi servono un bel piatto di tagliatelle al cinghiale non mi faccio nessun problema etico ne’ morale. Sono patologica? si, forse, ma non impongo a nessuno la mia scelta, ne’ lo fanno vegetariani o vegani. Mi sembra che ci siano abissali differenze fra questo e le religioni, e metterle insieme lo trovo non solo offensivo, ma anche sciocco.
“l’ateismo è un sottoinsieme della razionalità”
a meno di non cambiare il significato della parola ateismo, ciò non è vero
ateismo = non credere all’esistenza di divinità
esistono atei che hanno credenze irrazionali (ad es. astrologia), e che possono essere essere chiamati atei come da dizionario della lingua italiana
non a caso l’UAAR aggiunge l’aggettivo “razionalisti” ai sostantivi “atei” e “agnostici”
Già l’avrò scritto altrove: il dizionario non offre una completezza del termine “ateo”, dobbiamo aggiungecela noi. Un ateo non solo non crede a un dio ma non crede a tutto il sistema-dio, che è fantasmagorico. Ora, come può nello stesso momento credere invece a un sistema ridotto ma altrettanto fesso ( = vuoto) come l’astrologia? Se non altro, sarebbe illogico … ma un irrazionale potrebbe vantarsi dell’illogicità. Viceversa, se non credi al sistema-dio (con angeli, santi, paradiso, vita oltremondana, diavoletti, pene da espiare, tribunali sulle nuvole, fine del mondo, profeti azzeccagarbugli, messia, mamme vergini, miracoli, sortilegi, apparizioni mariane, voci e compagnia bella) come potrai mai credere a una cosa molto più sciuè sciuè come la cabala senza essere un ateo “fallace” in quel punto?
Calogero, ateo vuol dire che non crede nelle divinità. Punto.
Non capisco chi sia quel “noi” che dovrebbe manipolare il senso di una parola patrimonio della lingua italiana (e non solo).
Io no di certo, lascio queste strumentalizzazioni alla Chiesa Cattolica, che tenta di ridefinire il laicismo, di definire la laicità “sana”, ecc. ecc.
manipolare? io rimandavo al necessario completamento di quel concetto; il “noi” è discorsivo. il vocabolario non è certo in grado di sostituire un ragionamento. e ateo, carissimo, non è solo chi non crede alle divinità come zingarelli dice ma, come esponevo io, è chi crede a una infinità di cose legate a quelle divinità e alla parapsicologia in genere (si chiama “definizione estensiva”). punto.
ps: ora limito le risposte altrimenti annacquo il numero degli interventi. però non mi provocate 😉
– Un mio amico non è vegano, è ancora solo vegetariano; nel senso che mentre è minuziosamente attento a non ingerire carni in nessuna forma o dimensione, non ha problemi a scofanarsi di pesce –
Il tuo amico evidentemente usa la parola “vegetariano” in modo scorretto… guarda sul dizionario. Molti di coloro che si riconoscono come “vegetariani” non mangiano nè carne nè pesce, dunque discriminano fra – ammettendo che non abbiano problemi a schiacciare una zanzara – vertebrati e non-vertebrati, non semplicemente fra mammiferi e non-mammiferi.
– sacralizzata, come detto, in modo incoerente: carne sì, pesce no; cani sì, zanzare no; vita animale sì, vita vegetale no. –
In che senso “incoerente”? Perchè? fra i mammiferi e i pesci intercorrono 400 milioni di anni di differenziazione. Fra i topi e gli umani solo 60. In quale mondo sarebbe incoerente distinguere fra mammiferi e pesci mentre sarebbe “normale” distinguere fra umani e non-umani? Fra animali e piante intercorrono almeno 500 milioni di anni. Ovviamente non è solo una questione di tempi, dovrebbe essere chiaro perchè un cane merita meno sofferenze rispetto ad un abete, per lo stesso motivo per cui un feto è sacrificabile per il bene della madre mentre un bambino già nato non lo è.
– giacché legare l’alimentazione carnivora al rispetto di un essere vivente senziente non è più giusto che legare l’ingestione dell’insalata all’altrettanto rispettabile vita vegetale diversamente senziente. –
non vedo perchè questo ragionamento dovrebbe valere di principio… eppure si fanno distinzioni fra feti e bambini, fra feti ed embrioni, fra comatosi in stato vegetativo e coscienti. Perchè invece quando si fanno distinzioni fra vita vegetale e animale dev’esserci per forza l’irrazionalità del vegetariano? Uno non può semplicemente rendersi conto che una mucca soffre mentre una carota no?
Tu stai dicendo che non è una libera scelta il decidere come alimentarsi… una cosa che riguarda solo l’ambito personale. Vedo altrettanto flirt con la religione nelle tue affermazioni (ora arrivi tu che nella tua immensa saggezza decidi quale alimentazione è più “libera”) che nel più spinto dei vegani. Perchè distinguere fra animali e piante sarebbe discriminatorio e indice di una mentalità sacralizzante mentre non lo sarebbe distinguere fra umani e non-umani?
Veganismo, vegetarismo, animalismo.
La trattazione dell’argomento succitato è irrilevante nella trattazione generale
del pezzo, quindi calma ragazzi,cercate di capire l’essenza del discorso.
Non saprei…
Io fin da ragazzino non mangio carne e derivati e molluschi, ma fatico a inquadrarmi in quanto descritto. Ah, non mangio neanche derivati del cacao.
Appena ho potuto ho eliminato questi cibi dalla mia dieta semplicemente perché al mio palato risultano sgradevoli, senza nessuna infrastruttura etica o castrazione psicologica. E son stufo di sentirmi dire «Ma come? Perché non hai assaggiato pincopallo come lo cucina Tiziocaio!»
Se a una persona non piacciono i film western sarà mica obbligata a guardarli di tanto in tanto se vuol essere davvero “libera”. Ci potrà essere un po’ di pregiudizio, ma se dopo averne visti centinaia non si è appassionato al genere non ci vedo tutto sto gran problema.
Comunque evidentemente si prendeva in esame un vegetariano che lo è per motivi altri dai miei.
Comunque, riguardo alla “potenzialità” di ingestione, credo che anche lei sia con grande probabilità vittima di “un ragionamento di tipo «religioso», fatto quindi di taboo, di dogmi e soprattutto di credenze da sostituire alle informazioni”. Non credo ad esempio che lei sia un gran divoratore di carne di scimmia o di cane, di lombrichi o di carne umana (magari quest’ultima qualche controindicazione medica ce l’ha pure, non saprei). Certo in “potenza” potrebbe farlo ma di fatto rinnova quotidianamente la scelta di non metterla in atto perché tabù per la sua cultura. Certo lei non la vivrà come una gran rinuncia o una castrazione psicologica o una limitazione della sua libertà (pur essendo, alcuni alimenti, effettivamente ed arbitrariamente fuori legge sulla base di tradizioni e non per ragioni mediche: mucche sì cani no).
I western nemmeno a me fanno impazzire. Ma non sovverta la logica: non mi devo obbligare a guardarli per esprimere la mia libertà, viceversa capisco di essere libero se non salto dalla sedia ogni volta che ne trasmettono uno e chiudendo gli occhi vado di là …
No, non mangio carne di cane e neppure quella umana (forse la carne di un credente sì, dipende da quanto mi fa incazzare 🙂 ) ma questo è un fatto culturale: infatti in indocina, in vietnam e in altre zone mangiano “di peggio” senza problemi.
Calogero Martorana, avrebbe fatto bene a parlare del fanatismo che può prendere il veganismo, così come può esistere anche un fanatismo ateo, ha sbagliato a generalizzare.
Credo che quando una persona mantiene le proprio opinioni a livello personale senza imporle agli altri, non sia affetta da nessuna psicopatologia. Questo penso sia vero per atei, vegan e credenti etc.
Caro Francesco S. (e spero non S. Francesco 🙂 ) concordo sul fanatismo. Si tratta però di stabilire le proporzioni dei fanatici fra le categorie che citi; io spero che gli atei “razionalisti” siano un po’ meno fanatici in generale. Sarebbe opportuno andare a vedere quanti atei siano anche vegan e quanti no…
No, non sono S. Francesco, anche se davanti casa ho un convento a lui intitolato. 🙂
Ottima analaisi. Personalmente mi stimola in ogni caso (non so se vale anche per te) due considerazioni, per altro già più volte da me qui espresse:
a) riconosciuto a Freud il contributo inestimabile recato alla conoscenza sempre più approfondita dei comportamenti umani, credo che non necessariamente i lapsus di cui parla siano da attribuire ad una, sia pur lieve, patologia… o meglio, possono manifestarsi come patologie, ma hanno la loro radice in un pensiero magico-religioso a sua volta riconducibile alle esigenze proprie della condizione umana. Non credo che questo sia un inutile – perchè scontato – risalire ad Adamo ed Eva… ma un qualcosa da tener sempre presente per capire meglio il fenomeno religioso. Che è di per sè una patologia, ma curabile solo se, come suol dirsi, non si getta l’acqua sporca assieme al bambino;
b) proprio tenendo conto di quanto richiami con grande chiarezza e molto opportunamente (spesso l’abbandono di ‘una’ religione non significa affatto liberarsi ‘dalla’ religione), credo che il concetto di ateismo vada esteso ben al di là dell’alienazione provocata dalle religioni storiche, istituzionbalizzate, e che ‘teo’ possa essere preso a simbolo di tutte le forme di alienazione. Perchè le rappresenta meglio di tutte.
Il tema è molto interessante: conosco numerose persone che pur professandosi atee e scettiche riescono comunque a non applicare il metodo dubitativo e scientifico negli altri ambiti della vita. È probabilmente una forma di incoerenza dettata dalla normale necessità del cervello di trovare rassicuranti scorciatoie e non dover ragionare e mettere sempre in dubbio ogni questione. Ci sono quelli che si dedicano ad altre forme di spiritualità, quelli che si abbandonano in maniera acritica alle medicine alternative, quelli che vivono di complottismi e quelli che profetizzano le qualità di prodotti non reperibili fra le normali diffusioni del mercato.
Secondo me, paradossalmente, l’autore dell’articolo è uno di questi. Per esplicare la sua tesi (vera) argomenta con luoghi comuni (falsi).
Bisogna essere un po’ ignorantelli per voler scrivere un articolo tanto lungo senza sapere neanche che il vegetarianesimo esclude carne rossa, pollame e pesce. È una definizione precisa che fa crollare l’intero paragrafo dedicato all’argomento.
Sono un carnivoro convinto e bongustaio, e mi scontro quotidianamente con la coinquilina vegetariana per via di alcune argomentazioni che ritengo deboli o inconsistenti, se non addirittura mendaci. Ma bisogna ammettere che la comunità scientifica, tramite ricerche e pubblicazioni su riviste ufficialmente riconosciute suggerisca che una dieta a base prevalentemente vegetale ha vantaggi
1) dal punto di vista salutare e medico – per chi se lo può permettere (non io che sono anemico per esempio) – ma è riconosciuto che questa dieta possa apportare benefici alla salute nella prevenzione e nel trattamento di diverse malattie. Citando da Wikipedia:
“I vegetariani vedono ridursi fortemente i rischi di obesità, stitichezza atonica, cancro del polmone e alcolismo. Ugualmente ridotto è il rischio di ipertensione, coronaropatia, diabete di tipo 2 e calcoli biliari. Come altre diete prive di carni rosse, quelle vegetariane riducono il rischio di cancro al colon, mentre sono ancora scarse le evidenze relative alla riduzione del rischio di cancro al seno, diverticoli, calcoli renali, osteoporosi, erosione dentale e carie dentali.”
Certo vengono a mancare alcune componenti importanti come la vitamina B12 e il ferro, per cui dal punto di vista medico è più consigliabile la semplice moderazione nel cibarsi di carne.
2) dal punto di vista etico – o meglio ambientale. Perché per produrre un determinato valore di proteine vegetali è necessario un tot di energia, mentre per produrre lo stesso quantitativo di proteine animali è necessario un centinaio di volte tanto quell’energia, per produrre prima i vegetali che saranno di nutrizione per l’animale che poi deve essere trasformato in cibo. Visto che questo secolo sarà il secolo in cui dovremo rivoluzionare il sistema di produzione energetica e di produzione alimentare per far fronte alla sovrappopolazione, uno spostamento di massa delle abitudini alimentari verso le basi vegetali sarebbe necessario. E non prendo neanche in considerazione la questione nitriti nelle acque dovuti agli allevamenti intensivi e l’abuso degli antibiotici che stanno inquinando in maniera progressiva e irreversibile le falde acquifere.
Bisogna essere ignorantelli, per scrivere senza documentarsi ma affidandosi a “sentito dire”, per parlare di debolezze psichiche altrui affidandosi a luoghi comuni triti e ritriti. Ignorantelli, oppure presuntuosi.
“ubi major minor cessat”….maior? cos’è svedese?
m’è scappata una j … pignolo! 🙂
@ Calogero Martorana
Il braccio destro del credente standard scatta fulmineo di fronte a ogni ammennicolo sacro che incontra. La mano chiusa a pigna, in un lampo, unisce i puntini fronte-petto-spalla-spalla, formando una rudimentale croce
Perché sbavare sulle foto di santi e madonne? Capisco la nostalgia per l’idolatria strappata via dalla versione 1.0
Evitare di capovolgere il pane a tavola
Sono sempre e solo stramberie da verginelle anoressiche
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L’articolo è piuttosto triste a mio parere, esplicita soprattutto una mancanza di tolleranza verso posizioni diverse dalle proprie.
Alcuni appunti personali.
Che ogni credente faccia il segno della croce davanti ogni “ammennicolo” come li chiama lei non mi risulta.
Poi se a lei genericamente dà fastidio che le persone si facciano il segno di croce sono fobie sue.
Lei non lo faccia e stia sereno.
Le persone a cui si vuole bene si baciano, poi venerazione e adorazione sono cose diverse.
Quella del pane a tavola non l’ho mai sentita, comunque per un senso di ordine normalmente non capovolgo sul tavolo nè pane nè piatti, ma non per adorazione del pane o del piatto.
L’ultima espressione che ho richiamato non la commento…si commenta da sè.
A quando il prossimo banchetto e dove? La conoscerei volentieri.
Gent. sig. Martorana, la lettura del suo intervento mi ha imbarazzato non poco perchè è la conferma che anche siti come questi non sono immuni dal pernicioso seme dell’ideologia e del pregiudizio ereditato dal pensiero religioso e semplicemente rivisitato in chiave ateo-razionalistica. Sono diventata vegetariana circa cinque anni fa perchè ho capito che si trattatava di un passo evolutivo reso possibile dal nostro livello di civiltà e dal contesto socio-ambientale in cui viviamo e ho sentito che ero pronta ad affrontarlo con buon senso e curiosità. Questo passaggio mi ha reso molto più attenta a quello che mangio, mi ha fatto scoprire e apprezzare gusti e sapori che non credevo esistessero, mi ha resa più consapevole del funzionamento del mio corpo e dell’ecosistema in cui vivo. Mi sento molto più libera adesso di quando guardavo con malessere i camion carichi di animali stipati che sfrecciano in strada con il bello e il cattivo tempo. Ho poi scoperto che la dieta vegetariana, e addirittura quella vegana sono giudicate sostenibili, se non benefiche per la salute umana, dalle più alte autorità scientifiche e sanitarie di livello mondiale. Aggiungo poi che anche gli ambientalisti sembrano avere le idee chiare sulla questione: uno dei problemi dibattuti su questo sito, la crescita esponenziale della popolazione terrestre, ha connessioni innegabili proprio con la produzione e il consumo di carne e pesce. La invito a leggersi qualcosa sulle connessioni tra specismo – sessismo e razzismo (vedo con piacere che il circolo UAAR di Milano propone incontri e informazioni sull’argomento). Per il resto, sono disponibile a fornirle tutta la bibliografia e filmografia in materia. Del resto, da appassionata relativista qual sono, so benissimo che la mia scelta non cancella ma riduce soltanto lo sfruttamento delle altre specie più simili a noi, e accetto con umiltà questa tragica contraddizione dell’esistenza su questo pianeta. Non amo coloro che vogliono instaurare una dittatura “animalista”, anche se ne capisco le motivazioni, ma faccio quello che posso perchè per es. nelle mense scolastiche si dia più spazio ad un menù alternativo (che, tra l’altro, risolverebbe pure le annose questioni dei cibi halal etc… ) Le auguro di cuore di incontrare un vero amico vegetariano che le faccia apprezzare le sublimi vette della culinaria cruelty – free; le auguro di poter convivere con qualsiasi animale che le dimostri con semplicità le differenze che passano tra una carota e un essere sicuramente senziente, a volte cosciente, e che questo le procuri benessere e gioia.
Le consiglio di ascoltare con più senso critico le affermazioni degli amici, uno che mangia pesce non è vegetariano, è ha poca dimestichezza con il vocabolario italiano.
Gentilissima, sulla dimestichezza per l’italiano, le consiglio di rileggere la sua ultima frase <> in cui la copula non copula affatto 🙂 Veniamo alle cose serie. Sul vegetariano evoluto ho qualche perplessità, se permette. Siamo allo stesso livello della sacralizzazione delle vacche in India, ammenocché lei non intenda evolutivo l’applicazione della sacralità al cibo. Giacché di questo si tratta: scelta etico/morale alla luce di qualche argomento animalista. Di più: tale orientamento presuppone una scala valoriale fra animali, noi compresi, ma ignora la “naturale” catena alimentare per cui io umano – non a caso strutturato morfologicamente alla bisogna (veda risposta più su a Roberto) – posso (non già DEVO, eh!) commestire altri animali. Punto. Rinunciare a ingoiare carni? Va bene; ma si riconosca questa come una scelta con argomento “religioso” senza filosofeggiare pià di tanto. Finisco con la cucina: per me vale “mangio ciò che mi piace”, e questo comporta la massima libertà di ingestione. Saluti.
“siti come questi non sono immuni dal pernicioso seme dell’ideologia e del pregiudizio”
su siti come questo si discute e ci si confronta
quindi ben venga un contributo come quello di Calogero, anche se in diversi punti non lo condivido
e ben venga la tua replica
aggiungo che – chissà – potrei anche scrivere per provocare … 😉
Sì infatti Calogero ha stimolato comunque una discussione, non c’è nessun “seme dell’ideologia” e come può vedere mica tutti sono d’accordo con lui.
@Calogero
Se dovesse arrivare un certo Artemio, non replichi proprio, si tratta di un vegan-fanatico che le dirà che è un “assassino specista” e che giustifica la violenza per portare avanti le sue idee (parole sue). In tal caso la prego di ignorarlo per il bene della comunità virtuale. Qui un esempio di discussione che il tizio porta avanti (http://www.uaar.it/news/2011/09/27/albenga-sv-enpa-no-carne-halal-nelle-mense-scolastiche/ commento delle 13:59)
Bisogna essere molto ignoranti per accostare il vegetarianismo alle credenze religiose o alle psicopatologie. Anche se lei frequenta delle persone scombinate, egregio sig. Calogero Martorana, non ha comunque il diritto di fare della sua esperienza personale e delle sue conoscenze personali la regola. I vegetariani NON mangiano pesce. Chi si dice vegetariano e mangia pesce ha davvero qualche irrisolto con il proprio cervello. Non ci sono ragioni plausibili per diventare vegetariano? Ne è proprio sicuro? La invito caldamente a visionare questi due video:
http://www.youtube.com/watch?v=0svQC2Kueoo
http://www.youtube.com/watch?v=TyuXhY0bKeY
Ne è ancora convinto, adesso? I suoi discorsi sono del tutto paragonabili a quelli dei fondamentalisti cattolici, che non riescono a riconoscere, dall’alto delle loro credenze radicate nei secoli, la rispettabilità delle scelte altrui. Lei parla a sproposito e utilizzando termini impropri. Non mangiare carne, per un vegetariano, è una privazione e una rinuncia tanto quanto non credere in dio e nelle storielle veterotestamentarie per un ateo. Inoltre le consiglio di aprire un buon dizionario della lingua italiana e cercare la parola senziente. Ora, forse, avrà una vaga idea di quanto sciocche siano state le parole che ha pervicacemente speso in favore della sua causa. Scommetto che lei è uno di quei sedicenti amanti degli animali, di quelli che li rispettano, e poi a tavola non si fa nessun problema a “scofanarsi” di qualunque porcheria fatta di carne le venga servita. D’altronde già dal suo viso si nota tutta l’insalubre abitudine a ingozzarsi di alimenti tra i più disgustosi, vista l’abbondanza di grasso. Ne riparliamo quando avrà a che fare con qualche malattia cardiovascolare.
Una volta un uomo scrisse: “Niente aumenterà la possibilità di sopravvivenza della vita sulla Terra quanto l’evoluzione verso un’alimentazione vegetariana”;
E un altro, prima di lui: “Veramente l’uomo è il re delle bestie, poiché la sua brutalità eccede quella di queste. Noi viviamo della morte altrui: siamo luoghi di sepoltura!”.
Psicopatologia della credenza quotidiana…
La parte dedicata al vegetarismo è opinabile in un punto, perché non prende in considerazione il fatto che molto spesso la scelta di diventare vegetariani è vissuta come una sorta di atto di protesta contro le condizioni di vita e di morte imposte agli…
Il pane si serviva in tavola rovesciato, tradizionalmente, al boia, in segno di disprezzo per il suo “lavoro”.
Ed ecco perchè ancor oggi non si serve il pane rovesciato, perché è un insulto implicito al commensale, è dargli del boia.
Se offrissi il pane rovesciato ad un dio? Uhm…
Be’… però nessun o lo licenziava.
Una punta d’ipocrisia appena accennata, forse c’era. Mi ricorda la storia di quel rito celebrato nell’antica Grecia in cui, in occasione di un sacrificio bovino, si inscenava la “catena delle responsabilità” sulla base di una sorta di “fiera dell’Est al contrario”: “Chi ha ucciso la mucca?” – “è stato l’officiante”… “No: è stato chi gli ha commissionato il sacrificio”… “No: è stato quello che gli ha procurato il coltello”… “No: è stato il coltello!”
Articolo interessante. Sul diventare vegerariani, una ragione moderna per mangiare meno carne consiste nel fatto che la produzione di carne inquina e consuma risorse in quantità maggiore rispetto alle produzioni vegetali. Almeno finché non verrà inventato il modo di produrre proteine animali con tecniche diverse (la cosiddetta bistecca sintetica). Spesso è solo questione di mode. Mangiare carne fa bene come fa bene mangiare ogni altro alimento.
Peraltro, se il tuo amico vegetariano sapesse che il salto di qualità nell’espansione del nostro cervello (da 350-400 gr a 700 gr e oltre) si è avuto proprio in ragione del fatto che è aumentata in australipiteco afarensis la quantità di proteine animali ingerite, forse cambierebbe parere sull’argomento. Non a caso le altre specie di australopitecine non afarensis (robustus, africanus, ecc.) si sono estinte prima di dar vita ad homo erectus proprio perché puramente vegetariane, come ci hanno dimostrto le ricerche dei paleoantropologici e dei paleopsicologi cognitivi.
– Di più: tale orientamento presuppone una scala valoriale fra animali, noi compresi, ma ignora la “naturale” catena alimentare per cui io umano –
Io sono vegetariano e non “ignoro” la naturale catena alimentare. Ma che valore ha la “naturalità”? Nessuno. L’essere naturale non conferisce alcun valore etico ad un’azione. Questo è il mio ragionevole punto di vista. Chiamalo religione, io lo chiamo ragione. Perchè anche l’etica può essere trattata con razionalità. Io l’ho trattata con la mia razionalità e ho concluso che sostenere un business che si basa sull’uccisione di animali non vale quanto la soddisfazione che provo a mangiare un petto di pollo. Non vedo affatto la mia come una religione… è tutt’altro che una religione, semmai la tua sarà una religione! (alzi una palizzata inesistente che separa l’essere umano dagli altri animali). Tu puoi continuare a dire che ognuno ha diritto di esprimere le proprie opinioni e che tu continui a ritenere il vegetarianesimo come una religione, fa pure, io ti avverto che ti stai basando sul pregiudizio e sulla cattiva informazione.
Se dovesse esserci un referendum, io non avrei problemi a votare una legge che metta in carcere chi ammazza una mucca (o chi mangia la sua carne per sostegno a crimine). Lo dico liberamente. E non vedo come possa io essere un fanatico. D’altronde se uno uccide un essere umano viene punito, indipendentemente dalle sue “scelte personali”, allora mi chiedo io perchè non dovrebbe esserlo se uccide una mucca… questo presupporrebbe una palizzata che separa l’essere umano dagli altri animali… dov’è questa palizzata?
“…vita vegetale diversamente senziente…”. Martorana, la “vita” vegetale non può essere né diversamente né poco né molto senziente. Le piante non hanno sistema nervoso, quindi non soffrono se vengono estirpate dal suolo o tagliate. Diverso discorso per le mucche portate al macello. Quindi è apprezzabile il comportamento di chi decide di non mangiare animali perché non vuole farli soffrire. Non capisco in base a quale ragionamento si possa definire questa una scelta religiosa. Anzi, è una scelta razionale ed eticamente lodevole. Mi dispiace, Martorana, ma ha “toppato” di brutto.
Pongo 2 domande ed una considerazione;
1) che è vegeteriano, vegano, … immagino sia contrario alla violenza: mangerebbe un uovo non fecondato dal gallo o ad es. una gallina uccisa da una faina che però non l’ abbia mangiata ? In un caso non c’ è stata violenza, nel secondo sì, ma da parte di un altro animale e non di un uomo, e comunque si previene la violenza di tutti gli esseri che vivono di cadaveri (mosche, funghi, protozoi,…);
2) più di un nutrizionista afferma che gli animali sono fondamentali almeno per le donne fertili: niente animali, quindi poco ferro, quindi amenorrea, con tutti i problemi del caso; non ho mai sentito donne vegane e/o nutrizioniste femmine sull’ argomento;
3) dire, più o meno, che ridurre il consumo di carne, riduce il bisogno di quelle mostruosità degli allevamenti intensivi, finisce per elevare al livello di legge naturale quello che è in gran parte una stortura del sistema. Gli allevamenti intensivi, con conseguenti inquinamenti azotati, deforestazioni, uso massiccio di antibiotici che selezionano microbi resistenti, …, sono causati molto di più da natalità folli (toh, indovinate quali sono i peggiori nemici di pillola, coiti non vaginali, copule durante le mestruazioni, in cui ci si diverte, ma, “ahimè”, non ci scappa il ragazzino ?); uscita dalla porta, rispunta dalla finestra una “laicità devota” di cui certo è difficile sentire la mancanza.
1. Io sono vegetariano e basta e mangerei anche un uovo fecondato (se il suo occupante non è più grande di qualche decina di cellule, in caso contrario più che darmi problemi etici – in fondo un embrione di umano come di pollo ha la sensibilità di un girino – mi farebbe effetto). Nel mio caso ho sviluppato con l’arrivo del vegetarianismo anche una certo schifo verso la carne. Non penso tu riusciresti ad esempio a mangiare tuo fratello, ad esempio, oppure il tuo cane. Io estendo questo a tutti gli animali. Dunque non mangerei una gallina uccisa da una faina.
2. niente animali – poco ferro. Il ferro c’è solo negli animali? No. Dunque c’è qualcosa che non quadra nel ragionamento. In ogni caso l’avvento della carne sintetica è dietro l’angolo. Si prende una cellula staminale di vacca e la si programma in modo che si moltiplichi. Problemi etici e “termodinamici” risolti. L’unico problema saranno le orde di co***ni che nella loro ignoranza crederanno che il sapore “sarà quello della plastica”.
3. evidentemente non hai coscienza del fatto che le vacche vanno nutrite con qualcosa. Gli allevamenti intensivi non esistono a causa della natalità, bensì la natalità esiste MALGRADO gli allevamenti intensivi. L’elevata natalità non è un problema dappertutto, è un problema principalmente nel terzo mondo. E nel terzo mondo non ci sono allevamenti intensivi! Gli allevamenti intensivi sono in occidente dove c’è una grande domanda di carne, ma non perchè c’è elevata natalità… ma perchè la gente se la può permettere. E ovviamente le mucche consumano cereali (se non direttamente, consumano cibo che è stato prodotto sul terreno e con le risorse con cui si sarebbe potuto produrre cereali – che altro se no?) che potrebbero sfamare gente del terzo mondo. Se uno si sfama con una mucca, toglie il cibo con cui sfamarsi a molta più gente.
– uscita dalla porta, rispunta dalla finestra una “laicità devota” di cui certo è difficile sentire la mancanza. –
Non capisco dove vuoi andare a parare… anche con la storia dei “peggiori nemici di…”. Vuoto assoluto. Cosa c’entra la chiesa e le sue losche attività con il vegetarianesimo e gli allevamenti intensivi?
Ma che cavolo c’entra l’essere vegetariani con le credenze religiose?
Ma quali salami alati andiamo inseguendo sotto l’arco di Tito?
Io non sono vegetariano, ma mi sarebbe piaciuto esserlo.
Ben altra cosa sono le proibizioni alimentari di origine religiosa.
“Se pote – un se pote”
Il cavallo sì, il maiale no.
Il vino no, la gazzosa sì…..
Ma quelli sono i tipici comportamenti irrazionali e servili cui portano le religioni.
Mi sembra che si faccia confusione tra scelta etica e obbedienza ad un precetto religioso.
Sono due cose ben diverse, l’è chiaro come il sole.
Calogero, ti stimo e non solo per l’articolo.
Ritengo però che tu l’abbia cacata un po’ fuori dal vaso riguardo il veganismo/vegetarismo.
Sembri indurre che uno shock psicologico porti a queste scelte e sono variamente motivate da ragioni salutiste e/o mediche e/o etiche.
Devo rettificare: la scelta può anche essere presa con raziocinio e le motivazioni possono sì essere etiche, ma non in quel modo lì.
Sembra tu voglia ignorare (per ragioni di articolo o perché non sai?) movimenti e.g. l’antispecismo.
Non sono vegetariano né vegano, ma se diventassi vegetariano le ragioni sarebbero termodinamiche, più che etiche.
E’ ovvio che l’autore dell’articolo non sappia nemmeno cosa sia la psicopatologia.
E’ strano che si accusi di irrazionalismo i credenti, con un articolo che non ha un briciolo di razionalità, nemmeno nel titolo.
E’ il classico asino che dà del cornuto al bue.
Antonio72
è anche vero che se tu sei psicopatologicamente religioso non capiresti chi parla di psicopatologia della credenza quotidiana…
“Altre persone, pur abbandonando la religione, conservano o sviluppano — quasi sempre non ammettendoli — cascami infidamente para religiosi; parlo di scelte che sono non-scelte ma condizionamenti prodotti da cause non supervisionate da un raziocinio.”
Io non ho subito l’influenza della religione, non sono battezzato, ho sempre studiato materie alternative, etc.; sono ateo, eppure per un anno sono stato vegetariano…
Sappiamo tutti che seguire una dieta equilibrata significa mangiare poca carne; sappiamo che un animale da macello che non è nato e non è stato abbattuto è un’animale che non ha sofferto; e sappiamo che il consumo di carne comporta consumo di suolo fertile. Queste le motivazioni che mi hanno spinto in passato ad adottare una dieta prevalentemente vegetariana. Il problema però, Caruso, è che quando ti trovi a limitare il consumo di carne ad esempio ad un giorno la settimana… bé… ti accorgi che faresti molta meno fatica ad eliminare completamente la carne dalla tua dieta…
Effettivamente è qualcosa che ha che fare molto con la psicologia, ma non necessariamente con la religione, soprattutto quando si è atei.
La tua prima frase vale anche per le persone non religiose o atee.
Chiamali, se vuoi, cascami para culturali, para familiari, para amicali, para elitari, ecc…
Se vogliamo fare una percentuale della realtà umana supervisionata dal raziocinio, di credenti o non credenti, insomma dell’uomo in genere, saremmo intorno al 10-15%. E forse sono anche ottimista.
Idem per l’articolista. Anzi nel suo caso questa percentuale, secondo me, è sin troppo generosa.
Che gli esseri umani siano ‘onnivori’ è una tesi tutta la dimostrare.
Secondo analisi fatte sull’apparato digerente (soprattutto sulla struttura dentaria ed sulle caratteristiche dell’intestino) gli uomini sono essenzialmente granivori e frungivori.
Uno degli effetti collaterali del consumismo è che si diffusa la credenza che si può fare tutto e mangiare tutto.
Dovremmo cominciare ad esaminare le cose non per luoghi comuni o perchè l’ha detto la TV ma usando la ragione e cercando le informazioni da chi ha studiato sul serio la questione.
Questo scienziato John McArdle (anatomista e primatologo consulente scientifico dell’Vegetarian Resource Group) sostiene il contrario :
“Humans are classic examples of omnivores in all relevant anatomical traits. There is no basis in anatomy or physiology for the assumption that humans are pre-adapted to the vegetarian diet. For that reason, the best arguments in support of a meat-free diet remain ecological, ethical, and health concerns.”
Il testo completo è qui http://www.vrg.org/nutshell/omni.htm pubblicato anche sul Vegetarian Journal nel maggio 1991.
Che questa persona ammetta che ci siano ‘health concerns’ (bontà sua) è già qualcosa.
D’altra parte l’alimentazione di cui si parla riguarda la salute.
L’uomo è in grado di ingerire qualunque cosa anche veleni purchè in piccole dosi ma questo non significa che facciano bene.
In realtà la questione è fortemente condizionata da interessi economici che sostengono l’utilità del consumo della carne e finchè ci saranno di mezzo i soldi si troveranno sempre sedicenti esperti disposti a dire qualunque cosa.
Negli anni ’60 la Philip Morris aveva commissionato uno studio ‘scientifico’ per appurare una volta per tutte l’eventuale dannosità del fumo da sigarette.
L’esito della ricerca medica fu che non solo il fumo non era dannoso ma anzi faceva bene.
Per la cronaca e per limitarci a casa nostra, in italia il fumo delle sigarette fa circa 90000 morti all’anno di cui un terzo per fumo passivo.
Sarebbe interessante ed utile alla gente fare uno studio serio sui danni alla salute provocati dal consumo di carne ma questo non aviene perchè non fa gli interessi di nessuna lobby.
Io non sono vegetariano, ma di carne ne mangio poca, per vari motivi.
Mi sembra però di aver letto da qualche parte che la vitamina B12 di cui il corpo umano abbisogna deve avere origine animale, in quanto la sola origine vegetale non sarebbe sufficiente.
Giorgio.
L’unico argomento apparentemente serio che ho sentito è che ci sono alcuni aminoacidi (componenti delle proteine), detti essenziali, che dovremmo assumere ingerendo carne perchè il nostro corpo non riesce a sintetizzarli.
Se anche ciò fosse vero, è ovvio che tali aminoacidi non sono poi tanto essenziali altrimenti i vegetariani sarebbero tutti morti.
Inoltre esistono intere popolazioni vegetariane che smentiscono quest’argomento caro a medici e nutrizionisti da TV e da salotto.
Ottimo articolo, è davvero una soddisfazione leggerlo e approfondire questi comportamenti psicopatologici, anche grazie allo studio di Freud.
Io non sono vegetariano, ma questo non mi crea alcun problema psicologico, riesco a ragionare razionalmente al meglio delle mie facoltà anche quando mi mangio una bella bistecca, non solo, spesso anche quando mangio riesco a fare delle riflessioni filosofiche che un mio amico una volta mi aveva risposto: ma come fai a mangiare e riflettere e a parlare di queste cose?
Non è difficile – ho risposto – tutta la vita è un continuo allenamento, organi, mente e muscoli, tutto è in allenamento, ci si mette alla prova, ci si migliora, si raggiugono risultati d’eccellenza, ma gli abitudinari non hanno molta voglia di cambiare e per questo alcune parti di loro si atrofizzano.
Chi sa osservarsi dentro e fuori, si allena ad osservare le proprie abitudini e a vincerle se necessario per vederle per quel che sono, delle prigioni d’orate da cui è difficile uscirne senzaavere polso con se stessi, dignità e tenacia con se stessi (ma il clero ci sguazza in queste prigioni dorate fatte di abitudinarie donaizoni e soldi a palate da parte dello stato).
Le abitudini del credente militante sono anche delle gabbie che si riconoscono a vista, queste abitudini ci dicono come quel credente non farà mai facilmente il passo di uscire dal gregge, lui sta bene li, sente che se lo merita se qualche volta nel gregge viene punito, anzi, nell’essere mansueto verso il clero ritiene di poter esperimentare l’amore di Dio, ritiene che questo suo comnportamento, a imitaizone di Cristo, sia la volontà di Dio.
Potete immaginare come è facile per noi uarrini pagare Caroonte e spedire tale dove non c’è più alcuna speranza di migliorare la consocenza di se stesso e dove non c’è n’è neppure la voglia.
Ma la vita chiede continuamente dei miglioramenti e trasformazioni, la vita dovrebbe essere in antitesi alle abitudini irrazionali, eppure esistono e inprigionano la vita in sepolcri imbiancati.
Evoluzione ha “voluto” che una scimmia onnivora/erbivora diventi un essere consenziente intelligente etc etc, ma se avesse “scelto” un felino, un bel tigre per esempio, immagino che discorsi del genere; vegetariano Si, vegetariano No, non si sarebbero mai fatti.
La scienza ha falsato l’evoluzione in tante cose e in un modo non previsto.
La rinuncia di Pannella ad acqua e cibo, non e’ un’offerta a dio come “fioretto”. 😉
Si tratta di disobbedienza civile. Tutto qui. 😉
A parte questo, e la questione sollevata da Grendene alle il 6 Novembre alle 9.38, lo trovo un contributo interessante, quello di Calogero. Dico la mia…
L’Atesimo, soprattutto quello “forte”, secondo me non e’ affatto un sottoinsieme della razionalità, anzi! Negare l’esistenza di dio senza prove della sua effettiva inesistenza, non e’ del tutto razionale. Si nega senza prove, esattamente come si afferma senza prove. 😉
L’Atesimo “teoretico” o quello “semantico” per esempio, si prestano a molta più razionalità rispetto ad altri atteggiamenti atei.
La razionalità è figlia dell’intelligenza – ma anche il suo presupposto.
“Intelligere” è “distinguere e scegliere, selezionare i dati e metterli insieme”.
In ogni caso, ciò che non entra mai i gioco in questo contesto è la tendenza alla generalizzazione – si “serpara” più di quanto non si “accorpi”.
In altre parole: tutti sanno quanto siano fondati gli argomenti scientifici ed economici che giustificano l’opportunità pratica (e quindi razionale) di ridurre il consumo di carne a prescindere dall’etica “interspecifica” – è più che sufficiente, al limite, quella “specifica”, poiché si tratta, in prospettiva, di rendere disponibili più risorse a più persone nel pianeta ad un costo più basso e producendo meno scorie inquinanti.
Tutti sanno, altrettanto bene, che è possibile sapere tutto questo e scegliere ugualmente di mangiare carne: 1. perché non si è disposti a privarsene; 2. perché si è economicamente in grado di non privarsene.
Detto questo, è chiaro che chi mangia ANCHE carne (come me e molti altri) meriti più rispetto se è disposto a procurarsela da sé uccidendo l’animale di cui si nutre.
A una gallina, credo che potrei tirare il collo. Un vitello, mi creerebbe onestamente più problemi (anche solo per ragioni “tecniche”).
La questione mi sembra dunque più sfumata e non esente da contraddizioni – come la maggior parte delle cose, in effetti.
Tutti sanno che fumare fa male, ma anche quelli che lo sanno (vale anche per me, purtroppo) hanno spesso il vizio del fumo e non pochi problemi a farne a meno.
Insomma: sulla consapevolezza che un ridotto consumo di carne riduca insieme l’incidenza del colesterolo e le ripercussioni negative sull’ambiente non dovrebbero esserci dubbi.
Poi c’è il fagiano in umido che ti tenta e tu, peccatore, cedi…
La carne è debole, si sa… 😉
Da qui a etichettare ogni singolo vegetariano come fanatico fondamentalista teista ce ne corre, comunque…
Poi esistono anche gli animisti che, oltre a nutrirsi solo di zucche, peperoni e pomodori, non schiacciano nemmeno una zanzara perché, magari, è la reincarnazione (ancora la carne!) di un rajà vissuto qualche secolo addietro.
L’esistenza di vegetariani di quest’ultimo tipo (“irrazionale”) offusca forse la co-esistenza di “colleghi” impropri del tipo precedente (“razionale”)?
Credo proprio di no.
Direi pertanto di distinguere, allora. Di distinguere usando il raziocinio: per “intelligere” in teoria… e anche in pratica.
Ritorna, direttamente collegata ai temi affrontati da Martorana, la questione del significato da dare ad ‘ateo’. Francamente non capisco chi intende mantenersi fermo al significato letterale del termine quasi per timore di uscire dal seminato, di operare una digressione in grado di togliere forza al termine stesso. In realtà credo che estendendolo lo si arricchisca.
Non bastano tutti gli esempi portati da Martorana per evidenziare come uscire da ‘una’ religione non significa di per sè uscire ‘dalla’ religione? Poi si potrà discutere sul giudizio da dare, per esempio, a veganesimo, vegetarianesimo, animalismo (credo si tratti di pratiche che possono essere sia frutto di scelte razionali che di suggestioni ‘new age’ portate a sacralizzare la natura… e personalmente credo che prevalga questa seconda), ma ovunque si manifestino forme di alienazione, di proiezione di sè in altro da sè cui si delega la funzione di risolvere problemi, soprattutto di scongiurare pericoli, in conto nostro – fermo restando ovviamente che tutti più o meno vi ricorriamo… basta esserne consapevoli – ritengo che l’antidoto ‘ateo’ sia da prescrivere. Perchè si tratta – gravi o meno gravi in ragione della consapevolezza che se ne ha – pur sempre di patologie.
L’uomo è un animale sociale.
E poi non si capisce perchè aderire al vegetarismo possa essere frutto di scelta razionale (che le neuroscienze hanno dimostrato che non sia poi così puramente razionale), mentre aderire ad una religione è sempre e cmq frutto di un’alienazione. Ma chi lo dice? E’ un’opinione ateo-personalista dotata della sua buona dose di irrazionalità.
Per dimostrare quanto sia peculiare l’intelligenza umana, basta ricordare che nel 2002 il software Deep Fritz pareggiò con il campione di scacchi Vladimir Kramnik. Nel 1997 Deep Blue, un altro software riuscì a battere Gary Gasparov. Ma le prestazioni dei due calcolatori non erano affatto equivalenti. Mentre il primo poteva analizzare 2,5 milioni di posizioni al secondo, l’ultimo (Deep blue) ne analizzava 200 milioni al secondo. Un essere umano, anche i campioni, riescono ad analizzare una mossa-contromossa al secondo! Ma allora come mai l’uomo riesce a battere un computer o a pareggiare?
L’uomo possiede una formidabile capacità di riconoscere forme. E’ in quest’area che fu migliorato Deep Fritz rispetto a Deep Blue, con più elevata capacità computazionale.
Voler ridurre la razionalità umana alla sola capacità computazionale è quindi come voler assimilare il Monopoli ad un semplice gioco dell’oca.
Intanto ho parlato di veganismo, animalismo ecc, come pratiche che POSSONO diventare alienanti a certe condinzioni, mentre queste, come altre… di cui per altro tutti più o meno facciamo uso quotidiano… sono razionali nella misura in cui sono sotto comunque controllo. Sai, non siamo relativisti…
In quanto alla religione come alienazione (facendo distinzione, come al solito, tra religioni istituzionalizzate, con gerarchie culti e rituali, e religiosità come sentimento interiore)… ebbene, caro Antonio72, inutile che insisti: SIAMO ATEI, e cosa dovremmo pensare delle religioni? O vorresti – anche qui come al solito – sostenere che pure l’ateismo è una raligione e che il vero ateo in fondo è è un credente che non sa di esserlo, come piacerebbe a B16?
E come l’interveto di Martorana, pur così criticato per certi soi aspetti (non esiste – per la milionesima volta – un ateismo ortodosso e uno eretico) ha proprio la funzione di mettere in guardia per non ricadere sotto altre forme nella supestizione religiosa?.
No, vorrei solo sostenere che le componenti che spingono a diventare atei, come quelle che spingono ad essere credenti, non rientrano tutte nell’alveo razionale.
Lo dimostra anche la sua stessa domanda: siamo atei, e cosa dovremmo pensare delle religioni?
Potrei dire lo stesso: sono credente, e cosa dovrei pensare dell’ateismo?
Come si può constatare entrambe le domande non dimostrano che essere atei o credenti, significhi essere più razionali.
Anzi il tono stesso della domanda è inequivocabile, e sostiene in parole povere che un ateo deve necessariamente contrastare qualsiasi credenza religiosa, anche se questo significa sconfinare nell’irrazionalità.
Se non lo vogliamo chiamare dogma, definiamolo cmq un assioma o meglio un postulato.
“Lo dimostra anche la sua stessa domanda: siamo atei, e cosa dovremmo pensare delle religioni?
Potrei dire lo stesso: sono credente, e cosa dovrei pensare dell’ateismo?”
In quanto a ciò che un credente dovrebbe pensare dell’ateismo, ti rimando alle ultime, anzi Ultimissime, parole di B16.
Perchè mai poi rivendicare il proprio ateismo dovrebbe significare cedere ad un dogma? Una volta verificato – come ritengono di verificare gli atei – che i limiti della ragione umana non sono superabili ipotizzando l’esistenza di una dimensione trascendente la condizione umana, perchè mai dovrebbero considerare irrazionale l’uso di questa facoltà per quello che è, e non invece l’uso che ne fa chi ritiene di superarne i limiti? Umani, caro Antonio, umanissimi. Tu non sei d’accordo? Benissimo, ma su cosa basi la tua affermazione che ci sia una componente irrazionale a spingere verso l’ateismo? Su una concezione diversa della razionalità, presumo, ma non puoi pretendere che sia la stessa anche per un ateo.
Signori, un altro intervento così e mi abbono al feed dell’UCCR! 🙂
Di solito non si leggono balle del tipo “stato naturale di onnivoro” o “diversamente senziente” riferito alle piante se non sul sito dei sedicenti cattolici “razionalisti”.
Un fagiolo sente? bene allora non stacchiamo mai la spina a qualcuno che in coma abbia fatto testamento biologico!!! potrebbe sentire ed è naturalmente portato a vivere – come dice il papa.
E sopratutto, guai agli omosessuali! sono innaturali! … a meno di non ricordare l’allegro comportamento dei nostri strettissimi cugini bonobo.
Sig. Calogero, perché non si studia un po’ un filosofo UMANISTA qual è Peter Singer? http://en.wikipedia.org/wiki/Peter_Singer
Nell’articolo che le segnalo leggerà; ” In 2004, he was recognised as the Australian Humanist of the Year by the Council of Australian Humanist Societies. He has been voted one of Australia’s ten most influential public intellectuals.” – Sa è un umanista come me o lei…
E poi, la prego, si aggiorni! Freud appartiene alla STORIA (e neppure della scienza). I freudiani sono come i panda della psicologia – resistono in alcune aree protette e … riccamente borghesi.
Via Freud, avanti Peter Singer! Madonna come è arretrato questo Calogero che non ha nemmeno letto Peter Singer (o se lo ha letto evidentemente non l’ha capito)!
Freud o non Freud, Singer o non Singer, di grazia cosa ne pensi del tema di fondo affrontato da Martorana, cioè che esistono forme di alienazione religiosa anche al di là delle religioni vere e proprie… ma non tanto perchè ciò non si sappia, ma per l’attenzione che richiederebbe da parte di un pensiero ateo?
Il fenomeno lo si può ritenere rilevante o non rilevante (per me lo è, e tanto più quanto più viene ‘rimosso’… dio mio, ancora Freud!), ma snobbarlo per porre l’attenzione su altre questioni che, per quanto rilevanti, non toccano – se ho capito bene – questo tema, mi sembra poco utile.
Guazzabugliare tra Freud, raccogliticci elementi di evoluzionismo mal digerito, dubbie nozioni alimentari, antropologia da parruchiere e giudizi tranchant non è indicare un problema o un tema di discussione: è PONTIFICARE.
E io con i pontefici mi ci trovo male.
Qual è il tema? la difficoltà di affrancarsi dal pensiero magico? la difficoltà di pensare in base ad evidenza? la superstizione?
A me questo intervento sembra solo una prova di machismo razionalistico d’accatto, tipo celudurismo ateo.
Ateismo / agnosticismo è coltivare un sano dubbio metodico che smonta pretese certezze per sostituirle con FATTI, VERIFICHE e DISCUSSIONI. Qui di contenuto c’è poco. non ci sono aperture né domande, solo VERITA’. O meglio, pretese verità.
Ad majora.
Un bel mucchio di letame in forma di parole. Soprattutto le crasse sciocchezze sul vegetarianesimo, bastava informarsi prima di scrivere. E l’amico “vegetariano” che si abbuffa di pesce è come l’ateo con il santino di padre pio. Che macchietta triste.
Faccio notare che anche essere pieni di se al punto da trascurare di informarsi per scrivere sciatterie è anche essa una credenza (pseudo?)religiosa errata, in questo caso in modo evidente.
va bene. ma nel contenuto? …
Salve. è la prima volta che intervengo nei commenti alle ultimissime che trovo molto interessanti…
Premetto che il mio interesse deriva dal fatto di non essere credente e dalla soddisfazione che provo nel leggere opinioni simili alla mia, cosa che nella vita quotidiana non mi è così facile riscontrare, anche da parte di persone che per altri versi godono della mia piena stima.
Mi son deciso ad intervenire perchè mi trovo stavolta in totale disaccordo sull’opinione manifestata sull’ultimissima in questione: ovvero lo stato patologico di chi liberamente rinuncia a nutrirsi di carne.
non ho certo il livello culturale e la preparazione scientifica della maggior parte dei partecipanti ai commenti, ma vorrei solo dire che secondo me a volte qui si fa un uso dogmatico della scienza… che per sua definizione non dovrebbe mai esserlo, mi pare.
Questo per permettermi di dubitare sull’assoluta inconfutabilità del fatto che l’uomo sia animale onnivoro…
oltre al fatto che, se chi , come me, ha scelto liberamente di non mangiar carne, e non fa alcun tipo di pressione sul prossimo affinchè segua questa scelta, non credo possa essere in alcun modo giudicato patologicamente rilevante. saluti e scusate la prolissità
OK manimal,
condivido, ed aggiungo che nei comportamenti umani descritti nell’articolo, neanche uno rientra nella definizione di patologia, dicasi uno!
Benvenuto.
“(…) condivido, ed aggiungo che nei comportamenti umani descritti nell’articolo, neanche uno rientra nella definizione di patologia, dicasi uno!”
Naturalmente non considerando la religione, per molti suoi aspetti, una patologia (sai, in questo blog circolano perfino degli atei!), figuriamoci se la puoi individuare in comportamenti che non sono espressamente religiosi! I quali, in ogni caso, POSSONO diventare patologici a certe condizionioni, alle quali ho accennato più sopra.
Non è che sia una mia interpretazione personale che la religione non sia una patologia, quando non sconfina nel fondamentalismo, ma è una realtà.
E’ ovvio che tutti i comportamenti umani possono diventare patologici, soprattutto quelli che provengono dagli istinti primari, cioè dal cibo e dal sesso. Per es. nel primo caso, anoressia e bulimia, nell’ultimo maniacalità, feticismo e perversioni varie.
Anche il gioco può assumere, come ben sappiamo, una connotazione patologica. Non si tratta quindi del comportamento in sè, ovvero della sua dimensione qualitativa, piuttosto di un eccesso quantitativo. Vale anche in psicologia: talvolta è ammesso essere paranoici o nevrotici, senza per questo venire inquadrati dal punto di vista patologico. Capita a tutte le persone cosiddette normali.
Se ne deduce che in questo articolo si sarebbe potuto descrivere qualsiasi comportamento umano; avere invece discriminato solo quelli religiosi, dimostra, secondo me, proprio un certo livello di paranoia che sfiora la patologia.
grazie da un ateo.
Non riesco a capire come possa scrivere così velocemente, tanto da avvicinarmi alla barriera insuperabile della velocità luminale.
Altrimenti non mi spiego l’effetto di dilatazione temporale che vede il mio orologio segnare un orario in anticipo rispetto a quello del blog.
Mah…misteri della pseudoscienza ateo-razionalista!
Per quanto mi riguarda potete continuare così all’infinito.
Tanto non ce la farete mai a liberarvi di me, a meno di bannarmi.
Sono di origine calabrese e ho la testa più dura del granito.
Lo so che quella dell’ora non aggiornata è una battuta (magari dopo un pò non più così brillante)… ma offre l’occasione per risolvere i ‘misteri della psudoscienza ateo-razionalista’. L’ora si può sempre correggere… le verità della tua ‘scienza’ (quella ‘vera’, che non si accontenta delle pseudo conoscenze rese possibili dal metodo sperimentale) non potranno mai essere corrette. Essere falsificate.
Se le verità scientifiche abbracciassero tutta la realtà umana, la sua considerazione sarebbe giusta.
Il problema è che ne abbracciano una minima parte, per certi versi ininfluente sull’esistenza di ciascun uomo, ateo o credente. La stessa coscienza umana, da cui deriva il pensiero, è metafisica. Proviamo allora a scrivere un teorema matematico prima di pensarlo.
“La matematica non è una scienza, dal nostro punto di vista, nel senso che non è una scienza naturale. La verifica della sua validità non è l’esperimento. Fra l’altro dobbiamo chiarire fin dall’inizio che se una cosa non è una scienza, non necessariamente è un male. Per esempio, l’amore non è una scienza. Quindi, se diciamo che qualcosa non è una scienza, non vuol dire che, in essa, c’è qualcosa che non va: vuol dire solo che non è una scienza.” (Richard P. Feynman).
PS
L’ora in questo caso la si corregge per motivazioni irrazionalissime!
Certo che questo Feynman (non so chi sia… nè mi interessa saperlo) la sa lunga. Ha perfino scoperto che l’amore non è una scienza perchè non è quantificabile! In quanto poi al fatto che la matematica non è una scienza naturale… chissà mai da quale ente soprannaturale è stata inculcata nel cervello umano. Che tutti sanno non aver niente a che fare con la natura non essendo fatto di materia.
Premio Nobel per la fisica 1965.
A quanto pare si parla di scienza senza cognizione di causa.
Come saprà vi è una certa differenza tra materia cerebrale e la mente. Anche un piguino è dotato di cervello anche se non ha scritto alcun teorema matematico. Idem per uno scimpanzè o un cetaceo, i quali possiedono un cervello molto simile al nostro. Lo scimpanzè ha inoltre un patrimonio genetico che è similare a quello umano al 99%. Sfido chiunque a dire che la differenza tra lo scimpanzè e l’uomo sia quantificabile in quell’1%.
Se la rete neurale spiegasse la mente, avremmo già costruito dei cervelli non-biologici senzienti e coscienti, ovvero dei replicanti come nel film Blade Runner.
“Questa convinzione legata al sentimento profondo delle esistenza di una mente superiore che si manifesta nel mondo della esperienza, costituisce per me l’idea di Dio; in linguaggio corrente si può chiamarla panteismo.” (A. Einstein).
Ora, non mi si chiederà anche chi sia Einstein. Voglio sperare che almeno in qualche cartone animato della Warner Bros, lo si sarà visto.
Personalmente ho affrontato la questione proprio partendo dal celebre aforima einsteiniano in cui si afferma: “Nella misura in cui le proposizioni della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe, e nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà”. Quindi come vedi, non mi sono certo rifiutato di affrontare la quastione, e anzi sono proprio partito da questo celebre aforisma che dovrebbe confermare la tua convinzione. (Se ti va di visitarlo ne ho scritto sul sito UAAR alla voce contributi)
Il fatto è che non mi è mai piaciuto basare la validità o meno della mie convinzioni in merito a certi temi su affermazioni altrui… fosse pure Einstein (del quale per altro da più parti si sottolinea il sostanziale agnosticismo). Naturalmente non perchè pretenda di prescindere da quanto elaborato da tante menti straordinarie, figuriamoci, ma perchè, quando si tratta dei quesiti esistenziali, considero la mia esperienza nè inferiore nè superiore a qualle di chiunque altro. Che sia Giuseppe Ratzinger, Einstein, sant’Agositino o Odifreddi.
Cito dall’articolo: [Libero non è chi — castrandosi psicologicamente — si costringe a selezionare quel che deve o non deve ingerire; libero è chi conserva la propria potenzialità di ingerire tutto.]
Quindi ci consiglia di nutrirci dei corpi dei nostri nemici? O dell’umanità in sovrannumero? O dei malati che gravano sullo stato sociale?
Perchè anche dividere umani e animali, tra sacri e sacrificabili è un criterio altrettanto arbitrario e irrazionale.
Lei CREDE che dal potere di cacciare-imprigionare-uccidere un indifeso discenda il diritto di farlo. In nome della Natura.
E non solo per l’immediata sopravvivenza, anche per assecondare il palato o le tradizioni gastronomiche.
Libero e razionale è chi usa ragione, tecnologia, progresso e educazione per ridurre il dolore e la schiavitù della vita, non chi le asserve a inutili e vetuste tradizioni tribali.
Libero e razionale è chi vede con i suoi occhi che non è necessario uccidere per sopravvivere (a meno che non abbia mai visto un supermercato oppure creda che tutti i vegetariani vivi e sani del mondo siano degli ectoplasmi o dei complottisti, o che senza i sedili in pelle non si possano fare le auto).
Libero e razionale è chi guarda i fatti anche quando non gli piacciono e cambia idea anche quando è più facile continuare a credere, soprattutto se il prezzo della nostra pigrizia lo pagano altri con la prigionia e la morte.
Ma per favore. Io, ateo, eticamente relativista, sono vegetariano. E non per morti di cani o cosa. Semplicemente perché, essendo io un ambientalista (e questo perché mi piace vivere decentemente in un mondo non devastato, che motivazione irrazionale, eh!), ho deciso di eliminare dalla mia alimentazione i prodotti di un’industria che produce il 37% del metano e il 65% dell’Ossido di diazoto – noti gas serra – totali, che consuma (solamente in lavaggi e liquami) milioni di tonnellate di acqua e che produce tonnellate di rifiuti speciali e liquami infetti e non utilizzabili in agricoltura, se non in minima parte. Elimino dalla mia alimentazione anche pesce e derivati, e non perché i pesci e i molluschi mi facciano pena, ma semplicemente perché la grande pesca industriale intensiva ci regalerà, entro 50 anni, mari senza più pesci e sfruttamento insostenibile degli ecosistemi fluviali e delle popolazioni limitrofe. Vedi irrazionalissimi film come “At the end of the line” o “l’incubo di Darwin”. Poi ok, alle elementari mi hanno insegnato che progredendo attraverso i “gradini” della catena alimentare si verifica una perdita di energia esponenziale. Ah, quanto sono irrazionale. Quasi quasi l’anno prossimo la tessera dell’UAAR non la faccio per palese incompatibilità.
buon argomento che avevo tralasciato: e’ politically correct quanto basta, ansiogeno come piace a molti e colpisce al cuore il capitalismo. peccato che ha poco fondamento scientifico, ammenocché tu non ci dici da dove estrapoli cifre e deduzioni. il quel caso, se i requisiti di chi li offre sono all’altezza, non mi sottrarrò a cambiare idea.
ps_ sul concetto di razionalità impiegheremmo troppo tempo, lo lascio cadere in rispetto a chi ci legge.
http://www.fao.org/newsroom/en/news/2006/1000448/index.html
http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140673607612562/abstract (purtroppo è necessario comprare l’articolo)
http://www.epa.gov/methane/sources.html
http://www.news.cornell.edu/releases/Aug97/livestock.hrs.html
Potrei continuare all’infinito. Ma sembrerei uno spammer.
A parte tutto, sia chiaro, faccio mia la massima “combatto la tua idea, ma morirei per il tuo diritto a esprimerla”.
Classici anche gli studi di Gidon Eshel e Pamela Martin, ma in questo caso si potrebbe configurare un conflitto d’interessi secondo i più sospettosi.
Per quanto riguarda la pesca, oltre ai già citati “The end of the line” e “L’incubo di Darwin” posso umilmente consigliare un solo link, per non cadere nello spam: http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/11/02/AR2006110200913.html
O signore! anzi no! 🙂
Basta leggersi i rapporti della FAO in tema…
“Livestock’s long shadow” è uno di quelli. È anche scaricabile gratis, avevo messo il link, insieme ad altri, nel mio commento di lunedì 7 novembre 2011 alle 17:00, ma è in perenne attesa di approvazione, credo per via di un (probabile, non me ne intendo) filtro antispam del sito.
Errore mio nel metodo.
@Syd
Sottoscrivo. Ovviamente ti riferisci al rapporto della FAO “Livestock’s Long Shadow”, in cui si afferma che gli allevamenti contribuiscono ai gas serra mondiali, per un bel 18% (in CO2 equivalente), molto di più dello stesso settore dei trasporti.
Ma da queste parti, come avrai notato, sono abbastanza refrattari alle argomentazioni scientifiche.
Innanzitutto mi fa piacere sapere che esiste un circolo UAAR anche a Napoli: certe volte l’ambiente filo-clericale intriso di superstizione che regna sovrano qui al Sud Italia mi porta a pensare che io sia l’unico ateo della regione Campania 😀
Riguardo l’articolo del prof. Martorana, c’è da dire che è corretto, puntuale e di gradevole lettura, dato che affronta una molteplice varietà di situazioni della credulità quotidiana dando ad ognuna di esse una spiegazione attinente ai fatti e fortemente valida in un’ottica razionalista ed oggettiva.
L’unica nota stonata, o meglio, stonatissima, è lo stucchevole paragrafo riservato alla trattazione del vegetarianismo/veganismo, che, da solo, rischia di compromettere tutto l’articolo agli occhi di una persona sensibile alla questione animalista. Personalmente, ho fatto la scelta vegetariana già da parecchio tempo, in maniera del tutto razionale e logica, spinto da molle etiche che hanno basi materiali e concrete, del tutto in linea con la mia filosofia di vita. È non solo ingeneroso, ma anche profondamente scorretto dire che quella vegetariana/vegana sia una non-scelta: nel momento in cui una persona decide una cosa in tutta tranquillità e libertà di scegliere una qualsiasi delle opzioni a disposizione, è errato parlare di “non-scelta”; semmai si può parlare di scelta eventualmente condizionata da elementi esterni di varia provenienza, ma questo è già diverso.
L’articolo dice, poi, che una scelta di tipo etico-morale viene sempre presa in base ad un disagio personale. Dico io: e allora? La vita di ognuno di noi è piena di disagi di tutti i tipi; se le scelte etico-morali (prese in chiave razionalista e non in chiave irrazionalista, ovviamente) servono ad evitarne qualcuno, ben vengano. Anche l’abolizione dell’apartheid sudafricano è stato possibile grazie all’espressione di un DISAGIO di chi non voleva che la segregazione razziale (e con essa l’ingiustizia) continuasse ad esistere.
In definitiva, pur continuando a riservarmi la facoltà di mangiare tutto se messo in circostanze che lo richiedono, sarei anche disposto a farlo, ma va da sè che si tratterebbe di casi limite che hanno probabilità di verificarsi scarsa o quasi nulla; ad esempio, se il mio aereo precipitasse in un luogo disabitato e io avessi come unico sostentamento le carni del mio compagno di volo seduto sul seggiolino accanto a me e morto nello schianto, penso che mi ciberei di quelle piuttosto che morire di fame, ma va da sè che tale circostanza non è facilmente realizzabile, nè tantomeno sarebbe piacevole a viversi.
Per finire, alcuni appunti:
– spieghi al suo amico che “carne no – pesce sì” non significa essere vegetariani. Essere vegetariani significa “carne no – pesce no – tutto il resto sì”;
– un animalista, se coerente, si impegna alla difesa, o quantomeno alla non offesa di tutte le specie animali, nel limite del possibile (rappresentato ad esempio dal fatto di non poter andare in giro ad arrestare tutti i cacciatori, o dal non poter sempre stare guardare a terra se ad ogni passo che si fa si rischia di calpestare una formica);
– sulla questione “uomo onnivoro sì o no?” non mi dilungo, mi limito a citare il fatto che, di base, allo stato di natura, l’essere umano è frugivoro(=si nutre principalmente di frutta), poi qualche millennio fa cominciò a mangiare la carne delle carcasse degli animali trovati già morti, da lì iniziò un adattamento del fisico umano che lo rese meglio disposto ad ingerire carne. Sta di fatto che privarsi della carne non causa comunque scompensi incolmabili al fisico umano;
– ragioni plausibili per passare dallo stato di onnivori a quello di vegetariani, ce ne sono diverse checchè lei ne dica. Per citarne due: l’impoverimento sempre più preoccupante della fauna ittica, e la massiccia destinazione di cereali agli animali da macello stipati negli allevamenti intensivi, quando invece con quei cereali da destinare agli sfortunati animali ci si potrebbe sfamare tutta l’Africa per 3 anni. Tutto ciò sempre in un ottica che esclude a priori le sofferenze degli animali, un particolare che, per me, non è affatto secondario.
– come già detto da qualcuno, la vita vegetale non è “diversamente” senziente, bensì non lo è minimamente, dato che le piante non sono dotate di sistema nervoso (al contrario degli animali da macello). Questo è, a mio avviso, forse il più grande abbaglio che lei abbia preso in questo articolo (che, lo ripeto, se privato del paragrafo sul vegetarianismo, è del tutto condivisibile, rispettabile e attinente alla realtà dei fatti).
Buona serata, e se può cerchi di rispondermi, sarei interessato a continuare la discussione.
Gentili lettori, la direzione di UAAR vi comunica che sono aperte le selezioni per “l’Ateo dell’anno”. Siete tutti invitati! Il vincitore riceverà in premio l’attestazione di Ateo Certificato UAAR!
Sono pregati di non presentarsi alle selezioni:
vegetariani
vegani
psicologi non freudiani
comunisti
ecologisti
chiunque nella vita abbia compiuto gesti irrazionali
Grazie
La Direzione UAAR
Non è affatto una cattiva idea, grazie. La passo al CC Uaar 😉
🙂
vegetariano= irrazionale.
comunista= idem
juventino=???
fatemi sapere che semmai dopo 30 anni torno a catechismo.
manimal, l’UAAR ti è vicina, abbandona la tua fede…
interista, eh?
Ah ah ah… in effetti da piccolo ero interista, ma più che altro per far contento un mio amico che era propio fissato (a 8 – 10 anni leggere la gazzetta dello sport non so se è normale…). Io son sempre andato a nuotare, fino a qualche anno fa; il mio interesse per lo sport era quello…
Caro Martorana pare che tu l’abbia fatta veramente grossa a urtare la sensibilità di vegani, vegetariai,, animalisti ecc…. addirittura poi riesumando quel vecchio arnese di Freud. E non è bastato che dischiarassi esplicitamente che la tua era una convinzione ‘opinabilissima’.
In effetti hai troppo generalizzato e portato esempi discutibili… ma che in queste pratiche ci possa essere una componente religiosa prodotto più o meno inconscio (lo so che sto correndo un bel rischio parlando di inconscio, ma tant’è…) di una sacralizzazione della natura a me sembra evidente.
Cosa più che legittima sacralizzare la natura, sia ben chiaro (pare sia un carattere costitutivo di tante religioni orientali), così come è innegabile che la scelta vegetariana possa essere una scelta dovuta a motivi più che razionali… ma non mi sembra così razionale invece da parte atea negare questa POSSIBILE deriva religiosa.
nella mia scelta non ho sacralizzato niente… semplicemente ho realizzato razionalmente che come i miei animali domestici provano sentimenti (chi contesta credo non abbia mai avuto un animale abbastanza vicino), parimenti deve essere per gli animali che finivano nel mio piatto.
E chi ti nega questo (hai letto bene cosa ho scritto)? Mettevo solo nel conto che POTREBBE esserci in certe scelte anche una componente religiosa. Non so, ma è così difficile da accettare? O vale solo la vostra esperienza…
sarà come dici tu… non ho particolari problemi ad accettare alcunchè, ma a me non pare così razionale vedere questa “POSSIBILE deriva religiosa” dove non ne vedo il motivo. diciamo che mi pare una tesi tirata per i capelli.
E in questo caso forse la nostra esperienza qualcosa vale, visto che per l’appunto è un esperienza personale e non la geniale deduzione di chi ha visto uno shock post traumatico in un suo amico. cordialmente ti saluto.