Sui non credenti girano tante leggende metropolitane, diffuse spesso dagli integralisti religiosi. Sono talvolta descritti dai testi sacri e dagli apologeti come amorali, insensibili, gretti, infelici. Nonché terrorizzati dalla morte, come racconta l’aneddotica — spesso apocrifa — che li vorrebbe invocare Dio alla fine della vita. Un libro interessante per sfatare i miti che esaltano i credenti a scapito di atei e agnostici, con molti dati alla mano e ricerche citate, è What You Don’t Know about Religion (but Should) del sociologo Ryan T. Cragun. Qual è ad esempio il rapporto dei non credenti rispetto alla morte? Il blog Friendly Atheist riprende il libro di Cragun che tratta la questione, riportando considerazioni interessanti.
Cragun parte dalla sua esperienza personale di ex mormone diventato ateo e della scomparsa dei suoi cari. Mentre i parenti elaboravano il lutto credendo che la persona scomparsa vivesse un’altra vita nell’aldilà, lui l’ha fatto accettando prima di tutto l’inevitabilità della morte. Nel caso del fratello, poteva sopportarne la scomparsa sapendo che non avrebbe più sofferto (analogamente a quanto sosteneva Epicuro). Si è anche impegnato a ricordarlo e celebrarlo, ad esempio scrivendone. Cragun ha inoltre dovuto comprendere che la ragione per cui la perdita è difficile da affrontare risiede nel fatto che “siamo animali sociali e incorporiamo i nostri cari in noi stessi“. Dal suo punto di vista, “aggiungere domande riguardanti la sorte eterna sembra rendere l’elaborazione più difficile, non più facile”.
Secondo lo studioso, sempre più ricerche sembrano supportare l’idea che i non religiosi riescano più facilmente ad affrontare la morte rispetto ai credenti. Gli increduli sembrano meno preoccupati, meno propensi a usare mezzi invasivi per allungare la propria vita in situazioni disperate e meno ansiosi durante l’agonia, sebbene ciò appaia “straordinariamente controintuitivo”. I credenti sono convinti che ci sia un’altra vita dopo la morte e questo si ritiene li renda più sereni, ma accade che siano più incerti su dove andranno a finire. Nessuno di loro può essere sicuro al cento per cento di ritrovarsi in paradiso.
Dando un’occhiata ai dati del World Values Survey che riporta, si nota che più si considera la religione importante e più si è portati a pensare alla morte. Ci si chiede se essere religiosi infonda una maggiore paura della morte o se è la concreta paura della morte che porti la gente a essere religiosa. Cragun, sulla scorta di altri studiosi, propende per la seconda ipotesi, sebbene sia difficile dare una risposta definitiva.
Le ricerche suggeriscono inoltre che la religione possa aiutare ad affrontare in generale i traumi, come la morte, perché fornisce “spiegazioni, giustificazioni o razionalizzazioni” (a prescindere se siano fondate o meno) e la speranza di ricongiungersi ai propri cari. Ma la religione talvolta può anche peggiorare l’elaborazione del lutto, perché può capitare che alcuni diano la colpa a Dio e ritengano di essere stati puniti da lui, oppure cadano in uno stato di angoscia perché sono incerti sulla sorte del defunto. Basti pensare alla credenza per cui i bambini non battezzati finiscono all’inferno, secondo la dottrina ribadita senza compromessi nel corso dei secoli dalla Chiesa cattolica, solo recentemente stemperata e resa più vaga.
Cragun conclude che “anche in un ambito dove la religione è largamente considerata come un notevole aiuto per le persone, può essere problematica”. Non è la prima volta che qualcuno evidenzia il miglior approccio dei non credenti alla morte: già diversi medici l’avevano notato e tra essi diversi italiani, come Umberto Veronesi. L’inchiesta suffraga tali sensazioni. Sarà perché sono quasi sempre abituati a concepire la propria vita con un termine, atei e agnostici sembrano saperla affrontare meglio. Sembrano anche saperla sfruttare meglio prima. Che la demonizzazione della loro etica compiuta da così tanti credenti sia solo la spia di una diffusa invidia?
La redazione
I credenti, grazie alla loro proverbiale apertura mentale, pensano che abbiamo paura della morte perché ce l’hanno loro. Sono spesso anche quelli che vorrebbero imporre il sesso etero perché piace a loro. Va di lusso che fra di loro i gusti alimentari sono diversi, altrimenti mangeremmo tutti quello che sta nelle dispense del Vaticano. Non che sull’alimentazione non ci provino: pesce il venerdì questi, niente maiale quegli altri, niente carne col formaggio quegli altri ancora… Ah, se la psichiatria fosse nata prima…
Il sesso etero piace a loro? Vorrai dire anche il sesso etero, oltre all’omosessualità, piace a loro. 🙂
sulla morte io inviterei a pensare attentamente prima di dare giudizi (in genere non sto riferendonmi a qualcuno o qualcosa in particolare) . io che non credo trovo consolante pensare che la persona che è morta è stata curata al meglio fino all’ultimo senza inutili accanimenti ed è morta in casa come desiderava, anche se tutto ciò è stato molto faticoso e purtroppo molto oneroso.
è insopportabile pensare che muore meglio chi ha di più, la trovo una ingiustizia che mi rovina la vita.
credo però che avrei dovuto cedere un pò all’irrazionale e portare le ceneri in casa invece che al cimitero. irrazionale , ma avrei sentito la persona amica amata un pò più vicina
Trovo la cosa molto poco sorprendente. Gli aldilà più antichi non prevedevano un premio finale ma la semplice sopravvivenza dell’anima (vedi l’ade greco) solo successivamente è stato adottato lo strumento di controllo sociale del premio\punizione post mortmem.
Considerando anche le centinaia di regole e regolette che ogni religione pone come condizione sine qua non per l’accesso al premio e quanto poco basti per ricevere la punizione, un credente ha sempre il timore che lui o i suoi cari non rientrino affatto nella rosa dei premiati.
Per molte religioni una persona che avesse vissuto la vita di un santo e cui scappasse una bestemmia due secondi prima di morire, non avendo potuto seguire l’iter pentimento-ammenda-perdono finirebbe dritti all’inferno. Mentre un serial killer che prima di morire si pentisse e compisse gli atti rituali necessari andrebbe in paradiso.
Curiosa la paura nei mormoni visto che sono l’unica religione a prevedere la conversione post-mortem quindi anche chi finisce all’inferno ha sempre una possibilità di redimersi e guadagnarsi l’accesso al paradiso.
Avevo letto in uno studio, citato ne Il pensiero del Buddha di Gombrich (figlio), che le società antiche ristrette – diciamo anche primitive – avevano la tendenza a vedere una punizione nel aldiqua e un passaggio alternato di due mondi simili tra loro. Si muore nell’aldilà si passa di nuovo nel aldiqua e viceversa.
In effetti avrebbe senso e rende conciliabile e i passaggi poco chiari dei Veda e l’atteggiamento fedele degli orfici e dei Pitagorici riguardo il cosmo di Esiodo e Omero nonché fornisce un’ipotesi univoca per le idee platoniche, sia pure di un certo periodo.
Se poi si aggiunge l’idea sciamanica – termine esemplificativo – dell’esistenza di più anime di cui una solo immortale (per cui vedi sopra)…
Se ne viene fuori che questa storia dell’eticizzazione è paradossalmente molto più immanente di quanto si pensi e certo collegata ad una certa perdita del senso del mito che dovrebbe reggere…
Le religioni organizzate si son fregate con le loro mani. 😉
“”……e la speranza di ricongiungersi ai propri cari.””
I cattolici che coltivano questa speranza, si vede che NON HANNO CAPITO UN TUBO della loro stessa religione, la quale stabilisce che il “paradiso” consiste nella “contemplazione eterna di Dio” (sai che palle !) e non in un “ricongiungimento familiare” !!!
🙂
Non mi convincono molto queste ‘esperienze personali’ sulla base delle quali poi si passa a generalizzare certi comportamenti. Condividere, nel senso di comunicare, queste esperienze lo ritengo non solo utile, ma in certe situazioni anche necessario… però credo non si debba andare oltre ricavandone insegnamenti preconfezionati.
Naturalmente si parla di esperienze, sia come coinvolgimento in vicende che riguardano la sfera privata, sia come riflessione (per quanto mi riguarda di natura esistenziale, filosofica in questo senso, ma non escludo che si possa ricorrere anche all’approccio scientifico) sulla morte, in base anche proprio alle ripercussioni provocate da tali vicende.
La riflessione mi ha portato (almeno fino ad ora) a considerare la morte… ovviamente una scadenza naturale… ma non penso di poterla vivere come fatto naturale… anzi, al contrario, mi sembra quanto di più innaturale possa capitare. E anche quando si invoca la morte perché la vita, per malattia o altro, risulta insopportabile, è perché in realtà è la vita stessa che ormai viene vissuta innaturalmente. La morte era già cominciata. Considero quindi la morte un evento drammatico, doloroso, un’ingiustizia perpetrata dalla vita contro se stessa. Come affrontarla allora nel modo meno traumatico possibile anche sapendo che comunque il trauma sarà inevitabile? La ‘medicina’ classica – sia nel senso che proviene dal mondo classico sia perché viene sempre rievocata – è quella celebre epicurea (“quando ci siamo noi non c’è la morte, quando non c’è l morte non ci siamo noi), e se qualcuno può sentirsene ‘medicato’, buon per lui… a me sembra solo una brillante forma di esorcizzazione puramente verbale, che nel momento cruciale servirà a ben poco. Ci vorrebbe ben altro per non ‘soffrire’ la morte.
E la religione? Non so cosa dicano le statistiche, (delle quali diffido in genere, ma in questo caso le ritengo proprio senza senso), ma non ho nessuna difficolta – in linea di principio – a ritenere che in tante situazioni possa servire per affrontare la morte, come si dice, serenamente, che la fede in una vita dopo la morte possa aiutare a non temerla… ma può valere – sempre in linea di principio – anche il contrario, cioè che… oltre al dubbio difficilmente eliminabile che esista poi davvero questo aldilà esperibile… il dubbio che si sia veramente vissuti in modo tale da meritare di goderlo invece di soffrirlo. In linea di principio, perché per me vale la solita considerazione: la morte è una scadenza che, per quanto ci si sia preparati per affrontarla nel modo migliore possibile, presenterà un conto che si conoscerà solo quando arriverà.
E l’ateismo? In linea generale vale la considerazione precedente. Ora come ora credo di poter dire che, così come non ho cercato la vita, a maggior ragione non cerco la morte, e quindi penso che la soffrirò come si soffre un’ingiustizia… ma di sicuro l’ultima preoccupazione sarà l’aldilà. Confido molto sulla possibilità dell’eutanasia.
@ bruno gualerzi
Non vedo la morte come un’ingiustizia. Davvero no. Piuttosto come quel che è, la fine della vita. E non è tanto la prospettiva della morte che mi spaventa, quanto piuttosto il come morire. Ho avuto un grave incidente in passato e sarei potuto morire. In quell’occasione non me ne sarei accorto e quindi la cosa non la ricordo con alcun terrore. Semplicemente tutto sarebbe finito lì. Epicuro, in quel caso, avrebbe avuto assolutamente ragione.
A me invece l’idea di morire con un incidente d’auto oppure una coltellata spaventa molto…
una morte improvvisa, senza il tempo di prepararsi psicologicamente…
spero in una morte voluta, spero di stare nel mio letto novantenne e pensare “ok, è giunto il momento, spegniamo pure la CPU”
@ riccardo
Che sia quello il segreto? 😉
Fermo restando che generalmente si preferisca vivere, non penso che quel che spaventa della morte sia non esserci più. Al massimo è immaginare di non esserci, che è un paradosso. Mi sembra che il problema sia piuttosto come si arriva alla fine. Forse l’affermazione di Epicuro non è del tutto adeguata ma neanche del tutto sbagliata.
Non sono d’accordo, meglio non sapere, non occorre prepararsi. Più improvvisa è, meglio è. L’ideale è morire a 100 anni mentre uno dorme.
la religione talvolta può anche peggiorare l’elaborazione del lutto
Le ricerche suggeriscono inoltre che la religione possa aiutare ad affrontare in generale i traumi, come la morte, perché fornisce “spiegazioni, giustificazioni o razionalizzazioni” (a prescindere se siano fondate o meno) e la speranza di ricongiungersi
Qui qualcuno ha delle difficoltà con termini quali talvolta e possa a quanto mi par di capire…
“spiegazioni, giustificazioni e razionalizzazioni” di comodo aiutano a affrontare la paura della morte nella misura in per un orfano autoconvincersi che i propri genitori non sono morti, ma in realtà sono degli agenti sgretissimi sotto copertura che hanno finto la propria morte per proteggerlo e che in realtà passano il tempo a combattere i cattivi e begliare su di lui nell’ombra, aiuta ad affrontare il trauma dell’abbandono: tali razionalizzazioni sono il modo della mente per DIMINUIRE il dolore che si sta affrontando, ma non permettono di SUPERARLO. è un modo sostanzialmente per nascondere il problema ai propri occhi, ma il problema rimane e, quando giunge l’ora di affrontarlo, essere scappati da esso per anni tramite autoconvincimenti di comodo cessa di essere utile ed anzi peggiora le cose, lasciando il soggetto del tutto impreparato davanti alla prova che ha di fronte.
per questo i credenti, pur sostenendo che credere nel paradiso li aiuti a non temere la morte, quando giunge l’ora sono invece terrorizzati ed incapaci di accettarla: quando giunge il momento non vi è razionalizzazione di comodo che tenga, la paura che si ha nascosto ai propri occhi nascondendola dietro a tali illusioni non ha mai cessato di esistere ed in quel momento non può più essere fuggita.
le propria paure vanno affrontate, non fuggite, fingere che quello che ci spaventa (la cessazione della propria esistenza) non esista è soltanto un modo per fuggire dalla paura, non per affrontarla.
@ nightshade
Esatto, la paura e l’ansia è alimentata dall’evitamento.
è un po’ come avere la paura dei serprenti: stare lontano da essi ed autoconvincersi che non esistono aiuta a non SENTIRE la paura (fintanto che sono lontani) e convincersi così di non averla del tutto, ma rende infinitamente più duro il momento in cui ti trovi faccia a faccia con un serpente per la prima volta (almeno, accettando l’idea della loro esistenza e provando ad affrontare interiormente uno scenario in cui ci si deve confrontare con uno di loro, l’impatto emotivo di un primo incontro FISICO con uno di loro sarebbe stato attenuato)
Veramente, le due proposizioni sono al contrario. E il senso è ben diverso. Beppe, beppe…
Ovviamente questo è per il nostro giuseppe. Solo che invece di andare in risposta il commento è uscito fuori come nuovo.
Dopo la morte non c’è niente. Punto e basta.
@ Stefano
Sia ben chiaro comunque che – come sostenevo – non sono esperienze generalizzabili.
Anni fa, in seguito ad un madornale errore dei medici, una banale colicectomia avrebbe rivelato un tumore al fegato con una prognosi di pochi mesi, quindi, fino a quando non è stato tutto chiarito sono vissuto in questa attesa. Reazione? Non mi preoccupava più di tanto la mia morte, mentre mi premeva solo come avrebbe potuto cavarsela la mia famiglia. La cosa sorprese anche me, ma in seguito mi sono dato una risposta: non temevo la morte perché il mio organismo non la sentiva’, non la ‘viveva’ e non comunicava al mio cervello alcun messaggio in questo senso. Non so che valora possa avere questa conclusione para-scientifica, ma mi ha convinto di una cosa. Quando la vita se ne starà andando in modo ‘naturale’ (cioè non per un incidente mortale o per un improvviso malore) le cose penso che andranno molto diversamente. Di sicuro comunque non mi preoccuperò dell”aldilà’.
In quanto al considerare la morte un’ingiustizia, lo si deve al fatto che considero la condizione umana stessa – per questioni legate alla mia storia personale, al mio dna, quindi ancora una volta non generalizzabili – un brutto scherzo che mi ha giocato l’evoluzione. La vita stessa la considero una patologia. Nessun dubbio, anzi, che si possa considerarla in tutt’altro modo, ma questo è ciò che sento, e mi sentirei molto peggio se cercassi di pormi su un’altra lunghezza d’onda. Per esempio cercando nella religione un qualche fuga consolatoria. Sarebbe, per me è, solo un meschino espediente, una sostanziale falsità del tutto insopportabile.
Correzione: colecistectomia (asportazione della cistifellea), non colicectomia.
Le ultime righe dell’Ultimissima mi hanno fatto venire un paio di idee per una campagna tipo “ateobus” o “cartelloni 3×6”:
“GLI ATEI GODONO LA LORO VITA MEGLIO DEI CREDENTI”
oppure:
“GLI ATEI GODONO AL MEGLIO LA PROPRIA VITA.
I CREDENTI PENSANO DI GODERE DOPO ESSER MORTI.”
Qualche parere?
Il primo non mi piace,lo trovo arrogante.Il secondo va meglio,è ironico e critico.
Variante: «i credenti ‘credono’ di vivere meglio la propria vita. Gli atei, invece, lo sanno»
Non per fare il bastian contrario (o forse sì) ma non condivido, da ateo, quasi nessuno di questi slogan. Godere o non godere la vita è una di quelle esperienze che – come ho sostenuto in altri commenti – attengono solo alla sfera privata. Uno può dichiarare ciò che vuole… per esempio rispondendo ai quesiti di un sondaggio… ma sarà sempre inevitabilmente relativo ciò che afferma (caso limite, tanto per esemplificare: un masochista ‘gode’ soffrendo atrocemente). Quindi, credo che, da questo punto di vista, ciò che dovrebbero fare gli atei è rispedire al mittente le accuse che vengono loro rivolte di ‘non saper vivere perché non conoscono dio”. Però – in linea di principio – ciò vale pure per il credente nei confronti degli atei qualora sostenessero, ad esempio, alcuni degli slogan proposti… anche se, quando si tratta di supponenza, è macroscopica la sproporzione esistente tra atei e credenti ‘a favore’ dei secondi.
A me piace la seconda.
In particolare, la seconda riga della seconda frase dovrebbe richiamare alla mente dei credenti, con l’effetto di una doccia gelata, il fatto che la quasi totalità di essi non è in realtà per niente focalizzata sull’ “aldilà”, bensì sull’ “aldiqua”, e quindi SI COMPORTA DI FATTO DA NON-CREDENTE; la frase dovrebbe quindi far PRENDER COSCIENZA, a coloro che si credono e si dicono credenti, che c’è qualcosa di profondamente contraddittorio tra quello che dicono e quello che pensano e fanno.
Perfino i discorsi degli stessi Ratzinger e Bergoglio non si sono mai focalizzati sull’ “aldilà”: quale dei due ha infatti mai parlato di paradiso e di inferno, ovvero di premio eterno per i buoni e di dannazione per i cattivi? I discorsi di entrambi, a mia memoria, sono invece sempre stati incentrati sull’ “aldiqua”, generalmente con la (vacua) frase “Senza Dio la VITA non ha senso”: parlano della VITA, appunto, non del “dopo-vita”, perché (a mio parere) si rendono conto benissimo che, quanto a credere nel “dopo-vita” cattolicamente inteso, da un bel pezzo la gente ci casca molto poco! 😉
Aggiungerei, in maiuscolo, semplicemente un si prima di godono (SI GODONO), e poi, in minuscolo, “e se la godono liberamente, spontaneamente, possibiulmente senza danneggiare gli altri e soprattutto SENZA STUPIDI E INUTILI SENSI DI COLPA!
@ dissection
Cioè ti andrebbe bene:
“GLI ATEI SI GODONO AL MEGLIO LA PROPRIA VITA,
e se la godono liberamente, spontaneamente, possibilmente senza danneggiare gli altri e soprattutto SENZA STUPIDI E INUTILI SENSI DI COLPA.
I CREDENTI PENSANO DI GODERE DOPO ESSER MORTI.”
…così?
@ Federix: sì, lo troverei carino. Che ne dici tu?
Gli esseri viventi sono un aggregato estremamente complesso di atomi. Tra questi principalmente spicca il CARBONIO, poi OSSIGENO, AZOTO ed IDEROGENO. Infine si trovano in quantità minore vari metalli come FERRO, MAGNESIO, ecc.
Questi atomi sono messi in un ordine perfetto, e in questo ordine qualcuno potrebbe vedere la mano di Dio, mentre in non credenti pensano che tale ordine sia il frutto di una evoluzione naturale di milioni di anni.
Al momento della morte questo ordine viene distrutto e gli atomi costituenti si disperdono nuovamente nell’ambiente andando a far parte di composti sia inorganici che del mondo vivente. In tale processo si ha un aumento di ENTROPIA.
Così un atomo di carbonio della vostra pelle potrà andare a formare anidride carbonica (cosa immediata nel caso della cremazione). E questa molecola di anidride carbonica a sua volta potrà essere assorbita da delle piante mediante la fotosintesi e re-immessa nel mondo vivente. Oppure questa molecola di anidride carbonica potrò sciogliersi nel mare e stare lì per millenni o ancora formare del carbonato di calcio e ritrovarsi in una roccia.
E il suddetto discorso può anche essere fatto all’inverso. Dove credete che fossero mille anni fa gli atomi di carbonio che ora compongono il vostro corpo? Erano dispersi nell’ambiente ed erano presenti negli animali, nelle piante ed in parte anche nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica.
Insomma la MORTE E’ UNA DISPERSIONE CASUALE DEGLI ATOMI DEL PROPRIO CORPO. Ma questi atomi non potranno mai spontaneamente rifare il percorso inverso ritornare a formare lo stesso corpo, e quindi la RESURREZIONE E’ IMPOSSIBILE DAL PUNTO DI VISTA DELLA TEORIA DELL’ENTROPIA.
Per avere una resurrezione bisognerebbe che tutti i 10^27 atomi che componevano il vostro corpo un bel giorno dicessero: OK, adesso ci mettiamo in cammino ed andiamo ognuno nel posto dove era prima. Ma vi pare possibile una cosa del genere?
NON ESISTE NEMMEMO UNA ANIMA IMMATERIALE E IMMORTALE. Ma di che dovrebbe essere fatta questa ipotetica anima? Per essere immateriale dovrebbe essere una onda elettromagnetica. Ma anche questa, se emessa, si disperderebbe immediatamente nello spazio.
E NON ESISTONO MONDI PARALLELI COME IL PARADISO E L’INFERNO. Questi sono solo fantasie di Dante. Secondo voi è possibile che sulle nuvole ci sia gente che ci vive come nello spot del caffè di Bonolis e Laurenti? Allora tutti i giorni questi angeli verrebbero investiti e spiaccicati dagli aerei di linea che passano attraverso le nuvole. E sul muso di questi aerei di linea si vedrebbe spiaccicata la famosa “marmellata di angelo”. Ma sono tutti discorsi ridicoli.
I CREDENTI NON SI RENDONO CONTO DEL PERCHE’ QUESTI DISCORSI VENGONO LORO INCULCATI. La ricchezza e il potere della Chiesa cattolica sono proprio dovuti ai sempliciotti che credono a questi risicoli discorsi. Se invece non ci avessero creduto non sarebbero così ricchi e potenti. Quindi voi capite perché i preti odino gli atei.
Scusa Massimo, ma questo discorso – per quanto ne so tecnicamente ineccepibile – pensi che possa servire a qualcosa quando si sarà di fronte alla scadenza finale? Non lo escludo in linea di principio, ma la consapevolezza che l’organismo si dissolverà secondo certi processi, difficilmente credo possa supplire al trauma che comporta la vita… e proprio perché evento esclusivamente biologico, come io sono convinto… quando si sta dissolvendo.
La realtà dei fatti è questa. Poi se uno, per eliminare la paura della morte, si vuole illudere che esiste un’altra vita dopo la morte, sono affari suoi.
Non era questo il senso del mio commento. Non si tratta di paura (questa la lascio ai credenti), si tratta di dolore, di sofferenza, di trauma. Anche questa (in quel frangente ‘solo’ questa) è ‘la realtà dei fatti’!
Forse è probabile una cosiddetta resurrezione/ricomposizione/ripetizione, che l’esistenza dell’ “aldilà”.
Se il tempo è infinito le probabilità che 10 alla 27 atomi di un corpo possano ricombinarsi in maniera uguale in 10 alla miliardesima di anni sono infinite, sia che l’universo e gli universi siano infiniti, sia che siano finiti e ciclici, come pensava Nietzsche ( e che qualsiasi cosa è avvenuta, un giorno dovrà per forza ripetersi in successione eterna, in un tempo infinito).
L’aldilà è invece una cosa nebulosa, così come nebuloso è il concetto di anima, e assurdo il concetto di Dio monoteista soprattutto, che non è altro che una figura genitoriale/autoritaria elevata all’ennesima potenza, la cui dinamica mentale è stata spiegata da Freud.
Io della morte non ho paura, da morto non potrò lamentarmi di “essere morto”, anzi l’idea stessa di un’esistenza dopo la morte mi pare angosciosa, vi immaginate la consapevolezza di essere morti e di aver lasciato i propri cari. Ciò che mi preoccupa è il modo in cui si muore. Il vero problema della morte è il modo in cui si muore e lo è per i parenti del defunto.
Non è poi così controintuitivo che un non credente abbia meno paura di morire, un cattolico, ad esempio, crede che dopo la morte il suo dio lo giudicherà secondo quanto ha fatto in vita… ecco perché i cattolici sono così terrorizzati! 😀
Codesta del giudizio dopo la morte è una idea che era già presente nel mondo egizio.
Sono molto convinto che i cattolici attuali non siano tanto preoccupati del “giudizio finale”: penso che la maggior parte dei “sedicenti cattolici” o “secredenti cattolici” non credano molto a paradisi e inferni. Infatti, gli stessi Ratzinger e Bergoglio… beh, vedi il mio intervento di venerdì 21 giugno 2013 alle 11:16 , poco più sopra 🙂 😉
A livello biochimico, il processo della sepoltura e quello della cremazione portano a risultati completamente diversi.
– la CREMAZIONE riduce il nostro corpo ad anidride carbonica, acqua e ad un pugno di sali minerali. Anidride carbonica ed acqua, alle alte temperature del forno, sono dei gas che si disperdono nell’atmosfera. E solo una parte della anidride carbonica ritorna nel ciclo vitale mediante assorbimento dalle piante (fotosintesi clorofilliana). I sali minerali che vengono chiusi nell’urna a ricordo del proprio caro sono principalmente polvere di carbonato e fosfato di calcio, che nulla hanno di diverso da quella che si trova nei comuni minerali. E soprattutto questa polvere nulla conserva dell’originale matrice biologica nella quale si trovavano.
– Nella SEPOLTURA , invece le molecole biologiche del nostro corpo si disgregano, ma vanno a costruire altre molecole biologiche (dei bacherozzi che vi mangiano) e quindi delle piante. Dunque gli atomi del vostro vengono subito re-immessi nel ciclo della vita terrestre.
Così i vostri atomi passeranno da un bacherozzo, all’erba del campo in cui siete sepolti, poi ad una mucca e poi forse ad un essere umano che mangia la bistecca della mucca. Se proprio volete, questa è una forma di “resurrezione”.
Ehm al giorno d’oggi non parlerei più di sepoltura visto che si finisce chiusi ermeticamente nei loculi e non più intombati nella terra come una volta, con utilità al ciclio biologico pari allo zero assoluto.
Io se potessi mi farei seppellire senza tante cerimonie sotto a un albero, almeno le mie spoglie servirebbero ancora a qualcosa così.
Si seppelliscono a 4 mt senza ne bare ne cementi le carcasse di cavalli e mucche in maniera perfettamente legale, mentre un cadavere umano viene murato nel cemento per supposte ragioni igeniche…. che fanno più che altro pensare a ragioni psicologiche.
Penso che andrò di donazione del corpo alla scienza + cremazione.
@ Massimo. Un materialismo grossolano ( chiamiamolo “paleopositivismo” ), decisamente datato e dimentico della riflessione filosofica medievale ( tutt’altro che disprezzabile, anzi piuttosto raffinata, se ha raggiunto alti vertici nella riflessione del nesso cose-immagini-linguaggio- logica ed è coltivata da personaggi come Umberto Eco ) impedisce di capire concetti che, sintetizzati, appaiono abbastanza semplici.
Prendiamo un disco a 33 giri, stampato nel 1948. Oggi possiamo tranquillamente travasarne il contenuto su un CD, e dal CD inserirlo in un computer e quant’altro di portatile. Cambia il supporto, ma l’INFORMAZIONE RIMANE LA STESSA. Per cui è abbastanza comica l’idea che l’inseguimento degli atomi in giro per l’universo dimostri qualche cosa sulla non permanenza dell’essere umano. Come dire che il tale brano di Mozart ( “Eine kleine Nachtmusik” non è immortale perché registrata su pezzi di carta da musica deteriorabili deteriorabilissimi.
L’anima ( per san Tommaso prima che per me ) è FORMA, vale a dire INFORMAZIONE, non una “nuvoletta” di materia sottile aggiunta al corpo.
Se noi, attingendo alle ultime messe a punto della tecnoscienza informatica, concepiamo Dio come una centrale informatica cosmica-sovracosmica*, non abbiamo nessuna difficoltà a mettere a punto il concetto per cui tutti e ciascuno degli elementi materiali e degli aventi, grandi e minimi, che costituiscono il mondo e la sua storia possono essere registrati e tracciati, fornendo un’informazione travasabile, assemblabile, manipolabile. Se il pinco pallino del sottoscritto oggi può sentire la voce di Pirandello ( + 1936 ) e Benedetto Croce ( + 1952 ) come se parlassero a un metro di distanza, se può guardare in faccia tale e quale com’era l’imperatore Francesco Giuseppe ( + 1916 ) figuriamoci che cosa può fare questa supercentrale informatica. Ovviamente questa non è una prova, ma un argomento che non dimostra, ma esclude la non impossibilità.
Rispondo anticipatamente alla più facile delle obiezioni dicendo che come nel nostro mondo degli insiemi atomici e molecolari complessi possono assemblarsi in una struttura psichica ( la personalità vivente ) così in una dimensione “altra” l’informazione travasata può ricostituirsi in personalità. Ci sono fisici e filosofi, come Derek Parfit in “Ragioni e persone ” che ragionano seriamente su argomenti come il “teletrasporto” della personalità ( le viene in mente che proprio di questo si parla nei Vangeli a proposito di Gesù risorto )?
La rimando “Fisica dell’immortalità” di Frank Tipler ( non un fesso, amico e coautore del cosmologo John Barrow, pubblicato in Italia da Adelphi – come dire il massimo dell’editoria colta ) e a “L’io della mente” di Douglas Hofstadter ( altro autore Adelphi, amico di Daniel Dennett, filosofo della coscienza e uno dei grandi nomi del “nuovo ateismo” ).
Se Obama dispone di una supercentrale che traccia tutte le comunicazioni degli Americani ( vedasi recente scandalo ) non vedo perché non possa disporne Dio, che è decisamente più grande del presidente USA.
Bonolis, Laurenti e Pan Pietro che bevono il caffè fra le nuvolette… Possibile che non si riesca a distinguere tra il concetto e la sua rappresentazione simbolico-allegorica
( in questo caso realizzata in modo decisamente cialtronesco) ?
@Florenskij
L’informazione rimane la stessa fino a che ha un supporto su cui essere riversata. Brucia, l’audiocassetta, brucia il 33 giri, brucia il Cd, brucia il computer. brucia il lettore MP3. Cosa rimane? Nulla.
Dire l’informazione è sempre la stessa, poi, non è dire l’informazione continua a essere.
No, è solo un pindarico whishful thinking, tranquillo.
Al solito, il ricorso all’autorità non funziona.
@ Massimo. L’idea di Dio come centrale informatica cosmica-sovracosmica in cui tutto è registrato si trova perfettamente enunciata nell’ultimo canto del “Paradiso” ( provi a leggerlo, piuttosto che fare riferimenti a spanne ). “Ideuzza” perfettamente presente all’inizio del XIV secolo, vale a dire seicento anni fa. Così la presenta sulla pubblica piazza Roberto Benigni, non diversamente da quanto può fare qualsiasi docente di letteratura di livello decoroso. Nulla di trascendentale, nulla di impapocchiato da qualche testa balzana.
Il fatto è che a lei e ad altri sa lei simili manca completamente l’idea del Dio della Teologia Razionale, coltivata da grandissimi pensatori classici
( Platone ed Aristotele ): vi accontentate della teiera o dello spaghetto volante ( facendovi risate destituite di fondamento ), e da lì l’incapacità di avvicinarsi minimamente al nucleo della questione.
@Flo
La teologia non funziona né rivelata né razionale.
E chi se ne frega se l’ha detto Dante? Che a te non sembri balzano non vuol dire che non lo sia davvero. Strano che gli autori classici che piacciano a te siano valide fonti e altri no.
L’unico a essere destituito di fondamento, qui, sei tu. Anzi, mai l’hai avuto, vecchio mio.
@ Floresnkij
Anche omeopatia e tarocchi hanno bibliografia e autori di riferimento.
@ Florenskij
A suo ( ma direi soprattutto nostro) beneficio vorrei rammentare che provare qualcosa significa produrre evidenza del tipo e nella quantità tale da rendere irrazionale, assurdo, irresponsabile o addirittura insano rigettare la conclusione così supportata.
Lei capirà che tacciare di paleopositivismo chi ha dalla sua tutto lo scibile umano sulla base delle fantasie di Florenskij che reinterpreta Dante è ridicolo . Voglio sottolineare Florenskij, le dovesse sfuggire: ridicolo.
Non dovesse ancora capire provi a rileggere quanto ho scritto e mi faccia sapere cosa le sfugge.
Ancora, si rammenti che lei è un tifoso di una divinità. Lei non può dare per scontata la divinità che lei si è trovata tra i piedi pensando che si stia parlando di questa come di Cavour o Einstein piuttosto che di Paperino.
Come le ho scritto qualche giorno fa, rifacendomi alla prova ontologica (anche se non valida) posso comunque rigettare il suo Yahvé sulla base di una delle premesse di quella prova: è facilissimo, banale, pensare a qualcosa di meglio. Ne ha da fare di strada Florenskij prima di prendersela con il (paleo)positivismo.
@ Florenskij
Qualsiasi discorso filosofico su dio non porta in alcun modo a quello delle presunte rivelazioni. Le due cose non sono per niente collegate.
L’uno non può essere portato a supporto dell’altro. Tanto che esistono diverse rivelazioni. E si badi, a differenza delle teorie scientifiche, che sono sottrattive (nel tempo la migliore elimina le peggiori, proprio perché meglio approssima la verità), le religioni sono aggiuntive: la nuova si aggiunge alle vecchie, non le soppianta. Perché essendo parti della fantasia non possono portare evidenze della quantità e del tipo sopra elencato.
Nessuno ha dimostrato che Giove non esiste. Semplicemente lo ha deciso un decreto Imperiale.
Florenskij, la sua epistemologia è quanto di più banale e ridicolo si possa mettere in circolazione e il suo modo di supportarla degno dei peggiori cartomanti. Quel che mi sfugge è come lei possa pensare che queste sue uscite possano in qualche modo essere prese sul serio. Anzi, mi stupisce che lei non abbia ancora compreso che sono del tutto controproducenti.
Continui, però, perché sono divertenti.
E continui a far frullare nell’angolino della sua mente il famoso “vedremo chi ha ragione”, è essenziale per motivarla a continuare su questa strada.
L’importante è non capire come si faccia a vedere chi ha ragione. E quando non la sia ha.
@ Florenskij
Il mio non è “paleopositivismo”, ma è semplicemente la realtà biochimica dei fatti, che ti piaccia o no.
Poi tu e i tuoi amici cattolici potete divertirvi a navigare con la fantasia ed immaginare le cose più assurde. Ma a questo mi sembra decisamente più allegro il paradiso islamico che prevede le 72 vergini (piacerebbe pure a Berlusconi) che non il noiosissimo paradiso cattolico fatto da eterni caffè senza nemmeno un goccio di correzione (perché anche la sambuca è peccato).
@ Florenskij
Ora le toccherà aggiungere anche il drago di Carl Sagan. Un drago invisibile nel garage, che sputa fuoco che non scalda e non è rilevabile in alcun modo.
Specie se si vuole farlo.
E Sagan si chiede che differenza passi tra un drago invisibile, incorporeo che sputa fuoco che non si e vede e non scalda e nessun drago.
Se non esiste nessun esperimento e nessuna prova che conti contro, a che serve dire che tale drago esiste?
Ebbene Florenskij, il succo per niente risibile di tutto questo è che affermazioni immuni da falsificazione sono epistemologicamente nulle, qualsiasi sia il valore che hanno nell’ispirare la vita di qualcuno.
Portare un dito sbruciacchiato come prova dell’esistenza del drago significa semplicemente dimenticarsi per quanti altri motivi ci si può ustionare. E questo sì che è veramente risibile.
Florenskij, il nucleo della questione è che non può esistere nulla che sia insieme buono e onnipotente, pertanto non può esistere nulla che sia insieme teologia e razionale,
@ Florenskij
Quello che non capisce l’obiezione di Russell è lei Florenskij.
Essa sottolinea, come il drago di Sagan, la perfetta inutilità epistemologica di una definizione di dio non rilevabile in alcun modo.
E la teologia razionale ha niente di razionale, per cui non può fare alcuna obiezione fondata sul rilievo di Russell.
Perché vede, è inutile postulare proprietà come la perfezione o la necessità, pensando così di tirarsi dietro anche l’esistenza. L’esistenza è presupposto di proprietà, qualsiasi esse siano. Non è una proprietà postulabile. L’esistenza va provata per poi poter ascrivere all’esistente proprietà. E pure quelle, dopo averle postulate, vanno provate. Che potrebbe esserci in giro qualche millantatore.
Florenskij quel che è risibile è come lei affronti i problemi sbattendo testate contro il muro.
@Flo’
Non vorrei, ma siccome insiste penso che per un po’, il tempo di scrivere questa replica, starò qui a dimostrarle (per l’ennesima volta) come evidentemente lei del senso delle parole se ne stra***a, tirando in ballo i classici cliché del neofascismo del doppiopetto. Se ciò non fosse già stato appurato, e lo è, ma lei evidentemente lo ignora volutamente, si farà ora coll’uso di una banale constatazione come prova: A in mancanza di prove vuol dire solo A, e nel caso non voglia dir A vuol dire per forza qualcosa di esclusivo nel suo contesto con un margine di comprensione, perché il linguaggio è nato per essere comprensibile, relativo al suo contesto. In breve, la premessa per capire quanto sto per scrivere è la conoscenza del linguaggio senza parole descritto da Jesi.
Partiamo dalla fine, dove lei postula come prova un’interpretazione assoluta, quindi esclusiva del contesto, ergo relativa solo alle idee del lettore, di Dante: lei afferma che nel Paradiso si parli di informazione e lo adduce come prova. Il che però come tesi, finanche essere circolare ergo logicamente inammissibile, è parecchio forzata: ignora volutamente la descrizione minuziosa dei Cieli, intesi come cieli concreti secondo la concezione aristotelico-platonica. Il che non è un dettaglio da dopo.
Passiamo poi indietro e ci si accorge di un utilizzo scriteriato (un paralogismo) della filologia, adducendola per di più come prova. Dimentico che se la sua tesi è universale lo è per tutte le lingue. Ora, la sfido a ripetere il suo giochetto retorico di “forma” e “informazione” coll’Ungherese [alak e tudás], in Turco [şeklinde e bilgi], in Cinese [Xíngzhuàng e Shùjù] o in Khmer [tinnony e roubreang]. Anche qui la sensazione è che lei non stia dicendo assolutamente niente nel senso che il contenuto è passivo e non fornisce alcuna conoscenza, impedisce perciò il ragionamento.
Ciliegina sulla torta l’esempio del computer e la solita nenia sulla non impossibilità, altro concetto scardinato, dovuto con buona probabilità a una totale mancanza di comprensione dei più elementari concetti statistici (nonché delle innovazioni di Hume). Anzitutto partiamo dall’ovvietà che se un’affermazione è verificabile anche le sue conseguenze lo sono. La invito quindi a bruciare il disco e dirmi quindi che l’informazione ad esso relativa esiste, e non con le parole: se esiste l’informazione (il suono) ed è prescindibile dal supporto, essa dovrà essere verificabile e prima e dopo aver bruciato il CD. Mi dica quindi se sis sentono le stesse cose sul giradischi prima e dopo aver bruciato il disco. O piuttosto se lei, visto che l’informazione è assoluta e quindi vale per tutti, riesce a leggere quel disco, a cantarne le canzoni o a ripeterne le parole, senza averlo mai messo sul giradischi ma semplicemente dandogli un’occhiata.
Visto come è facile da smontare lei e il suo anti-intellettualismo strisciante?
Dio rappresenta una realtà concettuale che richiama il problema dell’origine e del fine delle cose, quello del movimento e quello dell’essere delle cose.
Il problema di Dio è sempre stato interpretato come il problema centrale delle filosofia ovvero perchè l’essere e non il nulla.
Una teiera, o un drago, o qualunque altro oggetto non ha nulla a che vedere con queste questioni.
La teiera o il drago sono un concetto?
Hanno a che fare con il problema dell’ origine del mondo?
Hanno a che fare con il concetto di essere?
Con quello del fine delle cose?
E’ normalmente evidente che se fosse possibile dimostrare il trascendente con i fatti, o meglio ancora osservarlo, allora non sarebbe più trascendente ma immanente.
Ancora, i paragoni con Odino, Giove, Baal e chi più ne ha più ne metta , tirati in ballo da qualcuno nei commenti qui sotto, non c’entrano nulla con il concetto di Dio nè filosofico nè cristiano, poichè non sono creatori di alcunchè.
@ enrico
Mi spiace ma qualsiasi proprietà si voglia ascrivere ad una divinità, che sia la perfezione, la necessità o la trascendenza, tutte presuppongono la sua esistenza che non è una proprietà e deve essere dimostrata. Non se la tira dietro nessuna proprietà postulata. E, lo ripeto, pure quelle, dopo averle postulate, vanno provate. Che potrebbe esserci in giro qualche millantatore. Di divinità creatrici ce ne sono anche senza altre proprietà ascritte alla tua, quindi non è una grossa novità. Tutti draghi nel garage.
La trascendenza poi è esattamente il problema posto da Sagan, tu non l’avessi capito. Qual è la differenza tra un dio (drago) trascendente (invisibile) non rilevabile in nessun modo e nessun dio (drago)? La risposta non può strare nell’elencare un’altra proprietà della divinità. Posso farlo anche con il drago.
@ enrico
La teiera e il drago sono concetti al pari di quello di divinità ed hanno il fine di dimostrare che l’assurdo non vale in nessun caso.
Un concetto discrimina, è una differenza che rileva differenze.
In merito all’origine del mondo, ti ho già detto che anche si dovesse postulare una causa prima, la tua (come altre) divinità ha proprietà assolutamente ridondanti rispetto a qualsiasi causa prima.
Ancora, qualsiasi ipotesi apparentemente balzana che faccia derivare materia da materia (multiversi per esempio) per quanto possa apparire improbabile ha sicuramente probabilità a priori più alta di ipotesi che facciano derivare la materia da spirito. Per il semplicissimo motivo che si osserva comunemente la trasformazione della materia mentre non accade mai che si osservi spirito che ne genera.
@Stefano
Tipico che chiedano eccezioni a priori per le loro sole idee…
Non che mi stupisca più.
@ FSMosconi
Già. E pensano di risolvere i problemi facendo giochi di prestigio con le parole.
Il prossimo gioco è che l’universo è contingente e perciò necessita di un creatore non contingente. Ora se esiste una tal cosa o poteva scegliere di farlo (o no) oppure era obbligata a farlo. Nel primo caso è contingente anch’essa, nel secondo non libera. Sempre che il verbo creare, che ha significato nel tempo (in quanto presuppone e discrimina lo stato antecedente) possa essere attribuito a entità che si vogliono fuori da esso. Insomma il trucco è dare per presupposta la divinità e procedere oltre perché se la metti alle corde vengono fuori tutte le contraddizioni.
Ma c’è una soluzione pure a quelle: basta chiamarle misteri.
Infine, qualsiasi discorso filosofico su questioni metafisiche non è collegabile (e quindi sfruttabile) da alcuna religione. Infatti potrebbe essere (e a volte lo è) utilizzato da tutte, senza discriminare sulla verità di alcuna.
@enrico
Quando capirai che analizziamo il concetto di dio al pari di qualsiasi altro concetto, ovvero, dal punto di vista logico, non sarà mai troppo tardi. Con cosa ha a che fare il concetto dio è solo un problema di chi ci crede o di chi lo vuole analizzare in ottica esclusivamente trascendentale.
No, è normalmente evidente che l’attributo trascendentale è stato assegnato al concetto dio. Ti fosse sfuggito, il trascendente non è un concetto naturale, lo si assegna escludendo così il concetto che ne viene dotato da campi di analisi più accurati. ovviamente, ciò va bene solo per chi giudica il trascendente come un valore positivo.
Ancora, sono concetti e si trovano sullo stesso piano del concetto del tuo dio. La caratteristica di creatore lo rende speciale solo per te e per i tuoi compari.
Poi, hai bisogno del concetto di creazione per concepire una divinità? Bene: Ra (Egizi), Pan’ku (Cinesi), Kamui (Giapponesi), Izanami e Izanagi (Giapponesi), gli Ungambikula (Aborigeni australiani), Ahuza Mazda (Iraniani), Kumush (Modoc, Nativi Americani), Ulgan (Siberiani), Hatseyalty (Navajo).
Così, giusto per citartene qualcuno. Ah, Odino è il padre di tutto.
Se hai bisogno di approfondimenti sulla fine, fammi sapere. -_-
@ gmd85
Ottimo!
@ gmd85
Ra:
(noto anche nella forma Rê oppure Rha (IPA:Rɑ: ) è il Dio-Sole di Eliopoli nell’antico Egitto. Emerse dalle acque primordiali del Nun portato tra le corna della vacca celeste, la dea Mehetueret.
Odino:
Figlio di Borr e della gigantessa Bestla, fratello di Víli e Vé[1], marito di Frigg e padre di molti degli dèi, tra cui Thor, Baldr, Víðarr e Váli. Spesso viene inoltre definito “Padre degli Dèi” o Allföðr, Allvater, Allfather (“Padre del Tutto”)
Pangu:
In the beginning there was nothing in the universe except a formless chaos. However this chaos coalesced into a cosmic egg for about 18,000 years. Within it, the perfectly opposed principles of Yin and Yang became balanced and Pangu emerged (or woke up) from the egg
gmd85, riprova sarai più fortunato.
@ gmd85
Ahura Mazda:
Religione e religioni: Dalla monolatria al monoteismo profetico – Pagina 306 – Risultati da Google Libri
books.google.it/books?isbn=8876528989
Su draghi nei garage e teiere volanti, non mi spreco a cercare alcunchè.
A meno che tali concetti abbiano a che fare con il problema dell’origine.
“Ora se esiste una tal cosa o poteva scegliere di farlo (o no) oppure era obbligata a farlo. Nel primo caso è contingente anch’essa, nel secondo non libera. ”
Stefano, Il Dio cristiano è immutabile ma affatto immobile.
Perchè dopo aver suonato al campanello della sua diocesi con il vaso di fagioli ( o lenticchie), cosa che non ha certamente fatto ( poichè preferisce leggere quanto scrivono siti o riviste che già la pensano come lei, piuttosto che sperimentare, atteggiamento piuttosto dogmatico) non si mette a studiare anche un pò di teologia prima di inventarsi concetti di Dio non cristiani e successivamente demolirli ?
@gmd
Scusa se faccio il precisino, ma avendo a casa un libro sui testi dello sciamanesimo mi sento in dovere: Ulgen o Ulgan è comune anche alle tribù turche e mongole…
😉
@FSMosconi
Ma ti pare. Anzi, grazie per la precisazione 🙂
@enrico
Ra è colui che ha creato i primi esseri umani, le montagne, i cieli, la terra.
Pan’ku: tiene separati Yin e Yang e mantenendo l’equilibrio rendeva possibile la creazione di tutto.
Odino, insieme ai suoi fratelli creò tutto dai resti di Ymir. E da due tronchi creò Ask ed Embla, i primi Umani.
Ahurza Mazda creò il tempo e il mondo ebbe inizio. Creò anche il primo uomo Gayomart.
Stesse fonti tue.
Non è che mi hai smentito, eh. Anzi, hai confermato.
Ti è già stato detto che la teologia non è fonte di alcuna verità. L’analisi logica non ha bisogno di teologia. Quanto al chiedere alla diocesi, personalmente, ho chiesto a chi la frequenta assiduamente: 1) Non è che ci siano esorcismi in serie; 2) Il laico è ammesso solo se vuole pregare. Sarebbero più onesti gli esorcisti a documentare tutto e a renderlo pubblico, senza creare aloni di mistero. Chissà perché se ne guardano bene.
enrico, ritenta. Solo che di fortuna te ne serve tanta.
@ Florenskij
Non siamo informazione, siamo organismi complessi che manipolano informazione, e acquisiscono abilità, anche motorie. Non c’è solo il sapere cosa ma il sapere come
Niente di questo è travasabile da qualche parte Florenskij.
Immaginare che si possa è solo quello, immaginare.
Tutto il suo intervento è solo quello: immaginare.
In merito al paleopositivismo, vede, occorre dimostrare che è paleo perché c’è qualcosa di concreto e migliore che lo rende tale. In altri termini non fantasie a presunto supporto di, quelle si, paleocredenze. Florenskij ha mai provato prima di pubblicare i suoi intereventi a farsi le possibili obiezioni? Magari non ripropone paleoargomenti….
Non ricordo dove ho letto (forse Dawkins…) un concetto molto interessante, e cioè che l’anima è solo una MANIFESTAZIONE incorporea di un “sistema” indubbiamente molto complicato ma sicuramente corporeo quale il cervello umano, e quindi non un INFORMAZIONE… non sono cmq molto ferrato in questi argomenti quindi aspetto una qualche tua precisazione in merito.
@ MASSIMO delle 13:46 : “la sambuca è peccato” LOL alla seconda!
@ Florenskij: ma se lo immagina se, nel momento fatidico, invece di dio si trovasse davanti che so, Baal o Odino o Baphomet o un qualsiasi altro essere immateriale che lei definirebbe pagano e cmq inesistente: che farebbe? Vorrei essere lì a vedere la sua espressione…
@dissection
Chissà se il vecchio Flo si rende conto che gli stessi criteri con cui lui esclude l’esistenza di Baal, Odino, Baphomet e compagni cantante sono gli stesi con cui si esclude l’esistenza del dio a lui caro.
– La morte, che ci appare così rivoltante, in modo intollerabile, è dunque, vista dal punto di vista evolutivo, una novità, un vantaggio selettivo, una sorta di “progresso”. Infatti la morte degli individui non solo assicura la sopravvivenza della specie ma anche il suo ringiovanimento ; e proprio per questo non è solo una necessità ma anche un bene. Ed è qui che troviamo un significato biologico alla morte (senza alcun senso metafisico), sensa del quale sarebbe da considerare un “puro scandalo”! -Quest’ultima frase dimostra quanto sia difficile evitare di confondere la moralità e la biologia ….
Viviamo sulla nostra isola deserta, un punto insignificante dell’Universo. La natura ci ha dotato della ragione come unico bagaglio: stimolata dalle caratteristiche del mondo che la scienza ci aiuta a capire, non rimane altro per noi che servirsi razionalmente di questa facoltà, potente e modesta, per imparare non solo a vivere ma anche a morire.
A Torino stasera ci sarà “Morire dal Ridere” a cura UAAR piccola rassegna come i NON Credenti riescano ad affrontare meglio la Morte
Ora ce la potresti riassumere? Grazie! 😉
Imito Francesco, spero non se la prenda, ma i suoi siparietti sono virali! 😉
Segretario: Dicono gli atei ‘la morte ci fa belli’
Papa Emeriten: Sempre detten io che l’ateo è bello zolo da morto
Papa Ufficale. Me rrrricordo che por abbellir el nemico me aveva insegnato qualcosssa Videla!
Segretario: Se li sentono quelli dell’UAAR…
@ Ermete
🙂 🙂 🙂
Francesco ha fatto scuola!
Ora tengo anche io i miei “discepoli”. 😆
P.S.
Il Florenskij ne sarà contento.
“la morte è, ed in quanto tale non ha senso temerla; finchè noi siamo vivi ella non c’è, quando lei c’è noi non ci siamo più, perchè dunque averne paura?” – Epicuro (mai banale).
Ma il punto critico della questione (omesso o rimosso dallo stesso Epicuro) è l’attesa del trapasso imminente 😉
l’attesa del trapasso, già, il punto critico sul quale poggiano tutti i tabù religiosi, le invenzioni in merito a dimensioni ultraterrene e possibile privilegi o punizioni extracorporee, ma Epicuro e i grandi pensatori greci e romani non si sono mai posti certi inutili quesiti.
Epicuro affrontò il pre-trapasso con l’aiuto del vino (morì dopo una malattia renale).
Comunque, dopo la morte non c’è propriamente un vero nulla eterno, dato che il nulla non esiste, scientificamente parlando. La “materia” (materia visibile e invisibile, e l’energia) esistono per forza da sempre e sempre esisteranno.
possibili* errota corrige.
Circa l’aneddotica sulle conversioni in punto di morte, segnalo questa interessante testimonianza:
http://leperleaiporci.wordpress.com/la-nuova-nascita/
@Admin :
Posso chiedere perché è stato (stranamente) tolto o censurato il primo dei due commenti postati su questo sito ?
Grazie per la risposta.
La morte fa schifo, sempre e comunque, non importa quanto sia “naturale”. Comunque un credente che non è molto sicuro del proprio comportamente e teme di finire all’inferno all’80 %, è di sicuro più spaventato che un ateo che sa di finire nel ciclo della natura.