Nella sezione Contributi del sito UAAR è stato pubblicato il documento Rapporto tra scienza e filosofia come circolo vizioso (per un’etica della scienza), di Bruno Gualerzi.
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B. Gualerzi è questo ? http://www.ateismodaripensare.it/bruno.htm
Sì, nessuno è perfetto.
Più che un circolo vizioso a me pare una spirale. Sembra tornare su se stessa, ma invece sale…
L’evoluzione non è soltanto fisica, è anche mentale. Evolviamo.
La scienza sta mettendo sempre più in luce le contraddizioni della nostra attuale interpretazione del mondo.
Si incomincia a intravedere che il nostro mondo non consiste in una realtà che transita nel mondo, ma in eventi, in fenomeni spazio-temporali.
Un nuovo punto di vista che aprirà scenari impensati.
La domanda che oggi tanto ci assilla: “Cosa voglio avere?” perderà sempre più significato. A vantaggio di una differente richiesta: “Dove desidero andare?”.
Mio padre, che aveva fatto fino alla quarta elementare ma era un filosofo (percgé “tutti gli uomini sono filosofi”), quando cercavamo qualcosa e non la trovavamo diceva: “perché non l’hai cercata dov’é!”.
Ovviamente, come sosteneva Nietzsche, “meglio satiro che cristiano”.
Freud, invece, analizzando l’animismo per spiegare l’origini del senso religioso, sosteneva che le persone confondono facilmente i loro pensieri con le cose e i fenomeni della natura.
Ma questo fatto, a mio avviso, va molto al di la dell’animismo: visto che non ce né siamo affatto liberati.
Perché, fra le cose che sono non si è mai trovata “una cosa unitaria che vale tutte le altre”, né tantomeno “qualcosa che contiene tutte le altre”.
Dunque, proviamo a fare l’ipotesi più semplice (visto che “le cose semplici sono le prime ad essere [colpevolmente] dimenticate”): naturalmente esistono “solo” innumerevoli cose e non una sola cosa unitaria che vale tutte le altre: perché questo appartiene solo ai propri pensieri di ciascuno, al modo che ognuno ha per esperire le “proprie” cose (ciscun per sé in modo totale) e non alle cose che sono.
Ma, vista anche la molteplicità dei corpi viventi, ciascuno dei quali esperisce in modo per se totale “le proprie cose”, e visto che nessuno le esperisce in modo uguale agli altri (e, persino, neppure due volte in modo perfettamente uguale per de stesso), la conclusione più ovvia sarebbe che non solo esistono molteplici cose, e molteplici esseri viventi (caduchi e finiti) ma, di conseguenza, anche molteplici pensieri (caduchi e finiti): non più di quelli che ad ognuno occorre per vivere nelle condizioni ad esso date.
Ma, altrettanto ovviamente, questa conclusione non può essere affatto ovvia per preti e filosofi (di filosofie teologiche: come anche sono, senza alcuna dimostrazione scientifica, tutte le filosofie “unitaristiche”), che vivono non per cercare verità scientifiche, ma per cercare di manipolare la coscienza altrui (per loro miseria, sicuramente convinti di averne il diritto).
Caro Massimo, tuo padre avrà anche fatto solo la quarta elementare, ma – o forse proprio per questo – dava secondo me la definizione più pertinente di filosofia (‘homo est naturaliter philosophus’ per dirla in latinorum).
Ecco, ma proprio per questo, per questa ‘naturalità’ della filosofia, costituisce parte integrante della condizione umana l’ESIGENZA di una visione ‘unitaristica’, la necessità di padroneggiare una realtà che gli sfugge da tutte le parti (come la vita) riconducendola ad una qualche unità… la quale esigenza, proprio perché impossibile da soddisfare, sarà sempre presente come esigenza dietro ogni nostro pensiero, per cui è meglio esserne coscienti che ‘rimuoverla’ lasciandola così pericolosamente libera di condizionare ogni nostro sforzo verso la conoscenza. E ciò vale tanto più quanto più si ha a che fare con l’unica forma di conoscenza fruibile perché verificabile, cioè quella scientifica. Quella metafisica, come quella religiosa, è ingannevole proprio perché ‘crede’, in realtà si illude, di aver trovato questa unità.
Questo ho provato a illustrare in quelle poche pagine richiamate nel post.
(A Roberto Vai devo un riscontro che farò in altra sede)
Resta il fatto, che nessuno sa cosa siano le molteplici cose. Si conosce soltanto, e sempre in modo approssimato, come funzionano.
Inoltre, si è normalmente convinti che le “cose” siano la realtà, ossia ciò che abita il presente. E che questa realtà evolva nel tempo. Infatti, per noi reale è questo mondo materiale, che è qui ora, in questo preciso istante. Mentre ciò che era o ciò che sarà, non è per niente reale, ma lo era o lo sarà.
Questo è il modo “ovvio” d’intendere il mondo.
L’ovvio, però, se pur molto utile, direi indispensabile, è pure il grande nemico di cerca la verità.
Vai, Roberto poni l’ovvità in “un mondo uno”: come ciascuno esperisce “il suo” (anziché il raziocinio empirico, con le sue precisazioni scientifiche, della pluralità) e ci sei: avrai scoperto quale sia “il grande nemico di chi cerca la verità”.
Massimo,
per me è l’ovvio in quanto tale che è, oltre che indispensabile, pure un tremendo nemico. Accettare, per certo, il mondo come plurale o, viceversa, come uno è già in ogni caso una sconfitta.
La vita è molto più misteriosa di quanto vorremmo ammettere.
Il monismo assoluto collassa in se stesso. Mentre la pluralità svanisce a fronte di un’analisi approfondita della materia (che ci appare sempre più vuota) e inoltre è fonte di contraddizioni insolubili.
A mio avviso occorre andare oltre. Un passo potrebbe essere, secondo me, rendersi conto che l’Essere è Divenire.
Ciao